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domenica 13 ottobre 2019

Abbracciamondo


Capita a volte,  a grandi e piccini, di sentirsi così felici da aver voglia di abbracciare tutto il mondo, ma quando capita ai più piccoli può trasformarsi in una vera magia.
Buona lettura.



Abbracciamondo
Barbara Cerrone



Era una bella giornata , Teo  era così felice che aveva voglia di abbracciare tutto il mondo.
“Impossibile, figlio mio, “ disse la mamma con un bel sorriso, “ non puoi abbracciare tutto il mondo, ci vorrebbero delle braccia lunghe chilometri e chilometri.”
Teo si guardò le braccia: effettivamente erano un po’ corte, con delle braccia così al massimo avrebbe potuto abbracciare mamma o papà, di certo non il mondo intero.
“Se solo potessero crescere tanto da arrivare in cima al mondo!” pensò Teo tirandole, quasi volesse tentare di  allungarle.
E  tira tira alla fine, con sua grande sorpresa,  le sue braccia da corte che erano cominciarono ad allungarsi davvero.  Si allungarono al punto che fu costretto ad arrotolarle per non farle uscire dalla stanza.
“Mamma, mamma,” gridò, “vieni a vedere!”
La mamma era in cucina a preparare la cena , lì per lì pensò  che Teo volesse ancora parlarle della sua voglia  di abbracciare il mondo  perciò  gli rispose con un vago Sì, sì, arrivo  e continuò con le sue faccende, ripromettendosi di andare  da lui subito dopo aver infornato il pollo.
“Mamma, “ si lamentò ancora il povero Teo, “ vieni subito, crescono ancora!”
Ed era proprio così, le sue braccia non si erano fermate, crescevano ancora e ancora, tanto che ad un certo punto non bastò più arrotolarle, fu costretto a  buttarle  giù dalla finestra, dove continuarono ad  estendersi all'impazzata  come un lungo serpente senza fine.
Teo ormai non  vedeva più le sue manine, ed era ancora più disperato perché gli servivano, specialmente ora che aveva un po’ di raffreddore e doveva soffiarsi il naso.
“Aiuto, aiuto!” gridò ancora una volta,  ma sembrava proprio che nessuno lo sentisse, nemmeno la mamma che era di là, in cucina.
Disperato, non gli restava che uscire e inseguirle come poteva, in modo da riprendersi almeno le mani.
Corri corri si ritrovò in un paese sconosciuto. Sperduto e solo, chiese  a un passante  come si chiamava quel posto e quanto era distante da casa sua.
“Eh, “fece quello,”caro il mio bambino, questo è  Chenoncè e dista un buon quantoglipare dal tuo paese. Se ti sei perso sono affari tuoi, qui non ti aiuterà nessuno perché a Chenoncè non abita nessuno, io sono di passaggio, anzi, adesso me ne vado e tanti saluti”.
Teo ebbe un bel protestare, il tizio non volle saperne di dargli altre informazioni e se ne andò via, veloce come un fulmine.
In questa situazione complicata  che avrebbe mai potuto fare Teo? Riprese a inseguire le sue braccia, che nel frattempo erano ancora cresciute:  il povero bambino non ne vedeva più la fine.
Nella sua corsa  attraversò l’Africa, l’Asia, l’America e poi tutta  l’ Europa,  a farla breve girò il mondo intero.
Vide paesi, case, boschi e gente ai lati della strada a incitarlo come si fa con i ciclisti in gara.
 Incontrò due presidenti e un re, un viceministro gli strinse la mano, “Complimenti,” gli disse,” non si erano mai viste braccia tanto lunghe. Torni a trovarci, la rivedremo con piacere”.
Quando si accorse che le braccia si erano finalmente fermate il sole stava per tramontare, di lì a poco sarebbe calata la sera, insomma era proprio l’ora di tornare a casa per la cena.
 Il piccolo Teo raggiunse  braccia e mani,  le raccolse infilandosele in tasca un po’ alla meglio e mentre le spingeva dentro a forza, perché erano davvero troppo lunghe e faticavano ad entrarci, si disse che era proprio vero, era riuscito ad abbracciare tutto il mondo. Nonostante la gran corsa e la fatica,  gli venne quasi  voglia di abbracciarlo ancora.
“Evviva, evviva,” gridava saltando di gioia,” con le mie braccia sono arrivato dappertutto, appena a casa lo dirò alla mamma!”
Mentre saltava e rideva così, ecco passare di lì un’anziana signora che zoppicando andò verso di lui e gli rivolse la parola.
“Bel bambino, mi daresti una mano ad attraversare la strada? Come vedi fatico a camminare, se mi aiuti saprò ricompensarti. Dimmi cosa desideri e io te lo darò.”
“L’aiuterò signora, ma quel che voglio  è solo tornare a casa mia, dalla mia mamma.”
“Benissimo, aiutami che poi  ti ci porto io”.
Teo  si disse che la povera signora non era certo in grado di riportarlo a casa ma decise ugualmente di aiutarla, la prese sottobraccio  ed ecco che lei...sorpresa! Si mise a correre come il vento, trascinandosi dietro l’incredulo Teo che per la gran velocità quasi  volava nell'aria, come un aquilone. Un po’ di fifa l’aveva, è vero, però era così bello essere trasportato così,  sembrava di essere una piuma!  
In un battibaleno il nostro amico  si ritrovò davanti a casa. La  misteriosa signora, invece,  non c’era più.  Teo la cercò, per ringraziarla, ma inutilmente. Era sparita. E le sue braccia? Erano tornate come prima.
Teo si sentiva  confuso:  quanto tempo era passato? Mezz'ora? Un quarto d’ora? E cos'era stato, il suo, un sogno o una magia? Non lo sapeva. Pensandoci si disse che non era poi così importante, era riuscito ad abbracciare tutto il mondo e a tornare a casa in tempo per la cena.
Dalla finestra aperta della cucina giungevano  le voci dei suoi genitori: la mamma canticchiava apparecchiando la tavola,  e suo padre, che doveva essere  appena tornato,   stava raccontando la sua giornata alla mamma.
Aprì piano piano la porta ed entrò.
“Tesoro, scusa se non sono venuta subito da te, ho avuto problemi con il forno e poi mi ha chiamato la nonna ... che dovevi dirmi?”
“Oh, non importa, mamma. Era solo una sciocchezza.”
 “Bene, allora vai a lavarti le mani che è pronto in tavola” disse la mamma scompigliandoli i capelli.


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