Ecco la storia di Geremia, ladro a metà e poi...leggete, se volete, e saprete.
Buona lettura
Geremia, ladro a metà.
Geremia era un ladruncolo. Purtroppo sì, lo era, e da molto
tempo. Rubacchiava a destra e a manca, più per abitudine che per necessità.
Il fatto strano, però, non è questo.
Lui rubava, abbiamo
detto, ma solo un po’. Un esempio? Che so, c’era un cesto di mele sul davanzale
di una finestra? Ecco che si adoperava per rubarne…la metà. Tutte no, mai. Gli
sembrava brutto privare qualcuno di tutto quel che aveva, perciò ne rubava solo
una parte, di solito la metà e a volte anche di meno.
Questo suo brutto vizio gli aveva causato molti guai e una
cattiva, cattivissima fama, come si può capire.
Più volte i gendarmi lo avevano acciuffato e messo in galera
per un tempo sufficiente a fargli ripulire il cervello da certe brutte idee, ma
lui no! Lui una volta uscito aveva ripreso a rubare più di prima, a metà,
d’accordo, ma intanto rubava.
Sua madre, Vereconda, glielo diceva sempre: ”Geremia, prima
o poi farai una brutta fine se non la smetti con queste mascalzonate. Io sono
vecchia e non sarò sempre qui ad aiutarti. Pensaci, raddrizza quella schiena e
cammina dritto, d’ora in poi”.
Lui invece a camminare storto ci si era così abituato che
continuava, continuava. Finché un giorno non lo beccarono a prendere i pomodori
dal campo dell’Adele, vedova di Orfeo, nonché donnone robusto e piuttosto
irascibile, incline a dar ceffoni con la disinvoltura di un armigero in
battaglia.
E a prenderlo sul fatto naturalmente fu proprio lei, Adele,
che montava la guardia al suo campicello meglio di un granatiere del re.
“Furfante, delinquente, mascalzone!” Esordì.” Come osi
prendere il frutto della mia fatica? Ladro. Ora ti insegno io”.
E dai a menar botte mentre il tapino piagnucolava dicendo
che in fondo ne aveva presi solo la metà e non c’era un danno troppo grave.
“Metà? Nemmeno uno ne dovevi toccare, ladro che sei! Se
proprio ti mancavano i pomodori non avevi che da chiedere e te lei avrei
regalati, bestia. Ma rubare no, non ti perdono. Via, in galera, e a suon di
ceffoni”.
“No, pietà!” Implorò Geremia in ginocchio. “Se mi risparmi
la prigione mi impegno a lavorare per te un mese intero, qui, nel tuo campo. Tu
riposerai e io faticherò al tuo posto, che ne dici?”
“Uhm, “fece la donna grattandosi il mento,” fammici
pensare…ma sì, non è una cattiva idea. Però un mese è poco: facciamo un anno e
l’affare è fatto”.
“Un anno? Troppo!”
“O così o galera.”
“Va bene, va bene. Farò come vuoi, lavorerò per te un anno
intero”.
Adele pretese che cominciasse quel giorno stesso e Geremia
obbedì, pur di evitare la prigione.
Per un anno intero lavorò per la donna, zappò, potò,
annaffiò. Adele era molto soddisfatta, l’ex ladro Geremia lavorava sodo, quasi
con accanimento, nessuno avrebbe detto che fino a poco tempo prima non aveva
mai toccato una zappa.
L’anno passò e Geremia andò da Adele per salutarla.
“Io ho scontato il mio debito e ora mi riprendo la mia
libertà. Addio, Adele, ti auguro buona fortuna.”
“Uhm,” fece la donna scuotendo il capo di capelli grigi,” ci
ho pensato e a dire il vero un anno mi pare poco per un ladro patentato come
te. Ladro a metà, ma pur sempre ladro. Non è questione di quantità, amico mio!
No, no, la punizione non è sufficiente. Almeno altri sei mesi oppure è la
galera.”
“Questo non è giusto!” Sibilò Geremia rosso di collera come
un peperone.” Sei scorretta, amica mia, io ti denunc...”
“Tu cosa? Se vai dai gendarmi a denunciarti sarò io. No, ti
conviene restare. Solo sei mesi e ti ridò la libertà”.
Geremia, a malincuore, chinò il capo ed accettò. In fin dei
conti, si consolò, lavorare la terra non gli era dispiaciuto, e poi aveva di
che mangiare in abbondanza tutti i giorni e quando mai nella sua vita gli era
capitato? Adele gli aveva dato anche un tetto: una casupola vicina alla sua,
pulita e con tutto il necessario. Non gli mancava nulla e sei mesi volano,
dopotutto.
E volarono, infatti.
“Ora ho davvero
finito, Adele. Me ne vado e tanti saluti” disse porgendole la mano callosa.
Indovinate? La furba Adele non volle starci neanche quella
volta e prolungò la pena di altri sei mesi.
Geremia si metteva le
mani nei capelli, urlava, piangeva. Tutto inutile. Adele era più ferma di una
roccia.
Trascorsero altri sei mesi ma per il nostro uomo non si
parlava ancora di libertà.
Di rinvio in rinvio, passarono vent’anni. Una vita. In
questo lasso di tempo il ladro a metà non aveva più rubato nemmeno un chiodo.
Adele aveva tutti i capelli bianchi, Geremia ne aveva persi
tanti e quei pochi rimasti erano grigi.
“Vecchia malefica,” disse una mattina,” mi hai inchiodato
qui da tanti di quegli anni che ormai non saprei più vivere come vivevo prima”.
“E non sei contento?” Rispose la vecchia. “Avresti forse
preferito finire la tua vita in gattabuia? Lavorare non è poi così male se poi
la sera ti puoi ritirare davanti al fuoco, mangiare del tuo pane e dormire
sonni tranquilli nella tua casa, per modesta che sia.”
“Hai sempre la risposta pronta, eh? Comunque ti va bene che
lavorar la terra mi è piaciuto, altrimenti…”
“Altrimenti cosa?”
“Niente, dicevo così, per dire”.
I campi erano indorati di grano pronto per essere mietuto,
Geremia lo sapeva perciò non perse altro tempo in discussioni. Si voltò, si tirò
su le maniche e tornò al suo lavoro.
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