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martedì 6 marzo 2018

Fiabaterapia

Fiaba come terapia e percorso di crescita, quante volte vi è capitato di sentirlo? E' proprio così, la fiaba aiuta i nostri bambini  a crescere, a gestire ed esprimere le emozioni.
In realtà anche gli adulti possono giovarsi della fiaba terapia: leggerle significa fare un tuffo nelle acque più profonde del nostro io, per riemergere poi come rinnovati. E se proprio non ce la fate a tuffarvi, potete comunque galleggiare in superficie, godendovi l'acqua fresca e pulita, e ritrovare per qualche minuto il sorriso lasciato in mezzo alla fila davanti al semaforo.
C'è un libro, una raccolta di fiabe popolari italiane che io leggo e rileggo da anni quando voglio ritrovarmi, e che ogni volta mi sorprende e mi affascina: "Fiabe italiane" di Italo Calvino.
Lo tengo sul mio comodino, sta lì, pronto a soccorrermi ogni volta che ne ho bisogno.
A questo proposito bisogna aggiungere che c'è una distinzione da fare tra fiaba e favola dal punto di vista letterario, lo spiega bene la maestra Sinforosa Castoro ( pseudonimo, ovviamente!) in un post che tratta questo argomento in modo chiaro ed esauriente; questa differenza, a quanto affermano alcuni psicanalisti, è importante  anche per gli effetti sulla nostra psiche: la fiaba sarebbe più capace, rispetto alla favola, di parlare al nostro inconscio e fare da specchio alle nostre emozioni.
Sinforosa tiene un blog molto interessante, SINFOROSA CASTOleRO, se vi va fateci un giro e andate a leggere questa bella lezione della maestra Sinforosa.
Personalmente  trovo terapeutico anche scrivere fiabe, ho iniziato a confrontarmi con questo genere letterario una decina di anni fa, fino ad allora avevo intinto la mia penna solo nell'inchiostro della poesia e del racconto.
Fra le mie creature ce n'è una alla quale sono particolarmente legata proprio perché è nata in un periodo difficile in cui mi sentivo senza via d'uscita, si tratta di "La principessa dorminpiedi", pubblicata qualche tempo fa sul sito "Tiraccontounafiaba.it".
Non so  se è la più bella ma di sicuro è una di quelle che mi hanno fatto stare meglio scrivendola, ve la proporrò nei prossimi giorni.
Concludo questa fiabadivagazione  con un mio omaggio alla fiaba popolare italiana, "Re Cipolla", che lascio alla vostra lettura, sperando vi faccia buona compagnia.
Buon tuffo.








