Capita a volte, a grandi e piccini, di sentirsi così felici da aver voglia di abbracciare tutto il mondo, ma quando capita ai più piccoli può trasformarsi in una vera magia.
Buona lettura.
Abbracciamondo
Barbara
Cerrone
Era una bella giornata , Teo era
così felice che aveva voglia di abbracciare tutto il mondo.
“Impossibile, figlio mio, “ disse la mamma con un bel sorriso, “ non puoi
abbracciare tutto il mondo, ci vorrebbero delle braccia lunghe chilometri e
chilometri.”
Teo si guardò le braccia: effettivamente erano un po’ corte, con delle
braccia così al massimo avrebbe potuto abbracciare mamma o papà, di certo non
il mondo intero.
“Se solo potessero crescere tanto da arrivare in cima al mondo!” pensò
Teo tirandole, quasi volesse tentare di allungarle.
E tira tira alla fine, con sua
grande sorpresa, le sue braccia da corte
che erano cominciarono ad allungarsi davvero.
Si allungarono al punto che fu costretto ad arrotolarle per non farle
uscire dalla stanza.
“Mamma, mamma,” gridò, “vieni a vedere!”
La mamma era in cucina a preparare la cena , lì per lì pensò che Teo volesse ancora parlarle della sua
voglia di abbracciare il mondo perciò gli rispose con un vago Sì, sì, arrivo e continuò
con le sue faccende, ripromettendosi di andare da lui subito dopo aver infornato il pollo.
“Mamma, “ si lamentò ancora il povero Teo, “ vieni subito, crescono
ancora!”
Ed era proprio così, le sue braccia non si erano fermate, crescevano
ancora e ancora, tanto che ad un certo punto non bastò più arrotolarle, fu
costretto a buttarle giù dalla finestra, dove continuarono ad estendersi all'impazzata come un lungo serpente senza fine.
Teo ormai non vedeva più le sue manine,
ed era ancora più disperato perché gli servivano, specialmente ora che aveva un
po’ di raffreddore e doveva soffiarsi il naso.
“Aiuto, aiuto!” gridò ancora una volta, ma sembrava proprio che nessuno lo sentisse,
nemmeno la mamma che era di là, in cucina.
Disperato, non gli restava che uscire e inseguirle come poteva, in modo
da riprendersi almeno le mani.
Corri corri si ritrovò in un paese sconosciuto. Sperduto e solo,
chiese a un passante come si chiamava quel posto e quanto era
distante da casa sua.
“Eh, “fece quello,”caro il mio bambino, questo è Chenoncè
e dista un buon quantoglipare dal
tuo paese. Se ti sei perso sono affari tuoi, qui non ti aiuterà nessuno perché
a Chenoncè non abita nessuno, io sono
di passaggio, anzi, adesso me ne vado e tanti saluti”.
Teo ebbe un bel protestare, il tizio non volle saperne di dargli altre
informazioni e se ne andò via, veloce come un fulmine.
In questa situazione complicata che avrebbe mai potuto fare Teo? Riprese a
inseguire le sue braccia, che nel frattempo erano ancora cresciute: il povero bambino non ne vedeva più la fine.
Nella sua corsa attraversò l’Africa,
l’Asia, l’America e poi tutta l’
Europa, a farla breve girò il mondo
intero.
Vide paesi, case, boschi e gente ai lati della strada a incitarlo come si
fa con i ciclisti in gara.
Incontrò due presidenti e un re,
un viceministro gli strinse la mano, “Complimenti,” gli disse,” non si erano
mai viste braccia tanto lunghe. Torni a trovarci, la rivedremo con piacere”.
Quando si accorse che le braccia si erano finalmente fermate il sole
stava per tramontare, di lì a poco sarebbe calata la sera, insomma era proprio
l’ora di tornare a casa per la cena.
Il piccolo Teo raggiunse braccia e mani, le raccolse infilandosele in tasca un po’ alla
meglio e mentre le spingeva dentro a forza, perché erano davvero troppo lunghe
e faticavano ad entrarci, si disse che era proprio vero, era riuscito ad
abbracciare tutto il mondo. Nonostante la gran corsa e la fatica, gli venne quasi voglia di abbracciarlo ancora.
“Evviva, evviva,” gridava saltando di gioia,” con le mie braccia sono
arrivato dappertutto, appena a casa lo dirò alla mamma!”
Mentre saltava e rideva così, ecco passare di lì un’anziana signora che
zoppicando andò verso di lui e gli rivolse la parola.
“Bel bambino, mi daresti una mano ad attraversare la strada? Come vedi
fatico a camminare, se mi aiuti saprò ricompensarti. Dimmi cosa desideri e io
te lo darò.”
“L’aiuterò signora, ma quel che voglio
è solo tornare a casa mia, dalla mia mamma.”
“Benissimo, aiutami che poi ti ci
porto io”.
Teo si disse che la povera signora
non era certo in grado di riportarlo a casa ma decise ugualmente di aiutarla, la
prese sottobraccio ed ecco che lei...sorpresa!
Si mise a correre come il vento, trascinandosi dietro l’incredulo Teo che per
la gran velocità quasi volava nell'aria,
come un aquilone. Un po’ di fifa l’aveva, è vero, però era così bello essere
trasportato così, sembrava di essere una
piuma!
In un battibaleno il nostro amico si ritrovò davanti a casa. La misteriosa signora, invece, non c’era più. Teo la cercò, per ringraziarla, ma inutilmente. Era sparita. E le sue braccia? Erano tornate come prima.
In un battibaleno il nostro amico si ritrovò davanti a casa. La misteriosa signora, invece, non c’era più. Teo la cercò, per ringraziarla, ma inutilmente. Era sparita. E le sue braccia? Erano tornate come prima.
Teo si sentiva confuso: quanto tempo era passato? Mezz'ora? Un quarto
d’ora? E cos'era stato, il suo, un sogno o una magia? Non lo sapeva. Pensandoci
si disse che non era poi così importante, era riuscito ad abbracciare tutto il
mondo e a tornare a casa in tempo per la cena.
Dalla finestra aperta della cucina giungevano le voci dei suoi genitori: la mamma canticchiava
apparecchiando la tavola, e suo padre,
che doveva essere appena tornato, stava
raccontando la sua giornata alla mamma.
Aprì piano piano la porta ed entrò.
“Tesoro, scusa se non sono venuta subito da te, ho avuto problemi con il
forno e poi mi ha chiamato la nonna ... che dovevi dirmi?”
“Oh, non importa, mamma. Era solo una sciocchezza.”
“Bene, allora vai a lavarti le
mani che è pronto in tavola” disse la mamma scompigliandoli i capelli.
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