Modulo di contatto

Nome

Email *

Messaggio *

martedì 26 novembre 2019

Una minaccia mortale



I guai non sono finiti nella splendida valle di Viridia...




Una minaccia mortale
Barbara Cerrone


A Viridia, un tappeto di petali di fiori  accolse lo sciame al suo ritorno dalla battaglia.
Il capitano Herb corse ad attenderle nel prato grande  dove si era già radunata una folla di entusiasti viridiani che sventolavano la verde bandiera della valle.
“Mie care, mie eroiche cittadine di Viridia, “esordì il capitano,”ancora una volta dobbiamo a voi la nostra salvezza.Grazie, grazie a nome di tutta la valle”.
Le api fecero le modeste  e non si misero a svolazzare qua e là, in trionfo, come certe api di loro conoscenza che per un nonnulla si pavoneggiavano come dive del cinema, no! Loro furono modeste, si accontentarono di un po’ di nettare e poi via in alveare, a far miele da brave operaie.
La valle tornò presto alle sue normali attività, solo il capitano non si era ancora tranquillizzato del tutto.
“Non mi convince, “ confidò ai soliti Pouli e Ailuro, “ la spedizione delle api è andata bene ma quell'uomo non si arrenderà così facilmente, si vendicherà, lo sento. Dobbiamo tenerci pronti a tutto. State in campana, mi raccomando. Orecchie aperte, capito?”
Pouli e Ailuro fecero segno di sì anche se in cuor loro pensavano che Herb fosse un tantino esagerato.
“Pessimista, sempre pessimista, il nostro Herb” sentenziò Ailuro che non aveva voglia di far  la guardia anche quella notte.
“Dovremmo festeggiare, altro che far la guardia” disse a Pouli che gli girava intorno, nervoso.
“Invece penso che abbia ragione, “ rispose Pouli,” il capitano sa quel che dice e poi è vero, Capelli di neve non è tipo da rinunciare così. Stai attento, stanotte.”
Ailuro fece spallucce e se ne andò verso casa, Pouli invece, poiché Herb gli aveva messo la classica pulce nell’orecchio, si diresse verso la città per raccogliere notizie sulle intenzioni del nemico.
Quel che sentì, nascosto dietro una persiana dell’ufficio di Capelli di neve, gli fece venire i brividi.
“Allora intesi?” diceva una voce maschile.” Il capo vuole che andiamo là domattina presto e diamo fuoco a tutto. La valle deve bruciare, capito? Nessuna pietà o se la prenderà con noi.”
“Ma proprio bruciare? E i Viridiani? Moriranno tutti!” protestava l’altra voce maschile.
“Non ci riguarda, o noi facciamo come dice il capo o siamo fritti, lo sai. Quanto ai viridiani...si salvi chi può”.
Pouli non perse tempo, corse, anzi, volò a raccontare tutto al capitano.
“Questa volta è davvero la fine, “ disse Herb con il nodo alla gola,” non c’è altro da fare, dobbiamo fuggire, e alla svelta. Ce ne andiamo, ha vinto lui.”
“Ma..capitano..” provò a protestare Pouli.
“No, troppo rischioso e troppe vite in gioco. Si fanno i bagagli, ho deciso.”
“Almeno convochiamo il Gran Consiglio e mettiamolo ai voti!” insisté l’attendente Pouli.
“Non c’è tempo, evacuare tutta la popolazione in una notte sarà già un’impresa pazzesca, dobbiamo cominciare subito. Vai a dire al messaggero di proclamare l’allerta e il Fuggi Fuggi generale”.
Pouli fece per uscire ma la signora Herb lo fermò.
“Pouli, aspetta, non andare. Marito mio, secondo me è un errore fuggire: dove andremo?  A cercare  un’altra valle dalla quale magari altri come Capelli di neve un giorno ci faranno scappare? Abbiamo ancora il nostro esercito, mandiamo le api in missione. Sono addestrate, sono certa che ci salveranno anche questa volta. “
“E se invece dovessero fallire, che ne sarà di noi?” chiese Herb .
“Non lo so ma so cosa sarà di noi se ci lasceremo scacciare da qui. Saremo per sempre un popolo in fuga, ecco cosa saremo. Pensaci”.
Herb tentennò ancora un poco, sua moglie non aveva torto, lui non aveva torto, Pouli non aveva torto. Ma, insomma, se tutti avevano ragione, allora...che si doveva fare?
Dopo aver tentennato e dubitato per una buona mezz'ora, Herb alzò la testa, guardò negli occhi  Pouli e disse:
“Chiama le api”.
Pouli non stava in sé dalla gioia, e quasi andò a sbattere contro la porta uscendo come un razzo dalla casa.





lunedì 18 novembre 2019

Viridia- Attacco al nemico


Ecco il terzo capitolo.
A breve il prossimo.




