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domenica 3 novembre 2019

Viridia


Ci sono luoghi dei quali non si dovrebbe mai turbare la pace. Vi racconto la storia di uno di questi.
A voi la prima parte di






VIRIDIA
Barbara Cerrone




Arriva il Grande Responsabile!




Nella vallata di Viridia un violento temporale ha spettinato le margherite.

“Le nostre margherite hanno le corolle tutte arruffate, capitano Herb!”
“Oh,  disdetta, disdetta! Peggio del vento di due giorni fa?”
“Peggio. E come se non bastasse oggi il Grande Responsabile passerà in rivista i fiori, capitano.”
“Già, dimenticavo! Sbrigatevi, pettinate tutte le corolle e raddrizzate gli steli. Che non succeda come quella volta che le trovò in disordine e ci  mise  tutti a pulire i formicai.”
“Subito, capitano!”
Il piccolo attendente Pouli  si  dileguò all'istante, lasciando il capitano alle sue riflessioni.
 “Da quando Capelli di neve ha comprato queste terre non c’è più pace per Viridia: prima il vento che sradica alberi e piante, poi il nubifragio...come se la natura si ribellasse, come se vento e nubi sapessero che quel pazzo vuole fare di questo posto una pista di atterraggio per  il suo jet! Noi, però, non  gli permetteremo di distruggere la nostra bella valle, nossignore.  Ma una cosa alla volta, ora pensiamo all'ispezione. Dunque, se oggi  il Grande Responsabile  troverà i fiori in ordine  ci potrebbe scappare un aumento di biada per Ariodoro: è un gran bel cavallo e corre come il vento, se lo merita l’aumento“.
Uno squillo di tromba interruppe  bruscamente i profondi  ragionamenti di Herb  annunciando l’arrivo fulminante (e in anticipo) del Grande Responsabile .
“Oh, disdetta, disdettissima! Dove si è ficcato Pouli? Chissà se i ragazzi hanno fatto in tempo a pettinare le corolle? Pouli, Pouli, Pouliii!”
“Eccomi, eccomi, stavo appunto venendo a dirvi che è tutto a posto, le margherite adesso sono in ordine. Siamo pronti per l’ispezione.”
“Bene, andiamo incontro all'Esimio”.
Quest’ultimo, il Responsabile voglio dire, stava già  percorrendo la  ripida discesa che porta alla valle di Viridia,  avanzava  spingendo in fuori  la grossa pancia che ad ogni passo oscillava a destra e a sinistra come un grosso pendolo; dietro di lui un codazzo di segretari, impiegati, fornitori, domestici e ficcanaso venuti apposta a curiosare da quelle parti.
 “Buongiorno, carissimo. Allora, come stanno le mie margherite?”
“Benone, benone. Mi segua, Esimio Responsabile, sarò felice di mostrargliele”.
L’Esimio, preceduto dal Capitano e da Pouli, si incamminò verso la distesa dei campi.
Le margherite furono trovate molto bene. Il Responsabile era davvero soddisfatto  e lo mostrò con evidenza scientifica dondolando ancor di più la grossa pancia penzolante.
Il capitano Herb fece l’occhiolino ad Ariodoro.
“Ottimo, ottimo,” disse  ancora l’Esimio rivolto agli astanti,” mi compiaccio. Le margherite sono in gran forma”.
Il capitano fece per accompagnarlo sperando vivamente che stesse per andarsene, perché non si sa mai cosa può venire in mente a un Responsabile se si trattiene troppo,  ma il Responsabile aggiunse là per là una postilla.
“E i tulipani?”
Il capitano Herb  rivolse uno sguardo interrogativo a Pouli che a sua volta ne rivolse uno al suo aiutante che ne rivolse un altro al suo sotto aiutante.
Quando tutti gli aiutanti furono finiti, lo sguardo ritornò al  Responsabile.
“E i tulipani?” ripeté l’Esimio con una certa impazienza.
“I tulipani, eh? Stanno benone” rispose, goffo, il capitano inciampando nei sui lunghi piedi.
Quando il capitano Herb rispondeva goffo  inciampando nei suoi lunghi piedi il Responsabile  si insospettiva,  e  quando il Responsabile si insospettiva erano formicai da pulire per tutti.
Meglio agire subito.
Un segnale convenuto avvertì Pouli che doveva correre a vedere  i tulipani, casomai a dargli una sistemata, casomai a tirarli su nel caso si fossero accasciati, casomai a fare qualunque cosa pur di presentarli al Responsabile in pieno rigoglio.
Casomai ci fosse riuscito.
Pouli corse via con una scusa, convenuta anche quella, mentre il capitano stordiva  di chiacchiere  l’Esimio. Un trucco che funzionava sempre,  in questo modo lo confondeva  e  quello  poi non si ricordava più cosa aveva detto prima.
