Eccomi di nuovo, dopo un po' di silenzio.
Non ho smesso di scrivere, ho solo sospeso per qualche tempo le pubblicazioni sul mio blog perché in fondo ho con quest'ultimo un rapporto "distratto" e discontinuo, lo ammetto.
Che dire della fiaba di oggi? Eh, se bastasse un arcobaleno tascabile a riportare la pace!
La guerra sembra non voler finire mai, così pure le scaramucce fra noi umani, piccole o grandi che siano.
Pace, allora? Ma sì, almeno nel mio blog. Pace, e un bell'arcobaleno a sigillare il patto.
Buona lettura.
L’arcobaleno tascabile
Ferruccio era un omino piccolo piccolo e grasso grasso che girava sempre con un arcobaleno in tasca,
“Perché non si sa mai,” diceva,” metti che il grande arcobaleno non si senta
bene o non abbia voglia di uscire, io tiro fuori il mio dalla tasca e siamo a
posto!”
Per questo fatto molto particolare era diventato famoso in
tutto il mondo, anzi: in tutta la galassia. Forse anche oltre, ma al momento
non lo posso confermare.
L’arcobaleno tascabile non serviva solo in caso di
temporale, Ferruccio lo usava anche per dirimere le contese. Dopo un litigio
che c’è di meglio di un piccolo arcobaleno per riportare il sorriso fra due
vecchi amici? Ferruccio lo sapeva bene e all’occorrenza, dopo che i due
contendenti avevano finito di gridare, prendeva l’arcobaleno tascabile, lo metteva in mezzo a quei due galli
scatenati e di lì a qualche minuto i litiganti tornavano ad abbracciarsi e a scherzare
come prima.
Non era una vita facile, la sua, sempre a correre dove c’era
bisogno, fosse pure in capo al mondo. Senza contare che Ferruccio lavorava, era
un falegname molto richiesto, faceva di quei mobili, ma di quei mobili!
Capolavori, ecco che cos’erano. Aveva clienti a tutte le latitudini, ma quando
c’era da tirar fuori l’arcobaleno lui non conosceva né fatica né lavoro e
andava ovunque a fare il suo dovere di paciere, fra le nuvole nel cielo o sulla
terra, in mezzo ai battibecchi degli umani.
Mi ricordo una volta, era di giovedì, giorno di festa in paese. Ferruccio aveva appena portato un nuovo sgabello a Matteo, il calzolaio, e stava tornando a casa fischiettando tutto allegro.
Lungo la via si imbatté nella sua vicina di casa, Clelia, un’anziana signora dedita al ricamo e al pettegolezzo.
Ferruccio notò che la donna sembrava disorientata, si guardava intorno con l’aria sgomenta di chi sta cercando qualcosa e dispera di ritrovarla.
“Clelia, tutto bene?” le chiese.
La vicina lo guardò come se non lo conoscesse e proseguì
senza rispondere. La cosa parve ancora più strana al nostro uomo che decise di
fare una piccola deviazione e di seguirla, malgrado si stesse avvicinando l’ora
di cena e lui avesse una gran fame.
Cammina cammina finalmente Clelia si fermò davanti alla
bottega del fornaio, ormai chiusa a quell’ora. Bussò due o tre volte alla
vetrina poi cominciò a chiamarlo Duccio,
Duccio! Prima piano, poi sempre più forte Duccio, Duccioooo!
Il fornaio, sentendo tutto quel chiasso si affacciò,
piuttosto seccato.
“Che c’è, chi mi vuole a quest’ora di un giorno festivo?”
“Duccio, delinquente, ridammi il mio panino!” urlò la donna agitando un pugno in aria.
“Che dici, sei pazza? Quale panino?”
“Il panino che ho pagato stamattina e che non mi hai dato. Forza, dammelo!”
“Ti sbagli, non mi hai pagato nessun panino. Hai preso il
solito mezzo chilo di pane e te ne sei andata.”
A queste parole Clelia, montando su tutte le furie, aveva
cominciato a prendere a calci prima la vetrina, poi la porta, urlando sempre più
forte ladro,ladro! In modo che tutti
la sentissero.
E la sentirono, infatti. In pochi minuti tutto il paese si
fece nei pressi del forno a curiosare, sentenziare, prender parte per l’una o
per l’altro.
Si formarono così due fazioni opposte: quelli pro fornaio e
quelli pro Clelia, e presero a lanciarsi ingiurie come fossero stati vecchi
nemici giurati.
In tutto questo trambusto l’unico che manteneva il controllo
era proprio Ferruccio, che lì per lì non sapeva cosa fare, se tirar fuori dalla
tasca il suo bell’arcobaleno o lasciare che quegli scalmanati se la sbrigassero
da soli.
“In fondo sono degli sciocchi, “ si disse,” non meritano il
mio aiuto. Il fornaio avrebbe dovuto fare il superiore e darle il panino, visto
che è un’anziana donna, e Clelia non avrebbe dovuto fare una scenata simile per un
misero panino”.
Stava per andarsene a godersi la sua cenetta quando sentì
qualcosa bussargli piano piano al cuore: era la sua coscienza. Non gli
permetteva di lasciare quei due ai loro guai, gli imponeva, visto che lui poteva,
di fare qualcosa.
Ferruccio allora tornò sui suoi passi, prese, seppure di
malavoglia, l’arcobaleno e lo mise ( a fatica, perché quei due ormai si stavano
accapigliando) in mezzo ai litiganti.
Dopo un minuto erano già a chiedersi scusa, a guardarsi come
se non capissero cosa fosse successo.
La pace fu fatta, e il panino donato a Clelia che lo mangiò
tutta soddisfatta, quella sera, col formaggio fresco del pastore Emilio.
Che giorno memorabile fu quello! E che pace storica per il
paese. Le fazioni si ricomposero, tutti tornarono amici di tutti e il brutto
episodio fu presto dimenticato.
Quella fu una delle imprese più memorabili del caro Ferruccio.
Per non parlare di quando scoppiò la guerra fra il principato di qua e il ducato di là.
Non ci furono morti né feriti ma avrebbero
potuto esserci, sapete com’è, era pur sempre una guerra.
Il nostro amico Ferruccio fu chiamato in causa, prima dagli abitanti del principato, poi da quelli del ducato. Entrambi dicevano di volere la pace ma alla fine, puntualmente, veniva fuori che si pretendeva dall’arcobaleno tascabile una qualche magia che facesse vincere l’una o l’altra parte.
Che fece Ferruccio, allora? Da vero paciere si rifiutò di fare qualunque altra cosa che non fosse mettere fra i due nemici il suo arcobaleno, per portare pace, e solo pace.
Che cosa avreste fatto voi, al posto di ducato e principato?
Forse all’inizio vi sareste arrabbiati col paciere, poi, vedendo che non c'era modo di tirarlo dalla vostra parte e che si
rischiava di farsi male a forza di combattersi, vi sareste calmati e convinti
che la cosa migliore per tutti era proprio
quella di mettere in mezzo l’arcobaleno del Ferruccio. Così fecero, infatti, e
fu la pace. Una pace duratura, a quanto so, perché tuttora resiste e nessuno,
fra quella brava gente, nemmeno principi e duchi, sembra volerla turbare per
nessun motivo.
Al buon Ferruccio si deve questo e molto altro ancora, non sto qui a dirvi tutto perché sarebbe troppo lungo il discorso e io ho da fare.
Devo scrivere un’altra fiaba prima di sera, prima che il buio, gli affanni, o una maligna distrazione mi portino da un’altra parte col pensiero.
E io non
voglio, non lo vorrei mai.
Nessun commento:
Posta un commento