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venerdì 6 luglio 2018

Il bambino nel bicchiere



Uno strano posto per fare la nanna...
buona lettura.




Il bambino nel bicchiere
Barbara  Cerrone



C’era una volta un bambino che dormiva sempre nel bicchiere, ma solo quando non c’era il suo papà.
La sua mamma ce lo adagiava piano piano, lui si accoccolava e poi si addormentava tutto contento col dito in bocca.
Quando si alzava si stiracchiava per un’ora, tutto anchilosato com'era, nonostante ciò il bicchiere era la sua culla preferita e guai a spostarlo da lì o erano pianti e grida a non finire.
Un giorno, non si sa come, il bicchiere cadde e si ruppe in mille pezzi: patatrac!
La mamma provò a riattaccarlo ma era proprio distrutto, così ne prese un altro e lo fece vedere al bambino.
“Ti piace? Questa è la tua nuova culla.”
Il bambino, però, non era affatto contento. Anzi, era disperato, e per tutto il giorno pianse senza requie.
La mamma non sapeva più come fare per calmarlo, il bicchiere rotto non si poteva recuperare e lei aveva voglia di piangere insieme al suo piccino.
Per fortuna ci sono fate che lavorano proprio di concerto con le mamme disperate.
Ce ne sono alcune, ad esempio, che arrivano subito appena sentono un bambino e una mamma che piangono insieme.
Lalla era la fata dei sospiri, di solito si occupava di chi sospira da mattina a sera: per amore, per i debiti, per le preoccupazioni, ecc., ecc.
Quella volta mancava all'appello fata Disperina, che interveniva in caso di pianti. Era partita per il mare senza portare  con sé la campanula per comunicare, così toccò a Lalla correre in soccorso della mamma e del bambino.
“Suvvia, suvvia che c’è da piangere?” chiese appena atterrò con le sua ali rosa sulla corolla degli anemoni, in giardino.
“Eh, fata mia,” disse la mamma,” piange perché si è rotto il suo bicchiere, quello dove dormiva. Non si può’ riparare perché è andato in frantumi e non ne vuole un altro. Fata mia, aiutami tu!”
“Cara, io sono specializzata in sospiri, sostituisco la collega perciò non garantisco. Uhm, vediamo” disse la fata aprendo il libro delle magie.
“Sì, sì, ecco: ci sono! Apatapapan, patatacrac, patatrà il tuo bicchiere ora eccolo qua!”
Certe fate sono dei veri tesori, si applicano in un modo tale per risolvere i guai che quasi commuovono. E fata Lalla si era applicata, ma la sua formula non funzionò.
Al posto del bicchiere comparve una bottiglia gigantesca, con l’etichetta blu che diceva: Bevimi, bevimi! e un bel fiocco rosso intorno al collo, come fosse un regalo.
“Accidenti, lo sapevo!” esclamò Lalla. ” Mi dispiace, io faccio quello che posso. Va bene, va bene, ora ci riprovo”.
Ci riprovò, infatti. Una, due, mille e dieci volte con mille e nove formule diverse, mille e nove perché la mille e decima era solo una ripetizione di quella precedente.
“Niente da fare, non riesco ad aiutarti, figlia mia. Mi arrendo. Dovrai attendere il ritorno di Disperina.”
“No, no, ti prego! Non senti come piange il mio bambino? Aiutami.”
“E va bene, ci sarebbe un modo ma è molto rischioso. Si tratta di andare nella terra di vetro, poco lontano da qui, e scegliere fra due strade che portano alla torre del re. Una è quella giusta, se la scegli   il tuo bicchiere tornerà come prima.  L’altra invece sembra liscia e facile ma è fatta di vetri rotti, al primo passo che farai i tuoi piedi si feriranno e tu non potrai più camminare né tornare a casa. Allora, sei sicura di voler tentare?”
La mamma ci pensò un attimo, poi sentì il pianto del suo bambino levarsi più acuto e disperato che mai, e allora:
“Sì, sono sicura, “rispose, “parto subito”.
La mamma salutò in fretta e furia fata Lalla e si mise subito in cammino, non senza prima aver raccomandato il suo piccolo alle cure della fata, che si era offerta di fargli da tata.
La mamma prese una stradina secondaria, come le aveva indicato la fata, ma quando fu ad un bivio, non ricordandosi più se doveva andare a destra o a sinistra, sbagliò e si ritrovò in uno strano villaggio dove non c’era anima viva.
Girò e rigirò per le vie finché le venne incontro un uomo.
“Se vuoi uscire dal villaggio e prendere per la strada che porta al paese dei vetri devi andare per di là,” disse indicando un viottolo pieno di ortiche,” ma ricordati: l’impresa che ti accingi a fare è molto pericolosa. Ecco, prendi queste ali, ti serviranno in caso di pericolo.”
La mamma prese le ali, lo ringraziò e imboccò il viottolo che l’uomo le aveva indicato.
Cammina cammina vide in lontananza una torre che brillava alla luce del sole, e mille riflessi intorno che parevano un gigantesco lampadario acceso in mezzo alla campagna.
“Ecco, quella deve essere la terra di vetro” disse, e quasi saltava per la gioia.