Attacco al nemico



Ailuro gironzolava qua e là, guardandosi intorno con aria annoiata.
Ripensava con nostalgia ai bei tempi in cui nessuno minacciava la valle e la notte poteva dedicarsi alla contemplazione delle stelle senza pensare ad altro. Era appassionato di astronomia, gli piaceva riflettere sull'immensità dell’universo; da quando era cominciata quella brutta storia di Capelli di neve e doveva stare attento a ogni rumore, a ogni ombra che si avvicinava a Viridia non era più riuscito a osservare il cielo con la stessa intensità, distratto com'era dal suo dovere di sorvegliante.
Si stava giusto chiedendo se quella notte sarebbe stata abbastanza tranquilla da permettergli di guardare in pace il cielo quando vide arrivare una grossa berlina nera.
Ne scesero due uomini che  si misero a parlare poco distante da lui, uno era uno spilungone dai capelli rossi e lo sguardo perso nel vuoto, l’altro era più piccolo e grasso, calzava un cappello scuro che si tolse poco dopo scoprendo una gran massa di capelli color della neve. Era proprio lui, il nemico.
La sentinella Ailuro drizzò le orecchie e si mise subito  in ascolto nascondendosi dietro a un cespuglio.
“Amico mio quelle api hanno fatto un bel danno, stamani. Ho dovuto pagare i miei operai per non far niente. Comunque ho già in mente la soluzione, farò spargere insetticida sul loro stramaledetto alveare e ciao, addio sciame!”
“Mi sembra un’ottima idea, “ fece lo spilungone,”quando?”
“Dopodomani, all'alba. Domani gli operai sono occupati da un’altra parte.  Guarda, Pietro, guarda questo posto: è per-fet-to per farci una pista di atterraggio, non trovi? Non vedo l’ora, amico”.
I due fecero un breve giro intorno, poi salirono di nuovo sull'auto e se ne andarono.
Ailuro non trovava le parole per  dare la terribile notizia al comandante: insetticida contro le api, contro le loro soldatesse! Bisognava correre subito a informare Herb, allertare tutti e Ailuro corse, corse come una lepre.
Bussò così forte alla porta del capitano che a momenti la sfondava.
“Chi è che butta giù la porta a quest’ora? Ailuro! Per caso sei impazzito?“
“Capitano, capitano....arf, arf...all’apicidio! Oh, scusi, ho corso tanto che non ho più fiato, arf. Una cosa terribile, capitano. Ho visto due uomini, uno era  certamente Capelli di neve e diceva all'altro che per risolvere il problema delle api vuole spargere insetticida sull'alveare, capisce? Dopodomani, all'alba.”
“Che, che, che? Orrore! Delitto! Le mie soldatesse, come osa? Presto, raduna subito il Gran Consiglio, che vengano tutti qui, tirali pure giù dal letto se dormono e di’ loro che il momento è grave e che facciano poche storie”.
Il Gran Consiglio si riuniva solo nelle grandi occasioni, che di solito erano feste o celebrazioni di ricorrenze particolari, questa era la prima volta che veniva convocato per un’emergenza.
Era composto dal solito Pouli, dall'ape regina e dai notabili della valle, oltre che dal nostro capitano Herb, naturalmente. Presidente onorario era l’Esimio Responsabile che quella notte sarebbe stato rappresentato da Herb.
Quando tutti i membri del Gran Consiglio furono radunati nel suo salotto buono, il capitano iniziò il suo discorso.
“Mie cari, come dicevo prima al buon Ailuro, il momento è grave. Mi è stata appena riferita la nuova mossa del nemico. Si vuole spargere insetticida sull'alveare!”
“Ah!” gridarono tutti in coro.
La regina delle api svenne, sostenuta da Pouli e da un notabile.
“Dell’acqua, dell’acqua, spruzzatele un po’ d’acqua, “ diceva Herb, “ che si riprenda presto, deve sentire la mia proposta”.
