Modulo di contatto

Nome

Email *

Messaggio *

lunedì 12 ottobre 2020

Il lIbro


I libri...non so voi ma per me la vita sarebbe molto più triste senza di loro.

Buona lettura.


C’era una volta un libro che non era mai stato scritto. Lui desiderava tanto che qualcuno lo scrivesse ma niente da fare, nessuno si decideva a farlo.

Un bel giorno il libro non scritto prese le sue cose, le mise in valigia e partì, alla ricerca di uno scrittore.

Varcò mari e monti, visitò città e paesi, continenti conosciuti e sconosciuti ai più: lo scrittore non si trovava.

Scoraggiato, si fermò accanto ad una fonte per dissetarsi, poiché aveva percorso chilometri e chilometri sotto il sole ed aveva molta sete.

Mentre beveva gli si avvicinò uno scoiattolo, anche lui molto assetato.

“Ehi, “ gli disse, “ cerca di far presto perché anch’io ho una gran sete.”

“Ecco fatto, bevi pure, amico mio. Per caso sei di queste parti?” chiese il libro asciugandosi le pagine bagnate.

“Sì, perché?”

“Conosci per caso qualche scrittore che possa scrivermi? Ho girato il mondo e non ne ho trovato nemmeno uno disposto a farlo.”

“Caro mio, non è facile. Comunque prima fammi bere e poi ci penso su un attimo”.

Lo scoiattolo bevve e bevve, sembrava non fermarsi più. Quando finalmente ebbe finito, si asciugò il muso e si mise a pensare se conosceva qualcuno che potesse avere voglia di scrivere quel povero libro così infelice.

Pensa e ripensa, gli venne in mente un tizio che da anni provava a fare lo scrittore senza alcun successo.

“Forse un nome ce l’ho. Qua vicino abita un certo Giovanni, un uomo molto triste perché vuole fare lo scrittore ma le sue storie non piacciono a nessuno. Sarà felice di scriverti, anche se poi non so chi ti leggerà.”

“Andrò da lui così saremo contenti in due, io perché qualcuno finalmente mi scriverà e lui perché potrà scrivermi”.

Lo scoiattolo disse al libro dove abitava Giovanni e se ne andò, augurandogli buona fortuna.

Di pagina in pagina il nostro amico libro arrivò a casa dello scrittore.

Toc, toc, toc! Bussò.

“Chi sarà mai a quest’ora? “Si chiese Giovanni aprendo timidamente la porta. “Toh, un libro. E tu che ci fai qui? Fammi vedere un po’ cosa dicono le tue pagine...uhm, ma sono tutte bianche!”

“Lo so, è per questo che sono qui. Sto cercando qualcuno che mi scriva. Tu sei uno scrittore, vero? Allora pensaci tu.”

“Volentieri, “rispose Giovanni facendolo entrare, “ma i miei libri non li vuole nessuno, farai una brutta fine. Ti lasceranno a muffire su uno scaffale dimenticandosi di te. Sei proprio sicuro di volere che ti scriva io?”

“Sicurissimo. Non ho trovato nessuno che volesse farlo, finora. Sono certo che  io e te insieme faremo un bel lavoro.”

“E come fai a saperlo? Così, a occhio? ”Comunque va bene, ti scriverò, visto che insisti, prima però fammi trovare l’ispirazione o qui non si fa nulla”.

Giovanni fece accomodare il libro in soggiorno, gli mise sotto una bella poltrona comoda per buona ospitalità e perché si vedeva che quel povero ammasso di fogli bianchi era stanco per il gran viaggiare (detto tra noi aveva le pagine tutte spiegazzate)  e poi si sdraiò sul divano che era proprio lì accanto.

“Non vorrai dormire proprio adesso!” si lamentò il libro vedendo che il suo scrittore chiudeva gli occhi.

“Ma no, non dormo, mi serve per  trovare l’ispirazione. Solo così arriva: chiudo gli occhi, mi rilasso e lascio che le idee affiorino alla mia mente come petali sulla superficie di uno stagno”.