Re Cipolla
Barbara Cerrone



C’era una volta in un paese non troppo lontano un orfano tanto povero che mangiava sempre pane e cipolla e per questo motivo tutti lo chiamavano Cipolla.
Un bel giorno, stanco di non saper come mettere insieme il pranzo con la cena, fece fagotto e partì per il mondo a cercar fortuna.
Cammina cammina, arrivò nei pressi di un ruscello e si fermò a bere un sorso perché moriva dalla sete. Passava di lì un vecchio pellegrino e vedendolo curvo a bere quell’acqua gli disse: “Buongiorno, ragazzo, bevi quell’acqua? Stai attento perché non è buona, più avanti c’è il paese e lì trovi una fontanella che è una delizia, l’acqua viene fresca e pulita dai monti. Ti conviene tenerti la sete e bere di quella”.
“Oh, grazie dell’avvertimento,” rispose Cipolla,” ti prendo in parola. Già che sei così gentile, sapresti dirmi quanto dista il paese? C’è brava gente o c’è gente cattiva?”
“Mezz’ora da qui, se vai di buon passo. La gente è brava e onesta, peccato che soffre la fame a causa di quel principe dannato.”
“Quale principe?” chiese Cipolla tutto incuriosito.
“Il principe del paese, un tiranno assassino e usurpatore. Si spaccia per l’erede al trono ma tutti sanno che è un imbroglione e il vero erede l’ha ammazzato lui.”
“ E come avrebbe fatto a combinar questo macello? “
“Eh, figlio mio, complicità di cortigiani infedeli! Quando il re è morto, lasciando solo quell’erede in tenera età, fu facile per quei delinquenti trovare un fantoccio per fargli fare quel che piaceva a loro e ammazzare il giovane con una pozione, dicendo poi che era morto di  malattia.”
“Brutta faccenda. Mi dispiace per quella gente, comunque io non ho paura, andrò lo stesso a vedere il posto e se c’è da lavorare resterò. Grazie, buon uomo.”
“Aspetta, ti voglio dare un ricordino del nostro incontro, potrà tornarti utile se ti dovessi trovare nei pasticci. Ecco, tieni, prendi questa pietra, mettila in tasca e tirala fuori solo se sei nei guai: basterà che tu le chieda aiuto e ti caverà da ogni impiccio.”
“Grazie,” disse Cipolla,”a buon rendere, se ci incontreremo ancora.”
Poi, preso il sassolino, se ne andò per la sua strada.
Dopo una mezzoretta il nostro amico arrivò al paese. Entrò dalla porta principale e non vide nessuno.
 “Strano,” pensò,” è l’ora del mercato e non c’è nessuno per la strada? Non ci sarà mica qualche malattia in giro? La peste o che so io?”
Giunto nella piazza grande, davanti alla chiesa, non vide anima viva neanche lì.
“Eh, no, qui c’è qualcosa che non va, toh, ecco un passante! Vediamo se mi dà qualche informazione. Signore, buongiorno a voi, sapete dirmi se qui c’è qualcuno che offre lavoro? So far di tutto e non ho di che mangiare…”
“Ragazzo,” rispose l’uomo spaventato come se avesse visto il diavolo in persona,”qui non si dà parola agli sconosciuti, è proibito dalla legge.”
“Legge? Che legge? Io non so di queste leggi strane, son qui per lavorare e basta.”
“Il principe impicca chi rivolge la parola agli stranieri, abbi pazienza e lasciami stare.”
“Ah, ci siamo! Il principe famoso…a me non importa di questo principe e delle sue leggi bizzarre…signore, ma dove andate? Ecco, è scappato! E ora? Forse conviene che io me ne vada, qui mi pare proprio che non ci sia nulla per me.”
Cipolla aveva già voltato le spalle per tornare indietro quando una vocina lo chiamò:
 “Cipollaaa! Cipollaaa!”
“Oh, chi mi chiama? Dove sei vocina che conosci il mio nome?”
“Son qui, sotto questa stuoia, alzala, presto!”
Cipolla alzò una stuoia buttata là, per strada, come un rifiuto abbandonato e chi ci trovò? Un topolino tremolante che lo guarda come una visione.
“E tu? Che fai lì tutto impaurito? Come mi conosci tu che sei topo?”
“E’ storia lunga assai,” rispose il topo, “ma non conta, adesso. Quel che ti chiedo è di liberarmi da un sortilegio che mi vuole topo mentre ero uomo e di gran famiglia. Ti prego, se hai onore, rendimi libero e guadagna per te un intero regno.”
“Come? Un regno? E che me ne faccio?” disse Cipolla.”Mi basta un buon lavoro e un tetto, non ho grandi ambizioni, son uomo semplice, ignorante, e di bocca buona. Ma se è per aiutarti ti aiuto ben volentieri.”
“Grazie, sapevo che eri generoso, coraggioso e forte, che altro serve più di questo per esser nobile e regnare? L’istruzione te la farai più tardi. Ora senti: c’è un principe usurpatore che rende questo paese come l’inferno e nessuno finora è riuscito a sconfiggerlo, perché è spietato, furbo e circondato da infami come lui. C’è un solo modo per liberarci tutti da quel mostro, ma ci vuole un uomo come te per farlo. Dovresti attraversare da solo la prateria che troverai uscendo dal villaggio. E’ una terra stregata, piena di mostri e di bestie feroci. Se ce la farai, sappi che sarai re di questo paese e le ricchezze del regno saranno tue e dei tuoi eredi. Quanto a me, sarò liberato da questo corpo che mi umilia e tornerò uomo, nobile e ricco com’ero prima di quest’incantesimo.”
