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martedì 23 marzo 2021

Le sorelle margherite

 La primavera è qui! Qui fa ancora freddo ma tutto intorno ci parla di lei, della stagione più fiorita.

In omaggio alla primavera e alle sue tenere figlie, le timide margherite, ecco la mia nuova fiaba.

Buona lettura e buona primavera.



Le sorelle margherite

Barbara Cerrone





Le sorelle margherite

 


 

 L’alba era passata e Flora non aveva ancora aperto la corolla.

“Sveglia, “la incitava Susanna,” non vedi che il sole è già alto? Forza, pigrona!”

Niente, margherita Flora non ne voleva sapere di aprire la corolla.

Allora tutte le margherite chiamarono ad una voce la sorella addormentata, con una certa ansia  perché quel sonno così ostinato faceva quasi temere il peggio.

“Che stia male?” chiese ad un certo punto Vivì, la più anziana delle corollate.

L’idea che la loro sorella potesse stare male aveva attraversato i petali di tutte ma nessuna, tranne Vivì, che era senza peli sullo stelo, aveva avuto il coraggio di confessarlo.

Le sorelle si guardarono sgomente: e se Vivì avesse visto giusto? Bisognava appurarlo subito. Ma non fecero in tempo.

Un grido di terrore si levò all’improvviso.

Grandi piedi!” Urlarono le sorelle.” E’ di nuovo qui.  Pieghiamoci, presto, o ci schiaccerà tutte.”

“Oggi non è solo, ce ne sono altri con lui. Un esercito di piedi giganteschi. Siamo spacciate, sorelle”.

I loro steli tremavano, le corolle ondeggiavano come bandiere al vento: le sorelle margherite erano in preda al panico.

Proprio in quel momento, infatti, venti  piedi stavano attraversando il prato, incuranti dei fiori sotto di loro.

Solo Flora, svegliata dal grido, sembrava non essersi ancora accorta del pericolo e sbatteva i petali per togliersi la polvere di dosso come se niente fosse. Ci vollero un bel po’ di urlacci di Vivì per scuoterla e riportarla alla realtà.

Le sorelle margherite cercarono di piegarsi il più possibile nella speranza di evitare il peggio ma i piedi avanzavano inesorabili e le poverette avrebbero avuto la peggio se quelli non avessero deviato all’improvviso verso la strada adiacente, dirigendosi  a calpestare chissà dove.

“Fiùùù! L’abbiamo scampata bella.” Esclamò Vivì. “Ragazze, la nostra vita è davvero dura, ogni giorno qui si rischia lo stelo.”

Quest’amara riflessione occupò le loro corolle come un pensiero fisso fino al tramonto, poi si addormentarono e il campo tornò al suo placido silenzio.

Nei giorni seguenti grandi piedi non si fece vedere, le sorelle margherite trassero un bel sospiro di sollievo ma sapevano bene che era solo una tregua. Sarebbe tornato, prima o poi.

“Dovremmo studiare una strategia” disse un giorno Lili’, la più brillante delle sorelle.

“Quale strategia? Cosa vuoi che possano fare dei fiori piantati a terra, fuggire?”

Bianchetta era sempre stata una margherita pessimista ma stavolta non si poteva darle torto, Grandi Piedi aveva tutti i vantaggi e loro no, non potevano nemmeno strappare le loro radici da terra e scappare via perché non sarebbero sopravvissute.

Era una gran brutta situazione, roba da far cadere i petali anche alle più forti.

Le sorelle si spremevano le corolle per trovare il modo di liberarsi da Grandi Piedi e da tutti quelli che come lui non si facevano scrupoli a calpestarle, arrivarono perfino a chiedere ai papaveri di spargere il loro addormenta-umani nell’aria intorno al prato, in modo che chiunque si accingesse ad attraversarlo cadesse in un sonno profondo e non potesse nuocere a tante povere margherite indifese. I papaveri si prestarono volentieri all’esperimento. Purtroppo, proprio quando cominciarono a diffondere la sostanza soporifera, si alzò un vento di tramontana che trasportò gli effluvi da tutt’altra parte: quel giorno in città si registrò un numero incredibile di persone che sui tram, sugli autobus e perfino sui marciapiedi si addormentarono così, di colpo, accoccolandosi alla meglio ovunque si trovassero pur di dormire.

Dopo il fallimento dell’ennesimo tentativo di salvarsi, si può immaginare lo scoramento delle sorelle. Tutte ripiegate sullo stelo, moge moge come se le avessero abbattute.

“Non ne usciremo, rassegniamoci al nostro destino” disse Vivì  con una voce così piagnucolosa che quasi non si riconosceva.

“Ma sì, rassegniamoci,” fecero in coro le sorelle margherite,” inutile farsi la linfa amara”.

Passarono giorni, settimane e di Grandi Piedi nessuna notizia, non si era più visto dall’ultima incursione con i suoi piedacci pesta – fiori. 

Le sorelle margherite si interrogavano.

