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mercoledì 6 giugno 2018

Quando si dice sposarsi con la prima che capita...


Non si dovrebbe, il matrimonio è una cosa seria...
ecco cosa succede a questo giovane e coraggioso re.
Buona lettura





Il re si sposa
Barbara Cerrone



Quando un giovane principe, bello e forte, non si decide a sposarsi, per il re suo padre sono grandi preoccupazioni.
“Figlio mio, quando ti deciderai a scegliere una moglie? Io sono vecchio, non voglio morire prima di vederti a fianco di una bella sposa, e padre del futuro erede al trono.”
“Padre mio, lo sapete: io non voglio sposarmi senza amore. Pazientate ancora un poco".
Il re, allora, scuoteva la testa, e siccome era un buon padre prima ancora di essere un buon re e voleva che il figlio fosse felice, pazientava.
Pazientò così a lungo che morì, e il  principe non si era ancora ammogliato.
Così, un bel giorno, il gran consiglio reale, stanco di aspettare si riunì e stabilì di cacciare il giovane re se  non si fosse sposato entro un mese.
Il sovrano, allora, messo alle strette, disse che se proprio doveva sposarsi rinunciando all'amore, allora l'avrebbe fatto con la prima ragazza incontrata per strada, durante la sua passeggiata in carrozza. O così, o niente matrimonio.
I consiglieri fecero un bel baccano: protestarono, risero, piansero perfino, ma il re fu irremovibile e la mattina seguente uscì a passeggio sulla sua carrozza deciso a portare a termine la missione.
Bisogna sapere che ogni volta che la carrozza reale percorreva le vie della capitale c’erano sempre due ali di folla ai lati della strada che si sbracciavano, sventolando cappelli e guanti come forsennati per salutare il re.
Ma il caso volle che quella mattina,fra la folla accorsa come sempre al passaggio del sovrano non ci fosse nemmeno una donna. Tutti uomini.
“Strano, “pensò il re, “ che sia una trovata dei consiglieri per impedirmi di sposare la prima che capita?”
Mentre faceva ritorno alla reggia una giovane mendicante si avvicinò al finestrino.
“Mio re, vi supplico, fate la carità a una povera donna.”
“Farò di più: vi sposerò. Venite, salite a bordo della mia carrozza”.
Ci volle del bello e del buono per convincere quella poveretta, le guardie reali furono costrette a minacciarla perché accettasse; alla fine, spaventata, salì pensando di avere a che fare con un pazzo.
Durante il breve tragitto di ritorno il re si sforzò di dimostrarsi gentile con la ragazza in modo da metterla a proprio agio, ma quella, timorosa, stava in un angolo senza dire una parola, con lo sguardo di un agnello alla vigilia della Pasqua.
“State tranquilla, non vi sarà fatto alcun male” assicurava il re, mentre la poverina non smetteva di tremare.
Quando furono a corte la situazione non migliorò di certo: allo spavento per la ragazza si aggiunse  l’umiliazione di vedersi squadrare da capo a piedi da tutta quella gente baldanzosa e ricca, scandalizzata dalla presenza di un’accattona.
“Non lo farà sul serio,” diceva una gran dama,” non sposerà questa pezzente!”
“Ma no, ma no! Si tratta certamente di uno scherzo, l’ha portata qui per il suo spasso, vedrete” diceva un’altra con un sorrisetto.
La mendicante stava quasi per svenire, il re invece, tutto soddisfatto, come se niente fosse la presentò al gran ciambellano dicendo:
” Ecco la mia regina, come vedete ho mantenuto la promessa. Le nozze si faranno fra tre giorni,  ordino che nel frattempo sia vestita e nutrita,  e che le sarte di corte si adoperino per cucirle il più bell'abito da sposa che si sia mai visto”.
Il ciambellano prima strabuzzò gli occhi, poi li roteò, infine perse i sensi. Ma li dovette riacquistare quasi subito perché le cose da fare erano tante e le nozze si dovevano celebrare dopo tre giorni.
