Ecco un'altra delle mie storie, spero vi faccia buona compagnia.
Barbara Cerrone
Una
volta un principe prese una cantonata, nulla di male, sono cose che succedono.
Il fatto è che le cantonate dei principi
possono causare molti guai al popolo. Quella volta, però, non fu così.
Il
popolo, come al solito, era affamato, c’era stata la solita carestia, mancava
il pane e anche il companatico. Tutti piangevano miseria, anche i ricchi, ma
solo per evitare che i poveri gli chiedessero soldi.
Insomma,
niente di nuovo per quell'epoca.
Il
principe, che aveva nome Astolfo, tanto per ingannare il tempo fra una carestia
e l’altra decise di muover guerra al re del paese vicino, una buona pasta di re
che aveva nome Odoardo e non gli aveva mai dato grattacapi. Per
vincere la noia e distrarre il popolo dal brontolio dello stomaco vuoto, lo
attaccò come fosse il più feroce dei nemici.
Ed
ecco allora che l’esercito si mosse con a capo il suo giovane signore, in
verità senza troppa fretta, del resto perché correre visto che non c’era nemmeno
il casus belli?
Quando
furono in prossimità del castello nemico il capo delle guardie fece notare al
principe che non era buona creanza attaccare una fortezza senza una
motivazione e che bisognava proprio prendere mano a una pergamena e buttar giù
due righe di spiegazione, tanto per essere in regola, e poi farla leggere al
banditore prima di dare l’ordine di attacco.
Astolfo
convenne che era cosa saggia e di sua mano improvvisò la nota che in poco
tempo giunse sotto gli occhi del real banditore.
Fin
qui tutto bene, ma il guaio c’era e venne subito a galla.
Il
principe a scrivere era un gran somaro: sbagliava accenti, l’acca la dispensava
dove non occorreva e la toglieva al povero verbo avere che in prima persona
finiva per non avere proprio nulla e da verbo si risvegliava congiunzione, di
quelle che disgiungono, direbbe un buon maestro ai suoi alunni.
Era
tale la confusione dello scritto che il povero messo per un istante pensò di
avere un disturbo agli occhi che gli
impediva la giusta visione.
“Udite, udite,” cominciò,”
io, pricipe e reggnante del reggno qua vicino, convinto di agirre per il bene
del poppolo mio, o deciso stamatina di far la guera a voi e sono qui, con armi
e uomini, e vi amazo tuti se non vi arendete. Guai a voi se non fate come o
deto!”
Nessuno,
fra gli uomini, osò dir nulla ad Astolfo che con orgoglio ascoltò il proclama
come se fosse l’opera di un poeta.
Dal
castello nemico, vi stupisce? Giunsero subito delle risa e dei commenti così
salati che il principe, offeso, non si preoccupò nemmeno di dar l’ordine e
attaccò senz'altro la fortezza.
Il
rumore delle armi prestò arrivò fino alla finestrella della giovane e bella
principessa Olivia che proprio in quel momento si svegliava, circondata dalle
sue damigelle.
“Ohimè,
che succede?” chiese la giovane stropicciandosi gli occhi.
“Niente,
“risposero quelle,” è la guerra. Il principe Astolfo attacca la fortezza.”
“Guerra?
Proprio oggi che volevo fare una passeggiata a cavallo fuori le mura!”
“Principessa,
“dicevano le damigelle,” è pericoloso per una bella e giovane ragazza uscire in
un giorno come questo, con tutti quei nemici che si aggirano qui intorno. Vostra madre di certo non lo permetterà, e con ragione. Se
vi rapiscono?”
“Uffa,
io voglio uscire, e chi si è visto si è visto!” si impuntò Olivia, battendo il
tacco delle sue ciabattine.
La
sua ostinazione fece colare giù lacrime e lacrimoni dagli occhi delle damigelle. Niente da fare: la guerra è guerra e quando comincia per fermarla
ci vogliono trattati e ambasciatori, è tutto un gioco di ti do questo se mi dai quello che certo non interessa molto a
una giovane principessa che vuol soltanto fare una passeggiata.
Certe
ragazze, però, sono proprio cocciute e ai loro svaghi non vogliono rinunciare.
Ecco
cosa escogitò la nostra fanciullina per salvare i soliti capra e cavoli e far la
sua passeggiata, in barba al principe nemico e alle improvvise guerre che rovinano
la giornata a una ragazza.