“Gli sarà successo qualcosa? Mi sembra molto strano che non sia più venuto, di solito si fa vedere almeno una volta a settimana. Che sia andato a vivere da un’altra parte? Oh, sarebbe troppo bello!” disse Flora.

“Magari! Non ci dobbiamo illudere, quello torna. Torna e calpesta, come sempre” fece Vivì.

Le sorelle margherite sospirarono tutte insieme: anche se la speranza è sempre l’ultima a morire, sapevano bene che Vivì aveva ragione, non bisognava farsi troppe illusioni se non altro per non rischiare di rimanere deluse nel caso si fosse fatto vedere di nuovo.

Decisero di continuare la loro vita floreale sforzandosi di non pensarci troppo, ma ognuna di loro dentro di sé era come in attesa del giorno in cui sarebbe tornato e le avrebbe calpestate ancora umiliandole dal profondo delle corolle.

Eppure era primavera e a primavera tutti i fiori sono tutti in festa, per le sorelle margherite invece era come se fosse ancora inverno, perché la loro gioia era guastata da un paio di piedi maleducati.

Tutto intorno a loro era un’esplosione di colori e profumi, gli alberi esibivano le loro nuove gemme, le piante mettevano nuove foglie e sorridevano al nuovo sole. Gli sbadigli delle violette facevano ridere i fiori di pesco intenti a spargere la loro fragranza.

Un dolce tepore avvolgeva tutta la natura al risveglio dal lungo sonno invernale.

Ma loro no, le sorelle margherite non spargevano fragranze e non sorridevano al sole. In silenzio, strette le une alle altre, cercavano conforto e protezione nella vicinanza delle sorelle.

“Beati i fiori che non vivono qui con  noi,” dicevano,” non devono preoccuparsi di Grandi Piedi. Quell’energumeno attraversa sempre questo prato”.

La dolcezza della stagione acuiva la tristezza delle sorelle proprio perché non potevano goderne come gli altri fiori, sempre preoccupate com’erano di poter essere schiacciate da un momento all’altro.

Tanto erano tristi e sconsolate che un bel giorno la Primavera in persona ebbe compassione di loro.

“Povere le mie margheritine, in fondo sono la mia bandiera. Devo fare qualcosa, non posso abbandonarle al loro destino”.

La Primavera rimuginò notte e giorno sulla faccenda, tanto che il tempo ne risentì: per una settimana fu ventoso e agitato come i suoi pensieri.

All’ottavo giorno, finalmente, un’idea balzò nella mente fiorita di Primavera.

“Ci sono!” Esclamò.” Ogni volta che proverà ad attraversare il prato delle mie margheritine col vento di marzo soffierò tanto di quel polline nel naso di Grandi Piedi da fargli venire un mare di starnuti.  E sarà inutile andare dal dottore, non ci sarà medicina che resisterà al turbine di polline che il mio venticello gli soffierà”.

E così fece, la bella Primavera.

Due giorni dopo, infatti, ecco arrivare Grandi Piedi, andava di corsa e quando correva era ancora più maldestro, le sorelle margherite tremavano di terrore.

“Eccolo, quell’energumeno. Corre come un pazzo, ci stenderà come marmellata. Attenzione ragazze, giù le corolle!” gridò Vivì.

Fu una sorpresa per tutte vedere quel tanghero maleducato e insensibile  tutto d’un tratto starnutire e lacrimare come una fontana, tanto che, preso dalla disperazione, girò sui tacchi e andò via veloce come era arrivato, brontolando tra sé che doveva prendere un fazzoletto.

Tornò poco dopo ma la scena si ripeté, fino a che, al quarto tentativo, capì che il prato c’entrava qualcosa con quella sua improvvisa allergia e decise di passare da un’altra parte.

Nei giorni seguenti Grandi Piedi provò nuovamente ad attraversare il prato, con lo stesso risultato. Passò un mese, fra nuovi tentativi e fughe in preda agli starnuti, prima che si arrendesse definitivamente.

“Maledetto prataccio!” Esclamò.” Non so se siano le margherite o l’erba che cresce qui ma ogni volta che lo attraverso mi viene l’allergia. Andrò dal sindaco a chiedere che faccia rasare tutto a zero per metterci il cemento, così finisce l’allergia e vi saluto fiorellini”.

Per fortuna Primavera aveva ascoltato tutto! Di certo non avrebbe permesso che il suo prato preferito fosse falciato come erba cattiva e già che c’era fece soffiare dal suo venticello un bel pensiero nelle orecchie dei cittadini indaffarati.

I bei pensieri spesso danno buoni frutti.

Al sindaco, prima ancora delle lagnanze dell’energumeno, giunsero le preghiere di chi aveva a cuore la Primavera e i prati.

Le margherite non sanno leggere né scrivere, ma quel giorno, chissà perché, capirono lo stesso che quel cartello sul bordo della strada parlava proprio di loro e diceva:

“Non calpestate le margherite, perché ci stanno a cuore, come ogni filo d’erba che vive in questo prato. Chi lo farà pagherà la multa, e state attenti perché sarà salata!”

 

 

 


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