Il libro non sembrava molto convinto, tuttavia conosceva gli scrittori e sapeva che avevano i loro metodi per ispirarsi, perciò non provò nemmeno ad insistere, si mise buono buono ad aspettare e già che c’era schiacciò anche un pisolino.

Quando lo scrittore aprì gli occhi era notte fonda.

“Uhm, ma sono le due di notte,” esclamò guardando l’orologio a pendolo appeso alla parete difronte, “ sarà meglio che vada a dormire, allora. Non temere, libro, mi sono venute delle bellissime idee. Prendo due appunti e poi vado a nanna, ti consiglio di fare altrettanto. Buonanotte, ci vediamo domattina”.

Giovanni prese un taccuino, buttò giù due righe e poi, sbadigliando a più non posso, salì al piano di sopra dove si trovava la sua camera da letto.

“Ecco qua, “ brontolò il libro che invece non aveva affatto sonno,” e adesso che faccio tutta la notte qui, da solo? Speravo che si mettesse a scrivere, gli scrittori spesso lo fanno, scrivono di notte perché c’è più silenzio intorno e si concentrano di più. Bah, non mi resta che sfogliarmi le pagine per passare il tempo, forse così prima o poi ci scappa anche un sonnellino”.

Per sua fortuna il sonno arrivò davvero, più o meno a pagina trecentoventitré.

Giovanni lo svegliò che erano le nove.

“Buongiorno. Su, dai: apri le pagine! Ho da scrivere per due libri come te.”

“Davvero?” Rispose il libro stropicciandosi la copertina.” Allora comincia subito, non vedo l’ora di essere scritto”.

Giacome si mise alla scrivania e cominciò a scrivere come un forsennato. Si alzò a mezzogiorno passato.

“Sembravi una furia scatenata,” fece il libro,” hai scritto davvero tanto: posso leggermi?”

“Non ancora. Quando avrò finito il capitolo. Nel frattempo mi preparo il pranzo. Tu vuoi qualcosa? Non so, un po’ d’inchiostro…”

“No, grazie. Finché non sarò scritto preferisco restare digiuno. Questione di etica.”

“Va bene, come vuoi. Io intanto pranzo”.

Fra un piatto di pasta e una frittata si fecero le due del pomeriggio.

Il libro fremeva.

“Non avrai mangiato troppo?” Chiese non appena il suo amico riprese a lavorare. ”Sai, con un pranzo impegnativo sullo stomaco poi viene sonno…”

“Oh, non a me. Io ho bisogno di energia per il mio cervello, stai tranquillo, so quel che faccio”.

E si rimise di buzzo buono a tirar fuori parole e frasi dalla penna.

Alle sette il primo capitolo era finito.

“Ora si tratta di correggere la bozza, “disse lo scrittore stiracchiandosi le braccia,” ma lo farò dopo cena”.

Tutte queste pause per mangiare preoccupavano il nostro libro, gli sembrava che il suo autore perdesse troppo tempo. Tuttavia non osava replicare perché temeva di nuocere alla sua ispirazione che fino a quel momento scorreva come un fiume in piena.

Da quel giorno in poi lo scrittore lavorò come un forsennato per un anno intero, fermandosi solo per mangiare un boccone e per dormire.

“Ecco, ci siamo. Adesso rivedo l’ultimo capitolo ed è fatta. Sei scritto” disse Giovanni al libro al quale tremavano le pagine per l’emozione.

“Davvero? Ora anch’io finalmente sono un libro scritto come gli altri, niente più pagine bianche?”

“Davvero. Guardati.”

Lo scrittore gli mise davanti uno specchio, e cominciò a sfogliargli le pagine una ad una.

“Oh, ma è meraviglioso!”

“Sei felice? Ora ti manca solo il titolo: che ne dici di Il lungo viaggio? A me pare giusto. Se anche per te va bene, non ci resta che andare da un editore. Speriamo che qualcuno ti voglia” sospirò l’uomo prendendolo sotto il braccio.