A
dirla tutta non fu una trovata troppo originale, l’hanno fatto tante di quelle principesse
nelle favole, a teatro e perfino nei romanzi ma che volete farci? Anche nelle
fiabe a volte la storia si ripete.
Forse
avete indovinato? Eh, sì: si travestì da uomo. Scelse, è vero, un bel completo
da nobile cavaliere che per colore si intonava con i suoi occhi celesti e con rammarico lasciò nel castello le amate scarpette rosa per infilarsi un paio di
comodi, e maschili, stivaloni.
Nascose
il volto nel mantello, raccolse i capelli in un grande cappello di foggia un po’
antiquata e partì, in groppa al suo cavallo.
Le
damigelle tentarono di fermarla, figuriamoci! Era come cercare di fermare il vento con una
mano. Olivia scappò via, veloce che pareva un fulmine.
Si
inoltrò nel bosco, infilandosi nel suo sentiero preferito, i rumori della
guerra si facevano sempre più forti, lei quasi non se ne accorgeva, presa
com'era dai colori della natura a primavera.
Era così distratta da quello
spettacolo che ad un certo punto si accorse di essersi perduta.
“Fedro,”
disse al suo cavallo,” questa volta l’ho combinata grossa, non so più dove
sono. Se non torno a casa per pranzo i miei mi chiuderanno nel castello almeno per
un mese. Forza, amico mio, aiutami a ritrovare la strada di casa”.
Fedro
nitrì, in segno di assenso, e prese a correre come un forsennato.
Correva
talmente forte che di lì a poco disarcionò la povera Olivia.
“Ah”
gridò la sfortunata ragazza.
Lì
intorno, però, non c’era anima viva. Olivia non riusciva ad alzarsi per il gran
dolore, Fedro stava scappando a gran velocità e a briglie sciolte.
“Fedro,
Fedro, vieni qui!” supplicava Olivia mentre il cavallo era già lontano e non la
sentiva più.
Meno
male che nelle fiabe la soluzione arriva sempre al momento giusto, altrimenti
povera principessa!
Infatti
indovinate un po’ chi passò di lì insieme a un drappello del suo esercito?
Astolfo,
in fuga dall'assedio che gli era andato proprio male.
Vide
Olivia a terra, avrebbe voluto andare dritto per non perder tempo ma il suo onore
di principe non gli consentiva di lasciare nei guai un cavaliere, seppur nemico.
Scese
da cavallo e l’aiutò ad alzarsi, ordinò alle guardie di farlo prigioniero senza
che gli torcessero neppure un capello:
qualcosa in quello sguardo languido e azzurrino gli diceva che era giovane e
indifeso e che proteggerlo era cosa nobile e giusta.
Olivia,
naturalmente, si guardò bene dal rivelargli la sua vera identità, quando il principe le chiese chi era e cosa le era successo inventò la prima storia che le venne in mente,
mascherando più che poteva la voce.
“Cavaliere,
con sommo rammarico devo condurvi con noi,” disse Astolfo,” ci potreste servire
come ostaggio, in caso il nemico ci catturasse. Passerete la notte al mio castello, domattina potrete andarvene, non vi sarà fatto alcun male. Avete la mia parola”.
Olivia
ringraziò e così rassicurata affrontò le nuove traversie con animo sereno,
pensando che, in fin dei conti, si trattava solo di una notte.
Frattanto
Fedro, veloce come il vento, era tornato al castello.
La
regina, circondata da servitori e dame, si era appena messa a tavola e già reclamava
la presenza della sua scalmanata figlia, quando la sentinella giunse tutta trafelata
a riferire che Fedro era rientrato senza il suo nobile fardello sulla groppa.
“Cosa
sento?” fece la principessa.” Mia figlia è uscita con questa guerraccia in
giro? Perché non ne sono stata informata?”
Le
dame si guardarono negli occhi, nessuna aveva il coraggio di parlare,
finalmente la più anziana fra loro si fece animo e disse:
“Abbiamo
tentato di fermarla ma lo sapete com'è la vostra bella figlia, quando si mette
in testa qualcosa...è scappata senza darci il tempo di avvertirvi. Non volevamo
spaventarvi, dato che ormai era uscita. Speravamo che tornasse sana e salva”.
“Speravate?”
urlò la regina.” Siete delle sciagurate e avrete quel che meritano le sventate come
voi. Guardie, chiudetele per tre giorni e tre notti nelle loro stanze, che
riflettano sul guaio che hanno combinato! Povera la mia bambina, chissà in
quali mani si trova?”