Per entrare, passò dalla porta antica, non c’era nessuno in giro, si sentivano delle voci sussurrare da dietro le persiane e non si indovinava di chi fossero, sembrava quasi che a parlare fossero le finestre.
Si inoltrò per le vie del centro finché vide un cartello, di vetro, si capisce, che diceva:
“Per di qua si va alla torre del re. Scegli la strada giusta, se sei capace”.
La mamma vide le due strade, che sembravano proprio uguali, lisce e lucide come fossero di cristallo.
Prese le ali e se le mise sulle spalle, provò anche a volare ma non si alzò nemmeno di un centimetro.
“Quell’uomo mi ha ingannata! E ora? Non ho altra scelta, devo tentare”.
Si fece forza, e con un bel sospiro prese la strada che andava a sinistra.
Dopo il primo passo, sentì qualcosa scricchiolarle sotto i piedi.
“Povera me, sono perduta!” gridò, ma in quel momento le ali la sollevarono in alto, al riparo da quei cocci di vetro.
“Dunque era vero, le ali mi hanno salvato. Oh, come mi dispiace aver dubitato di quel brav'uomo!”
Mentre pensava tutta allegra a queste cose, le ali cominciarono a farla scendere piano piano.
“Mi pare chiaro, a questo punto, che la via giusta è quella a destra” disse la mamma.
Appena fatti i primi passi su quel percorso liscio e luccicante, vide in lontananza una torre splendente di luce. In cima alla torre, affacciato alla finestra, stava   un re piccolo piccolo che salutava con la mano.
Piena di speranza, lo raggiunse e vide che nell’altra mano aveva il suo bicchiere, intatto come prima di esser rotto.
“Mio re, ti ringrazio, “disse   la mamma,” questo bicchiere è la culla preferita del mio bambino, ora finalmente smetterà di piangere e farà sogni felici.”
“Non devi ringraziare me, “rispose il re, che per quanto era piccolo le sarebbe stato in una mano,” ma il tuo grande coraggio. Prendi il bicchiere e vai, ora, e sii felice con il tuo bambino”.
La mamma ringraziò di nuovo, fece un bell’inchino e si diresse verso casa.
Quando tornò e il bimbo vide la sua culla di vetro non si può dire la gioia che provò: le grida, gli abbracci!
Fata Lalla tornò alle sue cose di fata, e disse che avrebbe raccontato alle colleghe fate, lassù, sul monte degli incantesimi, che mamme coraggiose c’erano fra gli umani, quasi più coraggiose delle fate.
Quando il papà del bambino tornò a casa dal lavoro trovò il piccolo che dormiva nel suo letto e proprio   non voleva credere a tutta quella storia.

“Mia cara, hai una fantasia incredibile, “disse, “perché non scrivi una bella fiaba?”




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