“Bene, bene, che sto a fare ancora qui?” brontolò ad un certo punto  il Responsabile. “ Sarà meglio che torni a casa. Grazie di tutto, bravi. Mi complimento, caro capitano”.
In ogni situazione ci può essere chi ti rovina la festa. E anche quella volta ci fu.
Gli appassionati di tulipani in genere sono gente mite ma a volte senza volerlo  possono scatenarti un putiferio.
L’aiutante dell’aiutante dell’aiutante dell’aiutante di Pouli  proprio quel giorno aveva  appuntato un bel tulipano  rosso al risvolto della giacca. Il Responsabile lo vide e, guarda un po’, si ricordò il quesito.
“E i tulipani?”
Silenzio.
“E i tulipani?” ripeté.
Altro silenzio.
“E i tu-li-pa-ni?” scandì.“Non rispondete? Allora gatta ci cova: voglio vedere i tulipani” gridò  alzando il dito indice per far  intendere che non scherzava ( e che sennò  erano formicai da pulire per tutti).
All'alzata del dito il capitano scattò sugli attenti e gli astanti scattarono con lui. Non si sapeva come stavano i tulipani ma si sapeva cosa volesse dire quel ditino alzato (formicai, formicai).
“Prego, mi segua, Esimio” lo invitò Herb, e intanto si chiedeva  grattandosi il capo se Pouli  avesse fatto in tempo a sistemare anche  i tulipani.
(Detto tra noi Pouli si era fermato a chiacchierare con Mine, la segretaria del capitano. Mine soffriva di una rara malattia: rideva di qualunque cosa e quando rideva troppo forte si addormentava seduta stante, dovunque si trovasse. In quel momento infatti stava ronfando e Pouli cercava inutilmente di svegliarla. Dimentico dei tulipani,  si stava  prodigando  per far  aprire a Mine i suoi begli occhi scuri . Quando vide passare il corteo del capitano seguito dal Responsabile  si rammentò del servizio che doveva fare ma ormai era troppo tardi: capitano, Responsabile  e astanti stavano già varcando la soglia del quinto campo a destra vicino alla chiesa, quello dei tulipani, per l’appunto. Ora chiudo la parentesi e  ricomincio il racconto).
Per fortuna...
“Ma sono una meraviglia!” esclamò il Responsabile abbagliato dalla bellezza dei fiori.” Si può sapere allora perché la facevate tanto lunga? Ho capito, è quasi ora di pranzo e non volevate perdere tempo, eh? Insomma, il dovere prima di tutto!”
L’Esimio fece mille e mille elogi e promise più biada per il cavallo di Herb; più biada per tutti, disse, anche per chi cavallo non era.
La gioia del capitano trapelava anche dalle sue orecchie, non si spiegava come avessero fatto i tulipani a rimanere così intatti dopo quel temporalaccio, comunque già che c’era fece l’occhiolino anche a loro e si complimentò per la tenuta.
“Bravi, “ disse, “ sono fiero di voi”.
I tulipani, in quanto tulipani non risposero ma  un certo profumino si sparse dalle fresche corolle il che voleva dire più o meno:” Grazie, è stato un piacere!” o qualcosa del genere.
L’esimio Responsabile finalmente si decise ad andar via,  non senza prima aver dato un’occhiata anche agli orti e all'alveare, dove  si produceva il miele più buono della regione. L’Esimio volle assaggiarlo e si congratulò  personalmente con le api per la sua squisitezza.
Prima di andarsene chiese notizie di Capelli di neve.
“Si è fatto  vivo?” domandò al capitano.” Oggi stesso partirò per un lungo viaggio nei più grandi parchi della regione, tornerò fra due settimane. Al mio ritorno voglio un rapporto completo sulle sue mosse. Nel frattempo state in guardia,  mi raccomando, e se in mia assenza dovesse dare inizio ai lavori sapete cosa dovete fare.”
“Certo, certo, tuttavia una simile responsabilità solo sulle mie spalle...” provò a dire Herb ma l’Esimio si era già allontanato e non poteva più sentirlo.
Appena il Responsabile se ne fu andato, il capitano, Pouli e i soliti astanti, si strinsero la mano per felicitarsi della felicissima riuscita dell’ispezione; poi, dopo essersi felicemente felicitati, felicissimi  si diressero verso le loro case.
 “Oh, mi aspetta uno sformato di carote che solo a pensarci  mi viene il languore” confidò Herb a Pouli che lo seguiva come un cagnolino.
Quel giorno il sole splendeva sulla verde valle di Viridia; gli uccellini cantavano;  le farfalle volavano da un fiore all’altro; l’aria profumava di primavera.  E dello sformato di carote che la signora Herb aveva appena infornato.