La
regina era disperata, e quando si disperava cominciava a piangere e consumava
decine e decine di fazzoletti bianchi di batista. Per lei non era nulla, la
lavandaia, invece...no, non distraiamoci. Torniamo nel bosco a vedere cosa
combinano Astolfo e Olivia, travestita da cavaliere.
Avevano
già oltrepassato il confine, la principessa più guardava il suo nemico e più
constatava che aveva dei begli occhi e un portamento nobile e fiero. Astolfo, dal canto suo, più fissava lo sguardo
su quel volto di giovane uomo più lo trovava bello e pensava che se fosse stata
una ragazza di sicuro se ne sarebbe innamorato.
Per
scacciare questi pensieri ecco che cosa si inventò il nostro principe, convinto
fosse un colpo di genio.
Astolfo
aveva una sorella di nome Arianna.
Per
lei si erano scomodati i più bei principi dei regni vicini e lontani senza che
nessuno fosse mai riuscito a far breccia nel suo cuoricino volubile. Quei
nobili signori erano stati tutti rispediti al mittente, con tante scuse e senza
appello né speranza alcuna.
“E
se io le proponessi questo cavaliere? Mariterei la mia capricciosa sorellina e
farei la pace col nemico, visto che ormai la guerra è andata male mi conviene”.
L’idea
gli sembrò così buona che non ritenne di dover perdere altro tempo.
Giunto al castello fece chiamare subito la sorella.
“Arianna,”
disse accostandosi al suo orecchio, “che te ne pare di questo cavaliere? Mi
sembra bello, e gentile. Di sicuro viene da una famiglia importante.”
“Uhm,
“rispose quella storcendo un po’ il naso,” non è male ma fammici riflettere che
oggi non sono molto disposta a fidanzarmi.”
“Tu
non sei mai disposta, ecco il guaio! “
Arianna
guardò di traverso fratellino e principe, poi però osservò meglio Olivia e pensò
che tutto sommato non era male, anzi, era il più bel pretendente che le fosse
mai capitato.
“Astolfino
mio, se devono essere nozze combinate che allora siano combinate bene. Mi
piace, o almeno non mi dispiace troppo. Lo sposerò, se lui mi vuole”.
Il
principe non stava più nella pelle dalla gioia, avvicinò Olivia quatto quatto e
provò a sondare il terreno, ovvero cercò di capire se la sua sorellina piaceva
a quel bel ragazzotto.
Potete
immaginare la nostra principessa, non sapeva proprio come cavarsi d’impaccio. Che
fare? Dire di sì non le piaceva affatto, lei voleva un bel ragazzo, casomai. Rifiutare
era pericoloso, era pur sempre prigioniera di un nemico. E se l’avesse presa male? E se l’avesse fatta
giustiziare?
“Dirò
di sì, “pensò,” e poi cercherò di scappare perché se mi scoprono passo davvero
un brutto guaio”.
Il
principe, felicissimo, fece subito un bando (lo scrisse il ciambellano altrimenti
sai che pasticci) per dar la bella notizia ai sudditi, e inviò un messo al re
nemico.
Peccato
che quel messo sfortuna volle fosse fatto prigioniero proprio da Odoardo,
ancora a caccia di Astolfo in mezzo ai boschi del suo amato regno.
Provò,
il meschino, a dire che portava la notizia di un matrimonio regale fra la
principessa Arianna e il giovane figlio del re ma fu dichiarato bugiardo e
incarcerato nelle segrete umide e buie del castello.
“Di
quale giovane figlio parli, io ho una figlia, Olivia!” gridava Odoardo mentre i
suoi armigeri buttavano via la chiave della cella.
Anche
Olivia era prigioniera, chiusa nella sua camera al castello.
“Perché non si sa mai, “pensava Astolfo,”
potrebbe ripensarci e scappare, e allora addio matrimonio”.
In
certi casi non si scherza mica!
Passarono
tre giorni, si avvicinava la data delle nozze e del messo nessuna notizia.
“A
quest’ora dovrebbe essere già qui con la risposta del re,” diceva Astolfo al
suo consigliere,” gli deve essere successo qualcosa, invierò qualcun altro”.
E
così fece.
Anche
alla corte di Odoardo c’era grande agitazione, il re e la regina erano in ansia
per la l’amata figlia scomparsa ormai da giorni.