Si rivolsero a ben dieci editori in città, uno più famoso dell’altro ma nessuno di loro volle saperne di quel romanzo che giudicarono troppo bizzarro per avere successo.

“I soldi, “mormorò Giovanni tornando a casa, “molti editori pensano solo ai soldi. Ma non ti preoccupare: domani andremo nella città vicina e proveremo anche lì. Ci sono almeno venti case editrici importanti, una che ci prenda in considerazione ci dovrà pur essere”.

Il libro annuì piegando l’indice, aveva perso la fiducia ma non voleva scoraggiare il suo nuovo amico.

Il giorno dopo, ahimè stessa scena. Editori dispiaciuti, gentili o sgarbati che li facevano ricevere da segretarie distratte e altere per rispondere sempre la stessa cosa:” Non è di nostro interesse”.

C’era di che strapparsi pagine e capelli.

“Tenteremo ancora. Nella città di G. ce ne sono venticinque. Ci andremo domani”.

A G. purtroppo non andò affatto meglio.

“Mi dispiace davvero, la prima volta che ti scrivono e va così male!” esclamò Giovanni con le lacrime agli occhi.

Al libro venne anche il sospetto che Giovanni non fosse poi così capace di scrivere,  ma non ebbe il coraggio di dirglielo perché  sembrava crudele dopo tutto l’impegno che aveva messo in quell’impresa.

Si tenne per sé questi brutti pensieri e si chiuse nel suo mondo di carta.

Passarono altri giorni durante i quali libro e Giovanni sprofondarono nella malinconia più nera, nel più cupo scoramento, nella disperazione più assoluta, nella…insomma stavano maluccio.

Tanto era il dolore che una sera Giovanni disse al suo amico libro che voleva andar via.

“Ho deciso, parto. Vado nelle Indie e non torno più. Non so cosa farò ma di certo non scriverò più. Non posso portarti con me, il viaggio è troppo pericoloso. Ti lascerò ai giardini pubblici, qualcuno ti raccoglierà e magari ti leggerà, in fondo è per questo che sei nato. Vedrai, avrai una vita migliore di quella che può offrirti  uno scrittore fallito come me”.

Il libro provò a dissuaderlo, cominciò perfino a stracciarsi le pagine ma non ci fu nulla da fare, Giovanni era determinato: la sera dopo prese il libro e lo portò ai giardini dove lo lasciò, delicatamente deposto su una panchina.

Figuratevi il povero libro: che tristezza, che dolore per quell’abbandono! Non ce l’aveva con Giovanni, perché capiva che solo una grande desolazione lo aveva portato a quel gesto, anzi era in pensiero per lui, temeva che nello stato d’animo in cui si trovava gli potesse succedere qualcosa di brutto.

“Povero il mio autore, “pensava fra le righe, “e povero me. Chi mi prenderà? Speriamo che sia una persona che ama i libri per davvero e non uno sciupa- pagine che poi nemmeno mi legge”.

Eh sì, se per un libro non scritto la vita non è bella per uno scritto che nessuno legge è davvero triste.

Il rischio è di finire nel fondo di un magazzino fra gli invenduti oppure negli scaffali di una libreria fra i dimenticati o, peggio, in mezzo ai poveri libri comprati per riempire gli spazi vuoti nelle librerie di chi non legge.

Il lungo viaggio restò sulla panchina per una settimana intera. La notte si accartocciava tutto per l’umidità,  il giorno un sole ancora quasi estivo gli faceva sudare l’inchiostro. Una vita dura, quella del libro senza tetto e senza lettori.

Finalmente, dopo sette giorni e setti notti esposto a tutte le intemperie, quando ormai aveva perso la speranza, un uomo gli si avvicinò.