La povera regina, dopo una doccia fredda che le lasciò le ali bagnate per tutta la notte,  riprese finalmente conoscenza .
“Allora, “ continuò il capitano, “ ragazzi miei non vedo alternative, bisogna precederli. Attaccheremo per primi. Le nostre api partiranno domani stesso per la città e porteranno l’offensiva direttamente nello studio del malefico nemico, perché è lì che  Capelli di neve passa quasi tutta la giornata.”
“Oh!” fu la risposta unanime degli astanti.
La regina obiettò che per far questo le api avrebbero dovuto sorvolare il deserto, con il rischio che questo comportava, ma Herb fu irremovibile.
“Lo so, “disse,” ma non vedo altra scelta, le api sono la nostra unica difesa. Dica loro di partire per la città domattina, alle otto in punto. Se  il vento sarà favorevole arriveranno alle nove e trenta precise. Il nostro nemico di solito si presenta in ufficio a quell'ora e noi gli faremo l’accoglienza che merita. Non  le nascondo che quel vigliacco potrebbe usare l’insetticida per scacciarle, perciò che stiano molto attente”.
La regina tentò ancora di opporsi, svenne altre due volte, pianse, offrì miele a tutti: il capitano fu irremovibile e per evitare altre proteste e lagne varie dichiarò subito  chiusa la seduta, mandando tutti a nanna e buonanotte.
La mattina seguente, alle otto precise, il commando delle api partiva  in pieno assetto di guerra, diretto in città.
Il volo andò bene, vento favorevole, tempo buono. Attraversarono il deserto con una certa tranquillità, la regina era rimasta a casa ma prima della partenza aveva ordinato al suo sciame di bagnarsi bene nel ruscello sotto l’alveare, in modo da sopportare meglio il caldo del deserto e  la mancanza d’acqua.
Le api furono in vista dell’obiettivo alle nove e venticinque precise,  l’ufficio del nemico era a pochi minuti di distanza.
Konia, la città, era un agglomerato di case e palazzi nuovissimi che affacciavano su strade larghe e trafficate. Non c’era nemmeno un  parco, né un filo di verde, solo cemento e asfalto
Gli abitanti  camminavano sempre a testa bassa con le facce grigie e immusonite,  raramente vedevano chi gli passava accanto.
Quella mattina, però, non poterono fare a meno di guardare in alto.
Un bzzz sconosciuto fece alzare lo sguardo a un vecchio, uno che era stato contadino prima di trasferirsi in città a cercar fortuna e che quel bzzz lo aveva sentito tante volte, quando viveva in campagna.
Notò una specie di nuvola nera nel cielo che si spostava velocemente, inforcò  gli occhiali da presbite e le vide: un  intero sciame di api che sorvolavano quel cielo plumbeo dirette a nord.
“Guardate, “ gridò il vecchio, “ api! Chissà dove vanno? Qui non se n’erano mai viste”.
Uno ad uno,  i passanti alzarono gli occhi al cielo e rimasero a fissare l’incredibile spettacolo con il naso all'insù.
Per qualche minuto si creò un ingorgo nel già ingorgato traffico del centro; intervenne un vigile.
“Circolare, circolare, non c’è niente da vedere. Sono solo api” disse invitando la gente ad abbassare lo sguardo in modo da vedere dove metteva i piedi.
Anche i clienti del bar Il caffettino avevano gli occhi puntati al cielo.
“Mino?”
“Uh?”
“Vedi quel che vedo io?
“Non lo so, tu cosa vedi?”
“Uno sciame di api che attraversa la città.”
“Uno sciame di api qui? Hai le traveggole.”
“Guarda, allora.”
Mino alzò gli occhi al cielo.
“In effetti...”
“Che ti avevo detto?Api.”
“Ma se  non c’è nemmeno un fiore, che ci fanno qui?”
“Saranno di passaggio.”
“Non sono mica uccelli migratori.”
“Magari vanno in vacanza, che ne sai?”