“Mia
figlia è stata rapita, ne sono certo,” disse infine il sovrano ai suoi
consiglieri,” di sicuro sono stati gli uomini di Astolfo. Incaricherò uno dei miei
ambasciatori di trattare la sua liberazione. Ci sarà un riscatto da pagare,
immagino. E noi lo pagheremo. Tutto, pur di riavere la mia piccola Olivia”.
I
consiglieri, fedeli al loro ruolo, consigliarono. E consigliarono così: che il
re facesse pure, che pagasse tutto quel che voleva, purché tornasse la pace nel
palazzo, e con la pace i banchetti che tanto avevano allietato il loro
soggiorno a corte fino a quel momento.
E
Olivia?
Sempre
chiusa a chiave, che passeggiava su e giù per la stanza, studiando una via di
fuga che non c’era.
“Qui
la faccenda si fa parecchio seria,” mormorava,” se questi mi scoprono mi
giustiziano senza che possa neanche aprir bocca. Oh, povera me in che guaio mi
sono messa per uscire a cavallo con una guerra di mezzo!”
In
quella, eccoti Astolfo venuto a chiederle come stava, se si trovava bene nella
sua stanza, se il letto era comodo, il cuscino morbido, la vista gradevole, i
pasti gustosi, la servitù gentile…uh, non la smetteva più di far domande.
“Va
tutto bene, “rispose la principessa un po’ seccata,” di certo andrebbe meglio se io
fossi libera di tornare dai miei per annunciare personalmente il matrimonio. E
poi, diciamolo, non si è mai visto uno sposo prigioniero!”
Astolfo
convenne che non era bello chiudere a chiave un promesso sposo, tuttavia
esitava ancora a fidarsi.
“Non
vorrei perdere un pretendente proprio ora che ho convinto mia sorella a
sposarsi” disse piegando il capo.
“Ritornerò,”
promise Oliva solennemente,” la mia parola è sacra, sono figlia…ehm, volevo
dire…figlio di re, dopotutto”.
Astolfo
tentennava, dubitava, rimuginava.
Alla
fine decise che era giusto. E dai! Il figlio di un re, anche se nemico, come
promesso sposo ha bene il diritto di essere libero, suvvia!
“Correrò
il rischio, voglio fidarmi. Vai, e torna presto, mia sorella si è davvero
invaghita di te e non sopporterebbe una tua assenza troppo a lungo”.
La
principessa non se lo fece ripetere, si congedò con mille moine da Arianna e se
ne andò felicemente a casa sua.
Che
cos'è quella cosa che ti chiude lo stomaco anche se non hai mangiato, che ti fa
volare o precipitare per uno sguardo, ti riempie il cuore di gioia o lo ferisce
a morte? Come? Una freccia? Un pugno? No! L’amore!
La
principessa, correndo come il vento sul cavallo di Astolfo, all'improvviso si
scoprì innamorata. Non poteva far a meno di pensare che tornando dai suoi
lasciava quel meraviglioso Astolfo, il più bello, il più dolce, e va be’ anche il più asino (in fondo che importava?) dei principi. Il suo amore. Lo aveva salutato
solo pochi minuti prima e già le mancava.
Ormai
ne era certa, lo amava. A questo punto doveva dirgli tutto, svelargli di essere
una giovane donna e non un ragazzo. Come avrebbe reagito il principe? E se non
le avesse perdonato l’inganno? E se non gli fosse piaciuta?
Pensieri
che l’angosciavano, non la rasserenò neppure la vista del suo amato palazzo. L’amore,
cari miei, non perdona.
Olivia
andò subito a confidarsi con mammà.
Quando
sua madre seppe che aveva sotto il suo stesso tetto una figlia innamorata del
principe nemico le si drizzarono i capelli in testa, le uscirono gli occhi
dalle orbite, le si piegarono le gambe e solo dopo tutte queste scene si decise
finalmente a svenire. E che! Non ci si faceva più a sopportar tutta quella
manfrina.
Un
volta svenuta fu necessario portarla a braccia sul suo letto (era pesante, la
sovrana) dove restò per molti e molti giorni lagnandosi a gran voce del
destino, della sfortuna e del cattivo cibo, colpa della nuova cuoca che in
cucina proprio non ci sapeva fare.
Sentire
i sospiri della figlia che arrivavano alle sue nobili orecchie fin dal giardino
non l’aiutava di certo a star meglio.