“Attraversare una prateria? Tutto qui? E che ci vuole? Parto subito, topolino, considerai già liberato. Chi ha sofferto la fame, non teme nulla!” rispose Cipolla e si diresse in gran fretta verso la prateria.
Uscito dal villaggio, non andò subito a cadere in un pantano così vischioso da sembrare di star nelle sabbie mobili?
“Che l’inferno se lo prenda, quel principe! Se non ne esco, non mi chiamo più Cipolla! Ora ti faccio vedere io! “disse e tirò fuori la pietra.
 “Pietra, pietruzza mia, aiuto!”
La pietra  obbedì senza riserve e fece sciogliere quel fango che diventò polvere fine fine, tanto che si alzò il vento e se la portò via.
“E uno!” esclamò Cipolla scuotendosi  i panni.
Andò avanti e trovò un altro grosso impiccio: un leone grande come un palazzo gli stava davanti proprio davanti come se lo aspettasse.
“Che vuoi da me, bestiaccia? Ora ti sistemo!” prese la pietra e disse:
 “Pietra, pietruzza, aiuto! Trasformalo in un gatto che se avrò topi mi sarà d’aiuto”.
La pietra, ancora ubbidiente, lo fece diventare un micino così grazioso che a vederlo ci s’innamorava.
“Bel gattino vieni dal tuo padrone. D’ora innanzi, se sarò re e tu prenderai i topi, avrai del pesce fresco a colazione.”
Preso anche il gatto, avanzò ancora un po’ tutto baldanzoso, quando ecco dal nulla venir fuori un serpentaccio che lo avvinghia e lo tiene così stretto che non può nemmeno prendere la sua pietra.
“Ahi, gattino mio,” sospirò Cipolla disperato,”questa volta la vedo brutta.”
E mentre si lamentava così, venne inghiottito dal serpente, con tutto il gatto a fargli compagnia.
Dentro la pancia del rettile Cipolla non si scoraggiò,  prese la pietra e disse piano piano:
 “Pietra, pietruzza mia, aiutami a uscire con il gatto sano e salvo”.
La pietra, allora, tagliò in due il serpente assassino, che poi scomparve come nebbia al sole, e Cipolla uscì da quella prigione vivo e vegeto, insieme al suo compagno.
Arrivato quasi alla fine del percorso, Cipolla contava di non aver altre sorprese e invece arrivò un drago sputa fuoco che lanciò fiamme a più non posso verso i due meschini.
Cipolla prese la pietra e chiese ancora aiuto, ed ecco sgorgare dal nulla una gran cascata d’acqua che spense le fiamme e fece annegare il drago.
“Ora sarà finita con questi mostri! “ pensò Cipolla, ma finita non era perché gli si aprì la terra sotto i piedi e apparve un fiume pieno di coccodrilli che se lo volevano mangiare. Cipolla, allora gridò:
 “Pietra, pietruzza mia, aiutami ancora!”
Neanche a dirlo: il cielo si fece scuro, scoppiò un temporale con tuoni e fulmini che scacciarono tutti i coccodrilli e il fiume scomparve sottoterra.
Finalmente finirono le prove e Cipolla uscì dalla prateria insieme al gatto.
 In lontananza c’erano delle case, Cipolla vide che erano le stesse che aveva lasciato prima, capì allora che quella prateria girava intorno al paese e disse:
“Ecco, questa è bella, siamo tornati al punto di partenza". Poi prese il gatto e andò tutto contento a prendersi il suo premio.
Arrivato al paese, trovò gli abitanti schierati ai lati della strada per fargli festa quale vincitore. “Cipolla! Re Cipolla! Il nostro eroe, il liberatore!”
Cipolla salutò con grandi inchini e sorrise a tutti, bestie comprese. Un gran cavaliere gli si avvicinò. “Ti ricordi di me? Sono quel topo che hai incontrato all’inizio di tutta l’avventura. Come vedi sono tornato uomo, il principe, che era un demonio travestito, si è dileguato dopo la sconfitta e ora il popolo è libero e felice grazie a te. Sarò un tuo fedelissimo se mi vorrai al fianco, re Cipolla, nostro re!”
Cipolla allora ringraziò e si mi mise subito a fare il re di buzzo buono, e ci riuscì davvero, trovò ben presto anche una principessa che lo sposò e gli diede un bell’erede.
Il gatto poi ebbe pure lui il suo compenso, mangiò buon pesce fresco ogni giorno e le lische le buttò nell’immondizia.
Re Cipolla regnò con gran saggezza per molti molti anni, e ancora oggi se passate da quelle parti vi racconteranno la sua storia, e vi diranno che re fatti così non se trovano più né in questo né in nessun altro mondo.



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