Proprio in quel momento nell'ufficio di Capelli di neve era in corso una riunione per discutere dei lavori nella valle.
“Capo, per me è meglio cominciare fra una settimana, secondo le previsioni pioverà nei prossimi giorni” disse un omino piccolo e grasso che tutti chiamavano Tappo.
“Pioggia o non pioggia io voglio cominciare i lavori, “ fece Capelli di neve  alzandosi sulle punte dei piedi, “ hai bene inteso? Voglio cominciare subito i lavori. Sono stufo di aspettare, prima cominciamo prima la mia pista di atterraggio sarà pronta. La pioggia di questa stagione non fa male, anzi, così si lavano, quei caproni!“
“Ma capo, “ provò a ribattere Tappo.” Gli operai lavorano male con la pioggia, c’è il fango...”
“.. poche storie! Qui comando io e io ho deciso che i lavori inizieranno dopodomani  al più tardi, ci  siamo capiti? Oppure vi  licenzio tutti, parola mia. Adesso fatemi vedere la relazione dei tecnici, ma prima aprite un po’ la finestra, si soffoca qua dentro”.
 Con la finestra aperta il trambusto provocato dall'arrivo dello sciame entrò nella stanza, insieme alle api.
Prima ancora che Capelli di neve  se ne rendesse conto,  le pungiglionute avevano già invaso l’ufficio e si erano  posate su di lui e su tutto il suo staff, ma senza pungerli.
Sembravano incollate ai loro corpi.
Restarono così, immobili, per qualche interminabile secondo mentre  Capelli di neve e i suoi tremavano di paura; quando ritennero che fosse abbastanza,  le pungiglionute si alzarono di nuovo in volo  e “Bzzz, bzzz, bzzzzzz!!” gridarono  prima di uscire, che significava:
“ Oggi ci siamo accontentate di darvi un avvertimento  ma se insistete a minacciare Viridia la prossima  volta vi  gonfieremo di punture come palloni!”
Detto ciò, in perfetto ordine  come un vero plotone, uscirono tranquillamente da dove erano entrate, cioè dalla finestra.
Appena  se ne furono andate,  Capelli di neve, si affacciò alla finestra urlando come un pazzo:
“Vigliacche, ve la farò vedere io! Distruggerò Viridia, parola mia!”
Ma le api erano già lontane e non potevano più udire le sue minacce, col pensiero erano già a Viridia, a ristorarsi col delizioso nettare dei suoi bellissimi fiori.



























lunedì 11 novembre 2019

Viridia- Esercito alato


Continua la storia di Herb e i suoi amici.
Buona lettura.