A
un certo punto una non ce la fa più.
“Mio
re, mio sposo, Odoarduccio caro. Io sono stremata, bisogna farla sposare quella
figlia o io impazzirò. Le piace quello sgallettato del principe Astolfo? Che se
lo sposi e peggio per lei, vuol dire che faremo una pace speciale, di quelle
che durano il tempo che durano. Fino alla luna di miele, almeno.”
“Moglie
e sovrana,” rispose il re strabuzzando gli occhi,” mi interpelli solo ora per
una questione di tale importanza? Perché non me l’hai detto subito? Avrei
estirpato la radice del male dalla testolina della nostra bambina, giuro che
l’avrei fatto. Ora temo che sia tardi, Oliviuccia è confusa e in grande
agitazione. Pensavo fosse a causa del rapimento ma mi rendo conto che c’è di
peggio, al mondo. Imparentarsi col nemico.”
“Andiamo,
su, non vedi come soffro? Meglio assecondarla, tanto gli innamorati son come i
pazzi, non ci si ragiona.”
“In
questo non hai torto, moglie. Noi per fortuna siamo guariti da un pezzo e
ragioniamo. E sia, che lo sposi. Un momento, però, siamo sicuri che anche lui
la vuole? Ha chiesto la sua mano?”
“Uh,
già, dimenticavo. Lui non sa nulla, la crede un ragazzo e vuole farle sposare
la sorella.”
“Che,
che? No, guarda, a questa matassa io non metto mano. Arrangiati, e fammi
sapere quando avrai risolto che devo aprire il forziere per pagare le spese
delle nozze e buttar giù la dichiarazione di pace “.
E
se ne andò per i fatti suoi, ovvero a pesca nel laghetto del parco reale,
insieme al ciambellano, al primo ministro e a quattro cani.
“Uomini!
Quando ti servono se ne vanno a pesca” esclamò la sovrana alzandosi finalmente
dal letto di dolore.
Intanto
Olivia meditava di tornare dal suo amore.
“Ho
promesso di tornare e tornerò, ma certo non come promesso sposo di Arianna. Mi
mostrerò per quella che sono e sia quel che sia, non posso più nascondermi se
voglio il mio Astolfo devo rischiare. Si tratta solo di sfuggire al controllo
delle guardie, da quando sono stata liberata mio padre me le ha messe alle
calcagna, bisogna liberarsene al più presto e poi via, dal mio amore”.
La
madre la sorprese in queste elucubrazioni.
“Olivia,
tesoro di tua madre, che farfugli? Devo darti una bella notizia. Tuo padre ed
io abbiamo deciso di far la pace con Astolfo e per suggellarla gli concederemo
la tua mano.”
“Oh,
madre, grazie. Come sono felice!” cinguettò Olivia.
“Sempre
che lui la voglia.”
“Uh,
uh, uh!” piagnucolò la principessa, e continuò a piagnucolare tutto il giorno.
La
madre però non l’ascoltava più, presa com'era dai preparativi. Eh, già, perché
le nozze erano imminenti e non poteva certo farsi cogliere impreparata.
Quanto
al principe, se l’avesse rifiutata, nella sua testa coronata si era già fatta
strada la soluzione. Un bel processo e via. Chiuso in una segreta, finché non si fosse
ridotto a più miti consigli.
Fu
inviato un ambasciatore a proporre pace, e matrimonio a suggellarla. Portava
con sé doni preziosi: oro, argento, pietre rare. Argomenti convincenti, insomma,
o così pensava la regina.
Non
Astolfo, che saputa la verità prese l’ambasciatore per il bavero e gli disse,
con poco garbo, di tornare da dove era venuto.
Come
faceva ora a dirlo alla sorella che il suo promesso sposo era una ragazza e
casomai avrebbe potuto diventare la sua sposa? Sai la confusione? Eh, no, non
la passava liscia re Odoardo, e nemmeno la sua spiritosa figliola che si era
presa gioco di un principe come lui, e della sua suonatissima sorella.
Nossignori! Bisognava lavare l’onta con…con…con qualcosa, ecco. Ora non gli
veniva in mente niente ma di sicuro un’idea per lavarla, l’onta dico, prima o
poi gli sarebbe venuta.
Passeggiò
lungamente nel real parco, sempre riflettendo sulla cantonata che aveva preso scambiando
una principessa per un principe, e sul modo di dire alla sorella che il
matrimonio non si faceva più.