Attraversata da un fiume generoso che dava acqua a tutta la valle, Viridia era la terra più verde, la più fertile di tutta la regione.
Secoli di cura, di amore per la terra l’avevano resa così. Si diceva in giro che ai viridiani, appena nati si regalasse un annaffiatoio per abituarli fin da piccoli ad occuparsi della loro terra.
A scuola, i giovani viridiani imparavano come si coltivano le verdure e i fiori, una delle materie più importanti era tecniche di irrigazione con la quale si insegnava a non sprecare l’acqua nella difficile arte di annaffiare orti e giardini.
I più anziani raccontavano ai ragazzi la storia di Viridia, di come l’avevano resa così rigogliosa e dell’importanza di avere per la natura lo stesso rispetto che vorremmo per noi.
“ La natura, “dicevano inoltre “ va dolcemente sostenuta e controllata, non aggredita o trascurata come hanno fatto con la terra del deserto”.
Ogni anno, a primavera, c’era la temuta ispezione generale, il Grande Responsabile passava in rivista orti e giardini e guai se trovava qualcosa che non andava: formicai, formicai per tutti.
Raramente i viridiani andavano a Konia, la città più vicina, perché mal sopportavano il cemento e il grigio di quelle costruzioni in mezzo alle quali non si vedeva un solo filo d’erba, senza contare che per arrivarci erano costretti ad attraversare il deserto.
Quello che gli abitanti di Viridia chiamavano il deserto era in realtà un mucchio di zolle aride solcate da sterpi che l’incuria di decenni e decenni aveva reso brulla e incapace di dar vita al benché minimo segno di vita vegetale; quella terra di desolazione si stendeva tristemente fra la rigogliosa Viridia e Konia,  nella più totale indifferenza delle autorità coniensi, uniche ad avere giurisdizione sul  deserto.
Ai viridiani invece dispiaceva molto vedere un tale scempio del territorio, e ancor di più gli dispiaceva  doverlo attraversare.
Da qualche settimana la pace di Viridia era stata turbata dalle mire di un ricco uomo d’affari,  assai bizzarro, il quale era riuscito a comprare la loro  terra col solo scopo di farne una pista di atterraggio per il suo jet.
“Ma dai, che te  ne fai di un’altra pista di atterraggio, “ gli avevano detto i suoi, “ ne hai già una in ogni capitale del mondo!” ma lui niente, non aveva sentito ragioni e quella terra libera e felice ora rischiava di morire per la sua follia.
Da quel momento i viridiani si erano preparati alla difesa:  in quattro e quattro otto avevano messo insieme un esercito coi fiocchi grazie alle api, che si erano esercitate ore e ore per essere pronte ad agire in caso di emergenza, elaborando strategie e piani di attacco; turni di sorveglianza, di giorno e di notte, erano stati predisposti per avvistare il nemico e dare l’allarme in caso di invasione.
Durante il  giorno era Pouli che sorvegliava Viridia e le zone circostanti, di notte c’era quel pigro fannullone perditempo scansafatiche mangia - pane- a - tradimento trippanzone nonché simpatica canaglia del gatto Ailuro che teneva orecchie e occhi aperti.
Ma torniamo al giorno dell’ispezione generale.
Il sole splendeva su Viridia, l’ispezione era andata bene e tutto tutto è bene quel che finisce bene, si sa,  ma il fatto è che non era ancora finito proprio nulla.
 Nel bel mezzo di questa gioia generale  uno squillo di tromba da far svegliare i ghiri in pieno inverno  turbò la pace dei viridiani.
“Oh, insomma, che altro c’è?  Vuoi vedere che  mi  rovinano anche il pranzo? Pouli, vai e riferisci”.
Pouli, senza batter ciglio, andò subitissimo ad informarsi del nuovo guaio che si profilava.
Tornò in capo a due minuti con gli occhi strabici  per lo sforzo.
“Capitano, capitano...il nemico. Si avvicina a grandi passi. Questa volta con mezzi pesanti.”
“Il nemico? A quest’ora? Per le mie zinnie: e il pranzo? “
“Capitano  hanno portato quei cosi...”
“Quali cosi?”
“I cosi...gli scava..i tori...”
“Vuoi dire gli escavatori? Ah! Il nostro Esimio Responsabile è appena partito per visitare i più grandi parchi del mondo, ora la responsabilità è tutta sulle mie spalle! Suona subito l’allarme, Pouli.  Ai ripari! Alle armi!  Resistenza! Chiama le api, che si preparino perché tocca a loro. Sbrigati Pouli, o questa potrebbe essere la fine per Viridia”.
























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