Esercito alato
  Barbara cerrone


Pouli trovò le api sprofondate nel sonno,  per svegliarle fece più fatica di quella volta in cui l’Esimio, mentre stava andando via dopo la solita ispezione, cadde in un fossato e lui fu costretto a tirarlo su tutto da solo perché Herb aveva  una lombaggine che lo inchiodava  a letto, e gli altri viridiani schiacciavano il solito pisolino pomeridiano.
Fu altrettanto difficile mantenerle sveglie durante il tragitto dall'alveare alla casa di Herb, Pouli avrebbe sudato le classiche sette camicie, se ne avesse avuta una.
Il capitano Herb li accolse con grande trepidazione.
“Oh, eccovi  finalmente. Ma che avete?”chiese  rivolto alle api.”  Mi sembrate imbambolate.”
Le pungiglionute  risposero con un debole bzzzz .
“Tutto qui, ragazze? Potete fare di meglio. Andiamo, mie prodi, datemi un  vero bzzz!”
BZZZZ!”
“Ecco, ora sì che vi riconosco. Api di Viridia, voi siete il nostro esercito, il destino della valle è nelle vostre mani. Il nemico è alle porte: andate e scacciatelo dalla nostra verde valle”.
Sferzate dal discorso del comandante (e dagli spruzzi d’acqua che Pouli  lanciava loro addosso) le api finalmente  si riscossero e partirono all'attacco del nemico.
Frattanto gli operai mandati da Capelli di neve stavano già avanzando in direzione della valle.
“Giò?”
“Eh?”
“Giò,  io dico che  è in arrivo un altro temporale.”
“Ma se c’è il sole!”
“Lo so ma non vedi quella nuvola nera che viene verso di noi? “
“Quale nuvola nera? Quella non è una nuvola, quelle sono...Api! Corri , Mario, scappaaa!”
Il nemico in fuga è sempre un bello spettacolo, il capitano Herb lo osservava compiaciuto dalla sua dolce dimora invasa dal profumo di sformato.
Le api, al ritorno dalla spedizione, volarono  subito a  far rapporto al capitano.
“Bz, bz, bzzz” fu tutto quello che dissero, ma fu abbastanza.
Il capitano Herb si complimentò per circa un quarto d’ora con le sue eroine, poi fece loro un bel discorso che più o meno si può riassumere così:
“Brave le mie soldatesse  ma badate, abbiamo vinto una battaglia, non la guerra. Il nemico tornerà,  non possiamo abbassare la guardia. E adesso rompete le righe e  prendetevi il meritato riposo”.
Le api non se lo fecero ripetere,  prima volarono di fiore in fiore  per riempirsi la pancia di nettare fresco e poi via a nanna, a rinfrancare le ali stanche per la fatica della battaglia.
Mentre lo sciame si riposava, il capitano, fra un boccone e l’altro di sformato, si prodigava nel dare ordini al solito Pouli.
“Pouli, mi raccomando, vai subito a casa di Capelli di neve e cerca di scoprire quale sarà la sua nuova mossa  e...e...e cerca Ailuro, assicurati che si svegli in tempo per il turno di notte. Digli che se invece di sorvegliare si mette a guardare il firmamento o a fare il cascamorto con Sofia gli tolgo la paga per una settimana intera e...e...e...insomma vai, poi ti dirò il resto”.
Ailuro, ignaro dell’accaduto, stava facendo un sogno assai bizzarro.
Sognava di essere passato al servizio di Capelli di neve il quale, però, dopo averlo usato per i suoi scopi lo abbandonava alle ire del comandante e dell’Esimio i quali poi lo costringevano a pulire formicai a pancia vuota, e più ne puliva più gliene davano da pulire.
Si svegliò tremando di terrore: che incubo tremendo e che fame! La pancia vuota non era un sogno, Ailuro se ne rammaricò parecchio perché si ricordò di non aver fatto la spesa quel giorno,  la dispensa languiva come il suo stomaco  in attesa di rifornimento.
“Prima di cominciare il turno dovrò ben mettere qualcosa sotto ai denti” si disse, e pur pensandoci non gli venne in mente niente di meglio che bussare alla porta del capitano, perché da lui  qualche cosa da mandar giù si trovava sempre.
Strada facendo  incontrò Pouli.
“Eccoti, ma dove stai andando?” chiese Pouli.” Non lo sai? Abbiamo  respinto il primo attacco del nemico. Grazie alle api. Il comandante ti manda a dire di stare molto attento stanotte, non si prevede che tornino col buio ma stai comunque all'erta e riferisci tutto ciò che vedi e che senti. Il capitano ti manda a dire anche...”
“Oh, basta, ho capito! Piuttosto, il capitano avrà qualcosa da mettere sotto ai denti? Ho fame e non ho fatto la spesa.”
“Ti pare questo il momento di disturbarlo? Vieni con me, ti do io qualcosa da mangiare“.
Pouli si trascinò dietro quel pigro fannullone perditempo scansafatiche mangia - pane- a –tradimento trippanzone nonché simpatica canaglia di Ailuro e lo rimpinzò di polpette al rognone fino a che, saziato, quel perdigiorno non se ne tornò a casa a schiacciare un altro pisolino prima di cominciare il turno di notte.
Lo svegliò il canto della civetta Augusta:  precisa come un orologio svizzero, era la sveglia più affidabile della valle.
Ailuro si stiracchiò, fece un bello sbadiglio e poi via a far la guardia a Viridia e ai suoi abitanti immersi nel sonno dei giusti.



























domenica 3 novembre 2019

Viridia


Ci sono luoghi dei quali non si dovrebbe mai turbare la pace. Vi racconto la storia di uno di questi.
A voi la prima parte di






VIRIDIA
Barbara Cerrone




Arriva il Grande Responsabile!




Nella vallata di Viridia un violento temporale ha spettinato le margherite.