Concluse
che era più facile trovare un detersivo per l’onta che spiattellare la faccenda
alla Ariannuccia sua.
“Glielo
farò dire dal messo, lui è bravo in queste faccende. Io me la squaglio, vado da
re Odoardo a dirgliene quattro e già che ci sono sistemo anche la figlia. Mi
sentiranno, ah, se mi sentiranno! E soprattutto io non sentirò mia sorella”.
Fuggì
di gran corsa dal palazzo, non senza prima aver istruito sul da farsi il povero
messo che lì per lì non capiva, o non voleva capire. Poi Astolfo gli fece intravedere
il gabbio all'orizzonte e quello si convinse che era un piacere.
Non
mise tempo in mezzo e si recò nelle principesche stanze della donzella,
altrimenti detta Arianna, per darle il triste annuncio (il nostro eroe indossava
prudentemente un’armatura).
Ciò che successe al messo in quell'occasione non importa. Vi basti sapere che dopo il
lancio di molti oggetti, alcuni dei quali preziosi, in verità, Arianna si
placò. E si placò al punto che volse gli occhioni verdi in un'altra direzione.
Spuntarono cuoricini nel suo sguardo, e fu amore. Per il messo. Per chi
credevate? Sai com'è, i pretendenti erano finiti, che poteva fare? Si
accontentò, e poi il messo non era affatto male, proveniva da una nobile
famiglia, faceva il messo così, tanto per far qualcosa, non gli piaceva la vita
da signorino che conducevano gli altri giovani di rango come lui. Che dire? Un
precursore. Di altri. Tempi. Perdonate le pause.
E
Arianna l’abbiamo sistemata.
Ora
pensiamo al prode Astolfo.
Entrò
come un uragano nel palazzo di Odoardo, non si fece nemmeno annunciare.
La
sala del trono era piena di ninnoli, fronzoli, pergamene, stoffe. Un bazar.
La
regina era seduta in mezzo a questa confusione insieme a due damigelle e
confrontava con aria da esperta alcune pezze di raso e seta. Sembrava molto
indecisa.
“Regina,”
esordì urlando Astolfo, “io protesto vivamente per l’affronto che
mi è stato fatto dalla principessa Olivia, e voglio soddisfazione!”
“Suvvia,
principe mio, che affronto ha fatto mai quella povera fanciulla? Un gioco,
ecco. Si era travestita da uomo per uscire a cavallo senza troppi rischi,
converrete che per una ragazza sola il mondo ha molte insidie. Che poi vi siate
incontrati è stato un caso. Cosa poteva fare? Sapeva di aver davanti un nemico,
ha avuto paura e non ha detto chi era veramente. Si può capire, no?”
“Sì,
ma…” balbettò il ragazzo che già non trovava più argomenti per attaccare.
“Che
succede qui?” chiese la principessa Olivia, accorsa alle sue grida.
“Succede
che…che…che?” borbottò Astolfo, confuso.
La
principessa aveva i lunghi capelli color carota sciolti sulle spalle e un
vestito azzurro come il colore dei suoi occhi. Un’apparizione. Il colpo di
fulmine era nell'aria, la freccia di Cupido pronta ad uscire dalla faretra.
Insomma, con uno sguardo Astolfo si innamorò.
Olivia
vide il principe e diventò tutta rossa, il che donò al suo viso l’aspetto
fresco di un pomodoro maturo.
“Principessa
Olivia io…” riuscì solo a dire Astolfo, il resto della frase gli morì in gola
per l’emozione.
“Via,
ragazzi, si vede bene che siete fatti l’una per l’altro. Il principe è venuto
qui di persona per chieder la tua mano, non è vero?” disse la madre strizzando
l’occhio al futuro genero.
“Sì,
ecco, io stavo appunto parlando alla regina madre di questa mia intenzione”.
Olivia
svenne.
Oh,
sì ma rinvenne quasi subito, e in un istante fu con la madre a sceglier stoffe,
damigelle e menu per il gran giorno.
Astolfo
per il momento fu lasciato a tirar dadi con un paggio, in quel momento Olivia
non se ne poteva occupare, aveva una cerimonia da organizzare.
Per
lui ci sarebbe stato tanto tempo. Tutto il tempo di un lungo matrimonio.
Bene, abbiamo finito, credo. No, che sbadata, scusate!
Dimenticavo:
e vissero felici e contenti!