E la nostra mendicante? Dire che era confusa è dire poco. Disorientata, guardava l’andirivieni della servitù come si osserva un miraggio; si stropicciava gli occhi, poi li chiudeva e li riapriva ancora, ma quel miraggio era ancora lì.
Il giorno stesso una fantesca dalle braccia robuste le fece il bagno, un’altra la vestì con un abito prezioso, un’altra ancora le calzò ai piedini un paio di deliziose scarpette. Tutte e tre, poi, la condussero davanti ad un enorme specchio dalla cornice dorata.
Una bella fanciulla, elegante, pelle di rosa e sguardo di velluto, la guardava con aria stupita. La mendicante non si riconosceva.
“Siete uno splendore!” disse la prima fantesca.
“Bellissima!” le fece eco la seconda.
“”Una vera regina!” concluse la terza.
Così pulita, profumata e vestita la condussero al cospetto del re.
“Non credo ai miei occhi,” esclamò il sovrano,” che trasformazione! Siete ben degna di sedere sul trono".
Felici e contenti, se ne andarono tutti a mangiare perché, fra un lavaggio e una vestizione, si era fatto tardi e il re aveva anche un certo appetito.
Fu a tavola che cominciarono i primi problemi.
La futura regina non conosceva l’uso delle posate e mangiava con le mani, sporcando vestito e tovaglia, mentre tutta la corte la guardava scuotendo la testa.
“Non basta vestirla da regina, “ commentò il ciambellano, “ qui bisogna darle anche le buone maniere. Impossibile in tre giorni, sire, non la dovete sposare.”
“In tre giorni si fanno tante cose,” rispose il re,” la giovane mi piace e poi quel che è detto è detto. Si trovi subito un maestro che le insegni a stare a tavola e a conversare”.
Detto, fatto: il più celebre, presuntuoso, cicisbeoso maestro del regno fu convocato per dar lezioni alla  promessa sposa.
Per tre giorni il maestro insegnò alla mendicante come si siede a tavola, come si sorbisce una bevanda, come si mettono le dita intorno a una tazza di caffè, ecc.,ecc.
Il terzo giorno la sposa aveva le idee più confuse delle foglie trascinate da un mulinello di vento, tuttavia era tardi per rimandare le nozze. Gli invitati più importanti erano già arrivati con il loro seguito imponente, bisognava sperare che il giorno del matrimonio qualche buona stella assistesse quella poveretta, e anche il re, perché i suoi ospiti non sapevano che la futura regina era una mendicante.
Venne il fatidico giorno, il re era nervoso, la sposa era nervosa, il ciambellano era nervoso, tutta la corte era nervosa.
La vestizione della sposa occupò un paio d’ore, intanto gli invitati aspettavano in chiesa, fremendo per vedere la giovane donna che era riuscita a rubare il cuore del re.
Quando finalmente la mendicante fece il suo ingresso nella cattedrale, si levò da ogni parte un Oh! di meraviglia, tanto era lo splendore di quel viso dalle guance di porcellana e gli occhi lucenti.
Il re, all'improvviso, si rese conto  di non sapere ancora il suo nome e appena lei gli fu accanto le sussurrò all'orecchio:
” Mia cara, non so nemmeno il vostro nome, come dovrò presentarvi?”
“Mio re, non lo so, non ho conosciuto i miei genitori. Sono orfana e cresciuta per strada. Nessuno mi ha mai chiamata.”
“Allora ne sceglierò io uno per voi: vi chiamerò Marica, splendente, perché splendente voi siete”.
La sposa fu felice di avere finalmente un nome e la cerimonia proseguì senza altri ostacoli.
Marica si ricordò ogni precetto del suo maestro e fu perfetta,  tanto che tutti gli ospiti pensarono che provenisse dalla più fiera nobiltà.
Da quel giorno in poi, marito e moglie regnarono felici su quel paese bello e fortunato, dove la gente era allegra e il cibo buono e abbondante.
Una terra degna di una splendente regina e di un ancor più splendido re.



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