“Le nostre margherite hanno le corolle tutte arruffate, capitano Herb!”
“Oh,  disdetta, disdetta! Peggio del vento di due giorni fa?”
“Peggio. E come se non bastasse oggi il Grande Responsabile passerà in rivista i fiori, capitano.”
“Già, dimenticavo! Sbrigatevi, pettinate tutte le corolle e raddrizzate gli steli. Che non succeda come quella volta che le trovò in disordine e ci  mise  tutti a pulire i formicai.”
“Subito, capitano!”
Il piccolo attendente Pouli  si  dileguò all'istante, lasciando il capitano alle sue riflessioni.
 “Da quando Capelli di neve ha comprato queste terre non c’è più pace per Viridia: prima il vento che sradica alberi e piante, poi il nubifragio...come se la natura si ribellasse, come se vento e nubi sapessero che quel pazzo vuole fare di questo posto una pista di atterraggio per  il suo jet! Noi, però, non  gli permetteremo di distruggere la nostra bella valle, nossignore.  Ma una cosa alla volta, ora pensiamo all'ispezione. Dunque, se oggi  il Grande Responsabile  troverà i fiori in ordine  ci potrebbe scappare un aumento di biada per Ariodoro: è un gran bel cavallo e corre come il vento, se lo merita l’aumento“.
Uno squillo di tromba interruppe  bruscamente i profondi  ragionamenti di Herb  annunciando l’arrivo fulminante (e in anticipo) del Grande Responsabile .
“Oh, disdetta, disdettissima! Dove si è ficcato Pouli? Chissà se i ragazzi hanno fatto in tempo a pettinare le corolle? Pouli, Pouli, Pouliii!”
“Eccomi, eccomi, stavo appunto venendo a dirvi che è tutto a posto, le margherite adesso sono in ordine. Siamo pronti per l’ispezione.”
“Bene, andiamo incontro all'Esimio”.
Quest’ultimo, il Responsabile voglio dire, stava già  percorrendo la  ripida discesa che porta alla valle di Viridia,  avanzava  spingendo in fuori  la grossa pancia che ad ogni passo oscillava a destra e a sinistra come un grosso pendolo; dietro di lui un codazzo di segretari, impiegati, fornitori, domestici e ficcanaso venuti apposta a curiosare da quelle parti.
 “Buongiorno, carissimo. Allora, come stanno le mie margherite?”
“Benone, benone. Mi segua, Esimio Responsabile, sarò felice di mostrargliele”.
L’Esimio, preceduto dal Capitano e da Pouli, si incamminò verso la distesa dei campi.
Le margherite furono trovate molto bene. Il Responsabile era davvero soddisfatto  e lo mostrò con evidenza scientifica dondolando ancor di più la grossa pancia penzolante.
Il capitano Herb fece l’occhiolino ad Ariodoro.
“Ottimo, ottimo,” disse  ancora l’Esimio rivolto agli astanti,” mi compiaccio. Le margherite sono in gran forma”.
Il capitano fece per accompagnarlo sperando vivamente che stesse per andarsene, perché non si sa mai cosa può venire in mente a un Responsabile se si trattiene troppo,  ma il Responsabile aggiunse là per là una postilla.
“E i tulipani?”
Il capitano Herb  rivolse uno sguardo interrogativo a Pouli che a sua volta ne rivolse uno al suo aiutante che ne rivolse un altro al suo sotto aiutante.
Quando tutti gli aiutanti furono finiti, lo sguardo ritornò al  Responsabile.
“E i tulipani?” ripeté l’Esimio con una certa impazienza.
“I tulipani, eh? Stanno benone” rispose, goffo, il capitano inciampando nei sui lunghi piedi.
Quando il capitano Herb rispondeva goffo  inciampando nei suoi lunghi piedi il Responsabile  si insospettiva,  e  quando il Responsabile si insospettiva erano formicai da pulire per tutti.
Meglio agire subito.
Un segnale convenuto avvertì Pouli che doveva correre a vedere  i tulipani, casomai a dargli una sistemata, casomai a tirarli su nel caso si fossero accasciati, casomai a fare qualunque cosa pur di presentarli al Responsabile in pieno rigoglio.
Casomai ci fosse riuscito.
Pouli corse via con una scusa, convenuta anche quella, mentre il capitano stordiva  di chiacchiere  l’Esimio. Un trucco che funzionava sempre,  in questo modo lo confondeva  e  quello  poi non si ricordava più cosa aveva detto prima.
“Bene, bene, che sto a fare ancora qui?” brontolò ad un certo punto  il Responsabile. “ Sarà meglio che torni a casa. Grazie di tutto, bravi. Mi complimento, caro capitano”.
In ogni situazione ci può essere chi ti rovina la festa. E anche quella volta ci fu.
