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lunedì 18 novembre 2019

Viridia- Attacco al nemico


Ecco il terzo capitolo.
A breve il prossimo.




Attacco al nemico



Ailuro gironzolava qua e là, guardandosi intorno con aria annoiata.
Ripensava con nostalgia ai bei tempi in cui nessuno minacciava la valle e la notte poteva dedicarsi alla contemplazione delle stelle senza pensare ad altro. Era appassionato di astronomia, gli piaceva riflettere sull'immensità dell’universo; da quando era cominciata quella brutta storia di Capelli di neve e doveva stare attento a ogni rumore, a ogni ombra che si avvicinava a Viridia non era più riuscito a osservare il cielo con la stessa intensità, distratto com'era dal suo dovere di sorvegliante.
Si stava giusto chiedendo se quella notte sarebbe stata abbastanza tranquilla da permettergli di guardare in pace il cielo quando vide arrivare una grossa berlina nera.
Ne scesero due uomini che  si misero a parlare poco distante da lui, uno era uno spilungone dai capelli rossi e lo sguardo perso nel vuoto, l’altro era più piccolo e grasso, calzava un cappello scuro che si tolse poco dopo scoprendo una gran massa di capelli color della neve. Era proprio lui, il nemico.
La sentinella Ailuro drizzò le orecchie e si mise subito  in ascolto nascondendosi dietro a un cespuglio.
“Amico mio quelle api hanno fatto un bel danno, stamani. Ho dovuto pagare i miei operai per non far niente. Comunque ho già in mente la soluzione, farò spargere insetticida sul loro stramaledetto alveare e ciao, addio sciame!”
“Mi sembra un’ottima idea, “ fece lo spilungone,”quando?”
“Dopodomani, all'alba. Domani gli operai sono occupati da un’altra parte.  Guarda, Pietro, guarda questo posto: è per-fet-to per farci una pista di atterraggio, non trovi? Non vedo l’ora, amico”.
I due fecero un breve giro intorno, poi salirono di nuovo sull'auto e se ne andarono.
Ailuro non trovava le parole per  dare la terribile notizia al comandante: insetticida contro le api, contro le loro soldatesse! Bisognava correre subito a informare Herb, allertare tutti e Ailuro corse, corse come una lepre.
Bussò così forte alla porta del capitano che a momenti la sfondava.
“Chi è che butta giù la porta a quest’ora? Ailuro! Per caso sei impazzito?“
“Capitano, capitano....arf, arf...all’apicidio! Oh, scusi, ho corso tanto che non ho più fiato, arf. Una cosa terribile, capitano. Ho visto due uomini, uno era  certamente Capelli di neve e diceva all'altro che per risolvere il problema delle api vuole spargere insetticida sull'alveare, capisce? Dopodomani, all'alba.”
“Che, che, che? Orrore! Delitto! Le mie soldatesse, come osa? Presto, raduna subito il Gran Consiglio, che vengano tutti qui, tirali pure giù dal letto se dormono e di’ loro che il momento è grave e che facciano poche storie”.
Il Gran Consiglio si riuniva solo nelle grandi occasioni, che di solito erano feste o celebrazioni di ricorrenze particolari, questa era la prima volta che veniva convocato per un’emergenza.
Era composto dal solito Pouli, dall'ape regina e dai notabili della valle, oltre che dal nostro capitano Herb, naturalmente. Presidente onorario era l’Esimio Responsabile che quella notte sarebbe stato rappresentato da Herb.
Quando tutti i membri del Gran Consiglio furono radunati nel suo salotto buono, il capitano iniziò il suo discorso.
“Mie cari, come dicevo prima al buon Ailuro, il momento è grave. Mi è stata appena riferita la nuova mossa del nemico. Si vuole spargere insetticida sull'alveare!”
“Ah!” gridarono tutti in coro.
La regina delle api svenne, sostenuta da Pouli e da un notabile.
“Dell’acqua, dell’acqua, spruzzatele un po’ d’acqua, “ diceva Herb, “ che si riprenda presto, deve sentire la mia proposta”.
La povera regina, dopo una doccia fredda che le lasciò le ali bagnate per tutta la notte,  riprese finalmente conoscenza .
“Allora, “ continuò il capitano, “ ragazzi miei non vedo alternative, bisogna precederli. Attaccheremo per primi. Le nostre api partiranno domani stesso per la città e porteranno l’offensiva direttamente nello studio del malefico nemico, perché è lì che  Capelli di neve passa quasi tutta la giornata.”
“Oh!” fu la risposta unanime degli astanti.
La regina obiettò che per far questo le api avrebbero dovuto sorvolare il deserto, con il rischio che questo comportava, ma Herb fu irremovibile.
“Lo so, “disse,” ma non vedo altra scelta, le api sono la nostra unica difesa. Dica loro di partire per la città domattina, alle otto in punto. Se  il vento sarà favorevole arriveranno alle nove e trenta precise. Il nostro nemico di solito si presenta in ufficio a quell'ora e noi gli faremo l’accoglienza che merita. Non  le nascondo che quel vigliacco potrebbe usare l’insetticida per scacciarle, perciò che stiano molto attente”.
La regina tentò ancora di opporsi, svenne altre due volte, pianse, offrì miele a tutti: il capitano fu irremovibile e per evitare altre proteste e lagne varie dichiarò subito  chiusa la seduta, mandando tutti a nanna e buonanotte.
La mattina seguente, alle otto precise, il commando delle api partiva  in pieno assetto di guerra, diretto in città.
Il volo andò bene, vento favorevole, tempo buono. Attraversarono il deserto con una certa tranquillità, la regina era rimasta a casa ma prima della partenza aveva ordinato al suo sciame di bagnarsi bene nel ruscello sotto l’alveare, in modo da sopportare meglio il caldo del deserto e  la mancanza d’acqua.
Le api furono in vista dell’obiettivo alle nove e venticinque precise,  l’ufficio del nemico era a pochi minuti di distanza.
Konia, la città, era un agglomerato di case e palazzi nuovissimi che affacciavano su strade larghe e trafficate. Non c’era nemmeno un  parco, né un filo di verde, solo cemento e asfalto
Gli abitanti  camminavano sempre a testa bassa con le facce grigie e immusonite,  raramente vedevano chi gli passava accanto.
Quella mattina, però, non poterono fare a meno di guardare in alto.
Un bzzz sconosciuto fece alzare lo sguardo a un vecchio, uno che era stato contadino prima di trasferirsi in città a cercar fortuna e che quel bzzz lo aveva sentito tante volte, quando viveva in campagna.
Notò una specie di nuvola nera nel cielo che si spostava velocemente, inforcò  gli occhiali da presbite e le vide: un  intero sciame di api che sorvolavano quel cielo plumbeo dirette a nord.
“Guardate, “ gridò il vecchio, “ api! Chissà dove vanno? Qui non se n’erano mai viste”.
Uno ad uno,  i passanti alzarono gli occhi al cielo e rimasero a fissare l’incredibile spettacolo con il naso all'insù.
Per qualche minuto si creò un ingorgo nel già ingorgato traffico del centro; intervenne un vigile.
“Circolare, circolare, non c’è niente da vedere. Sono solo api” disse invitando la gente ad abbassare lo sguardo in modo da vedere dove metteva i piedi.
Anche i clienti del bar Il caffettino avevano gli occhi puntati al cielo.
“Mino?”
“Uh?”
“Vedi quel che vedo io?
“Non lo so, tu cosa vedi?”
“Uno sciame di api che attraversa la città.”
“Uno sciame di api qui? Hai le traveggole.”
“Guarda, allora.”
Mino alzò gli occhi al cielo.
“In effetti...”
“Che ti avevo detto?Api.”
“Ma se  non c’è nemmeno un fiore, che ci fanno qui?”
“Saranno di passaggio.”
“Non sono mica uccelli migratori.”
“Magari vanno in vacanza, che ne sai?”