“Guarda guarda,“ disse prendendolo fra le mani, “un libro. Chissà chi ti ha dimenticato qui? Vediamo…non c’è il nome del proprietario, dunque come si fa a riportarti a casa tua? Pazienza. Vuol dire che verrai con me e se qualcuno ti reclamerà allora ti restituirò”.

Il libro non stava più nelle righe dalla gioia: un lettore si interessava a lui, un lettore lo prendeva e lo portava a casa!

L’uomo si infilò Il lungo viaggio nella tasca sinistra del cappotto e si avviò con l’aria di chi ha avuto un colpo di fortuna.

“Che bello, avrò una casa,” pensava il libro al caldo della tasca,” chissà cosa fa invece il mio povero amico Giovanni. Sarà già partito per le Indie? Sono così in pensiero per lui!”

Combattuto fra la gioia di avere trovato un lettore e l’ansia per il destino del suo amico, non si accorse nemmeno che erano già arrivati in quella che sarebbe diventata la sua nuova casa.

“Marisa, guarda cosa ho trovato ai giardini: un libro. Penso che ti piacerà, parla di un viaggio” disse l’uomo posandolo sul tavolo della cucina.

“Oh, Antonio dove pensi che lo trovi io il tempo di leggere? Dallo ai ragazzi, magari a loro interessa” brontolò una donnina indaffarata ai fornelli, senza degnare il libro di uno sguardo.

“Va bene, allora lo darò a loro”.

Il lungo viaggio  quel giorno passò molte volte da una stanza all’altra di quella grande casa prima di rendersi conto di essere finito nelle mani di non lettori.

“Ecco, ci siamo. Adesso mi lasceranno su uno scaffale, dimenticato. Oppure alla prossima fiera di beneficienza mi regaleranno a qualche volontaria a caccia di donazioni per essere poi pescato come un pesce da un fortunato vincitore al quale non importerà nulla di me perché magari puntava a un regalo diverso. Peggio di così sarebbe solo essere bruciato”.

Dopo un mese ad ammuffire su uno scaffale, pieno di polvere e senza essere mai nemmeno aperto, Il lungo viaggio finì nel robusto zaino di un volontario della parrocchia, venuto a cercare doni per la pesca di beneficienza di Natale.

Esposto accanto a giornaletti per bambini e fumetti per ogni età, il libro si sentiva fuori posto.

E poi faceva freddo. Sullo scaffale almeno stava al caldo. Ora sentiva i brividi attraversargli la carta da parte a parte, come una lama di ghiaccio.

“Che ne sarà di me?” pensava accartocciandosi per i brividi.

Una sera, Natale era vicino, alla bancarella dove era esposto si avvicinò una donna. Vestita di stracci, con l’aria smarrita, attratta dal titolo prese il libro e cominciò a sfogliarlo.

“Quanto costa?” chiese al ragazzo che stava dietro il banco.

“Oh, pochissimo. Tre euro. Quel libro lì non lo vuole nessuno.”

“Lo voglio io,” disse la donna,” però tre euro non li ho. Vanno bene due?”

“Ecco…ma sì, va bene. Vada per due euro”.

Umiliato per essere stato valutato così poco,  Il lungo viaggio si rallegrò di aver trovato almeno qualcuno che lo trovava degno di interesse.

La donna, che si chiamava Giorgia, se lo mise nella vecchia borsa delicatamente, come se fosse stato una reliquia.

Per lei il libro era più prezioso dell’oro, lo amava già, anche se non lo aveva ancora letto.

“I libri sono sempre stati i miei amici più fedeli” disse appena arrivata a casa posandolo sul camino spento.

Nei giorni seguenti Giorgia si dedicò alla lettura con passione, dopo due giorni era già all’ultimo capitolo.

“Bellissimo!” esclamò quando ebbe finito di leggerlo.

Dal canto suo il libro era al settimo cielo: dopo tanti che lo avevano ignorato, dimenticato, lasciato ora c’era qualcuno che non solo lo aveva letto da cima a fondo ma lo trovava bellissimo.

C’era di che inumidirsi le pagine per la commozione.