Gli appassionati di tulipani in genere sono gente mite ma a volte senza volerlo  possono scatenarti un putiferio.
L’aiutante dell’aiutante dell’aiutante dell’aiutante di Pouli  proprio quel giorno aveva  appuntato un bel tulipano  rosso al risvolto della giacca. Il Responsabile lo vide e, guarda un po’, si ricordò il quesito.
“E i tulipani?”
Silenzio.
“E i tulipani?” ripeté.
Altro silenzio.
“E i tu-li-pa-ni?” scandì.“Non rispondete? Allora gatta ci cova: voglio vedere i tulipani” gridò  alzando il dito indice per far  intendere che non scherzava ( e che sennò  erano formicai da pulire per tutti).
All'alzata del dito il capitano scattò sugli attenti e gli astanti scattarono con lui. Non si sapeva come stavano i tulipani ma si sapeva cosa volesse dire quel ditino alzato (formicai, formicai).
“Prego, mi segua, Esimio” lo invitò Herb, e intanto si chiedeva  grattandosi il capo se Pouli  avesse fatto in tempo a sistemare anche  i tulipani.
(Detto tra noi Pouli si era fermato a chiacchierare con Mine, la segretaria del capitano. Mine soffriva di una rara malattia: rideva di qualunque cosa e quando rideva troppo forte si addormentava seduta stante, dovunque si trovasse. In quel momento infatti stava ronfando e Pouli cercava inutilmente di svegliarla. Dimentico dei tulipani,  si stava  prodigando  per far  aprire a Mine i suoi begli occhi scuri . Quando vide passare il corteo del capitano seguito dal Responsabile  si rammentò del servizio che doveva fare ma ormai era troppo tardi: capitano, Responsabile  e astanti stavano già varcando la soglia del quinto campo a destra vicino alla chiesa, quello dei tulipani, per l’appunto. Ora chiudo la parentesi e  ricomincio il racconto).
Per fortuna...
“Ma sono una meraviglia!” esclamò il Responsabile abbagliato dalla bellezza dei fiori.” Si può sapere allora perché la facevate tanto lunga? Ho capito, è quasi ora di pranzo e non volevate perdere tempo, eh? Insomma, il dovere prima di tutto!”
L’Esimio fece mille e mille elogi e promise più biada per il cavallo di Herb; più biada per tutti, disse, anche per chi cavallo non era.
La gioia del capitano trapelava anche dalle sue orecchie, non si spiegava come avessero fatto i tulipani a rimanere così intatti dopo quel temporalaccio, comunque già che c’era fece l’occhiolino anche a loro e si complimentò per la tenuta.
“Bravi, “ disse, “ sono fiero di voi”.
I tulipani, in quanto tulipani non risposero ma  un certo profumino si sparse dalle fresche corolle il che voleva dire più o meno:” Grazie, è stato un piacere!” o qualcosa del genere.
L’esimio Responsabile finalmente si decise ad andar via,  non senza prima aver dato un’occhiata anche agli orti e all'alveare, dove  si produceva il miele più buono della regione. L’Esimio volle assaggiarlo e si congratulò  personalmente con le api per la sua squisitezza.
Prima di andarsene chiese notizie di Capelli di neve.
“Si è fatto  vivo?” domandò al capitano.” Oggi stesso partirò per un lungo viaggio nei più grandi parchi della regione, tornerò fra due settimane. Al mio ritorno voglio un rapporto completo sulle sue mosse. Nel frattempo state in guardia,  mi raccomando, e se in mia assenza dovesse dare inizio ai lavori sapete cosa dovete fare.”
“Certo, certo, tuttavia una simile responsabilità solo sulle mie spalle...” provò a dire Herb ma l’Esimio si era già allontanato e non poteva più sentirlo.
Appena il Responsabile se ne fu andato, il capitano, Pouli e i soliti astanti, si strinsero la mano per felicitarsi della felicissima riuscita dell’ispezione; poi, dopo essersi felicemente felicitati, felicissimi  si diressero verso le loro case.
 “Oh, mi aspetta uno sformato di carote che solo a pensarci  mi viene il languore” confidò Herb a Pouli che lo seguiva come un cagnolino.
Quel giorno il sole splendeva sulla verde valle di Viridia; gli uccellini cantavano;  le farfalle volavano da un fiore all’altro; l’aria profumava di primavera.  E dello sformato di carote che la signora Herb aveva appena infornato.
Attraversata da un fiume generoso che dava acqua a tutta la valle, Viridia era la terra più verde, la più fertile di tutta la regione.