Proprio in quel momento nell'ufficio di Capelli di neve era in corso una riunione per discutere dei lavori nella valle.
“Capo, per me è meglio cominciare fra una settimana, secondo le previsioni pioverà nei prossimi giorni” disse un omino piccolo e grasso che tutti chiamavano Tappo.
“Pioggia o non pioggia io voglio cominciare i lavori, “ fece Capelli di neve  alzandosi sulle punte dei piedi, “ hai bene inteso? Voglio cominciare subito i lavori. Sono stufo di aspettare, prima cominciamo prima la mia pista di atterraggio sarà pronta. La pioggia di questa stagione non fa male, anzi, così si lavano, quei caproni!“
“Ma capo, “ provò a ribattere Tappo.” Gli operai lavorano male con la pioggia, c’è il fango...”
“.. poche storie! Qui comando io e io ho deciso che i lavori inizieranno dopodomani  al più tardi, ci  siamo capiti? Oppure vi  licenzio tutti, parola mia. Adesso fatemi vedere la relazione dei tecnici, ma prima aprite un po’ la finestra, si soffoca qua dentro”.
 Con la finestra aperta il trambusto provocato dall'arrivo dello sciame entrò nella stanza, insieme alle api.
Prima ancora che Capelli di neve  se ne rendesse conto,  le pungiglionute avevano già invaso l’ufficio e si erano  posate su di lui e su tutto il suo staff, ma senza pungerli.
Sembravano incollate ai loro corpi.
Restarono così, immobili, per qualche interminabile secondo mentre  Capelli di neve e i suoi tremavano di paura; quando ritennero che fosse abbastanza,  le pungiglionute si alzarono di nuovo in volo  e “Bzzz, bzzz, bzzzzzz!!” gridarono  prima di uscire, che significava:
“ Oggi ci siamo accontentate di darvi un avvertimento  ma se insistete a minacciare Viridia la prossima  volta vi  gonfieremo di punture come palloni!”
Detto ciò, in perfetto ordine  come un vero plotone, uscirono tranquillamente da dove erano entrate, cioè dalla finestra.
Appena  se ne furono andate,  Capelli di neve, si affacciò alla finestra urlando come un pazzo:
“Vigliacche, ve la farò vedere io! Distruggerò Viridia, parola mia!”
Ma le api erano già lontane e non potevano più udire le sue minacce, col pensiero erano già a Viridia, a ristorarsi col delizioso nettare dei suoi bellissimi fiori.



























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