Giorgia era povera e sola, ma non era sempre andata così male la sua vita. Un tempo era stata una scrittrice, famosa e amata dai suoi lettori. Poi l’ispirazione l’aveva abbandonata, o forse era lei che aveva abbandonato l’ispirazione, vai a sapere. Da quel momento aveva smesso di scrivere, poiché non sapeva fare altro viveva di elemosina e di piccoli lavori domestici che le commissionavano i vicini, come annaffiare il giardino o portare a spasso il cane.

Facevano proprio una bella coppia, quei due. Un libro che nessuno aveva voluto, nemmeno il suo autore, e una scrittrice dimenticata da tutti.

Due così non potevano che stare insieme.

Da quel giorno in poi Giorgia e il libro furono inseparabili, lei lo lesse e rilesse più volte. Non capiva come avessero potuto abbandonare un simile capolavoro, diceva:” Se solo lo avessi scritto io un romanzo così!” e sospirava, sospirava.

Poiché non sapeva rassegnarsi all’idea che fosse stato ignorato da tutti, la donna, dopo molte indecisioni risolse di andare dal suo vecchio editore.

Non lo vedeva da anni ma trovò ugualmente il coraggio di presentarsi a lui, un pomeriggio.

 Aveva con sé il libro.

“Che sorpresa;” disse lui vedendola,” vieni a dirmi che hai avuto un’idea per un romanzo?”

“No, vengo a parlarti di un’opera che non ho scritto io. Ecco, questo libro l’ho trovato ai giardini, abbandonato come fosse cartaccia, e invece è un capolavoro. Leggilo, e dimmi se sbaglio”.

Mise Il Lungo viaggio sulla scrivania e se ne andò, senza aggiungere altro.

Passarono quindici giorni, Giorgia continuava la vita di sempre, fra stenti e nostalgia del passato.

Una mattina Cino, il tuttofare che il suo vecchio editore sguinzagliava in giro per varie commissioni, bussò alla sua porta.

“Giorgia, finalmente! Il capo ti cerca da giorni: ma non hai più il telefono?” chiese, trafelato.

“E che me ne farei? Nessuno mi cerca. Che vuole da me il tuo capo?”

“Vuole parlarti del libro, devi venire il più presto possibile da lui, ti riceve anche senza appuntamento.”

“Del libro?” Per un attimo gli occhi di Giorgia si illuminarono.” Certo, vengo subito”.

L’editore l’accolse a braccia aperte. Il lungo viaggio gli piaceva, ne era entusiasta. Volle conoscerne l’autore.

Non fu facile rintracciare Giovanni, perso nelle Indie a cercar fortuna, ma dato che anche da quelle parti il passaparola serve a qualcosa, presto gli giunse notizia che un editore importante lo stava cercando. Si mise subito in viaggio, e fece la sua fortuna.

Da allora ne fece di strada il nostro libro!

Le copie non facevano in tempo ad uscire che erano già esaurite. Un successo clamoroso.

Inutile dire che il libro era felicissimo, anche per tutte le copie sorelle che andavano a ruba.

Tutti erano felici. Anche Giorgia, che non ci aveva guadagnato niente, né fama né soldi.

Tuttavia anche per lei i giorni cupi sembravano sul punto di finire. In qualche modo Il lungo viaggio l’aveva aiutata a riprendere contatti col suo mondo, e con la sua ispirazione che sembrava esaurita, ma soprattutto le aveva ridato la cosa più importante: la voglia di scrivere.

A poco a poco le idee cominciarono a fluirle nella mente, scrisse un bellissimo racconto e poi altri ancora, fino a farne una raccolta che l’editore fu felice di pubblicare.

Insomma, amici miei, libro e scrittori ebbero il loro bel momento che a quanto pare dura ancora oggi.

Una storia a lieto fine…ma che dico? Una storia senza fine. La storia dell’ispirazione, della fantasia e di un libro coraggioso che qualche sciocco voleva buttar via.