Secoli di cura, di amore per la terra l’avevano resa così. Si diceva in giro che ai viridiani, appena nati si regalasse un annaffiatoio per abituarli fin da piccoli ad occuparsi della loro terra.
A scuola, i giovani viridiani imparavano come si coltivano le verdure e i fiori, una delle materie più importanti era tecniche di irrigazione con la quale si insegnava a non sprecare l’acqua nella difficile arte di annaffiare orti e giardini.
I più anziani raccontavano ai ragazzi la storia di Viridia, di come l’avevano resa così rigogliosa e dell’importanza di avere per la natura lo stesso rispetto che vorremmo per noi.
“ La natura, “dicevano inoltre “ va dolcemente sostenuta e controllata, non aggredita o trascurata come hanno fatto con la terra del deserto”.
Ogni anno, a primavera, c’era la temuta ispezione generale, il Grande Responsabile passava in rivista orti e giardini e guai se trovava qualcosa che non andava: formicai, formicai per tutti.
Raramente i viridiani andavano a Konia, la città più vicina, perché mal sopportavano il cemento e il grigio di quelle costruzioni in mezzo alle quali non si vedeva un solo filo d’erba, senza contare che per arrivarci erano costretti ad attraversare il deserto.
Quello che gli abitanti di Viridia chiamavano il deserto era in realtà un mucchio di zolle aride solcate da sterpi che l’incuria di decenni e decenni aveva reso brulla e incapace di dar vita al benché minimo segno di vita vegetale; quella terra di desolazione si stendeva tristemente fra la rigogliosa Viridia e Konia,  nella più totale indifferenza delle autorità coniensi, uniche ad avere giurisdizione sul  deserto.
Ai viridiani invece dispiaceva molto vedere un tale scempio del territorio, e ancor di più gli dispiaceva  doverlo attraversare.
Da qualche settimana la pace di Viridia era stata turbata dalle mire di un ricco uomo d’affari,  assai bizzarro, il quale era riuscito a comprare la loro  terra col solo scopo di farne una pista di atterraggio per il suo jet.
“Ma dai, che te  ne fai di un’altra pista di atterraggio, “ gli avevano detto i suoi, “ ne hai già una in ogni capitale del mondo!” ma lui niente, non aveva sentito ragioni e quella terra libera e felice ora rischiava di morire per la sua follia.
Da quel momento i viridiani si erano preparati alla difesa:  in quattro e quattro otto avevano messo insieme un esercito coi fiocchi grazie alle api, che si erano esercitate ore e ore per essere pronte ad agire in caso di emergenza, elaborando strategie e piani di attacco; turni di sorveglianza, di giorno e di notte, erano stati predisposti per avvistare il nemico e dare l’allarme in caso di invasione.
Durante il  giorno era Pouli che sorvegliava Viridia e le zone circostanti, di notte c’era quel pigro fannullone perditempo scansafatiche mangia - pane- a - tradimento trippanzone nonché simpatica canaglia del gatto Ailuro che teneva orecchie e occhi aperti.
Ma torniamo al giorno dell’ispezione generale.
Il sole splendeva su Viridia, l’ispezione era andata bene e tutto tutto è bene quel che finisce bene, si sa,  ma il fatto è che non era ancora finito proprio nulla.
 Nel bel mezzo di questa gioia generale  uno squillo di tromba da far svegliare i ghiri in pieno inverno  turbò la pace dei viridiani.
“Oh, insomma, che altro c’è?  Vuoi vedere che  mi  rovinano anche il pranzo? Pouli, vai e riferisci”.
Pouli, senza batter ciglio, andò subitissimo ad informarsi del nuovo guaio che si profilava.
Tornò in capo a due minuti con gli occhi strabici  per lo sforzo.
“Capitano, capitano...il nemico. Si avvicina a grandi passi. Questa volta con mezzi pesanti.”
“Il nemico? A quest’ora? Per le mie zinnie: e il pranzo? “
“Capitano  hanno portato quei cosi...”
“Quali cosi?”
“I cosi...gli scava..i tori...”
“Vuoi dire gli escavatori? Ah! Il nostro Esimio Responsabile è appena partito per visitare i più grandi parchi del mondo, ora la responsabilità è tutta sulle mie spalle! Suona subito l’allarme, Pouli.  Ai ripari! Alle armi!  Resistenza! Chiama le api, che si preparino perché tocca a loro. Sbrigati Pouli, o questa potrebbe essere la fine per Viridia”.