Eccomi qua, dopo tanto tempo torno a pubblicare una mia storia.
L'estate è ormai alle spalle e bisogna farsene una ragione, magari pensando a quella che verrà.
Oggi vi propongo la vicenda a lieto fine di Geo, un micio che ritrova una casa dopo un brutto periodo fatto di abbandono e solitudine.
Buona lettura
GEO
Barbara Cerrone
I primi brividi di freddo corrono
già lungo le foglie e tra gli alberi, come un vento leggero.
Geo si ripara dentro una caverna scavata nel cuore della collina chissà quanto tempo fa, spera di trovarci anche qualcosa da mangiare, è digiuno da ieri e la fame gli fa vedere miliardi e miliardi di stelline davanti agli occhi.
Geo si ripara dentro una caverna scavata nel cuore della collina chissà quanto tempo fa, spera di trovarci anche qualcosa da mangiare, è digiuno da ieri e la fame gli fa vedere miliardi e miliardi di stelline davanti agli occhi.
Non ha nemmeno la forza di
studiare un piano, è troppo debole per la strategia. Un topo gli attraversa la
strada, ha un’aria appetitosa ma Geo è
indebolito e il topo è più veloce di lui, scappa prima che il vecchio gatto
riesca a fare anche solo la mossa di rincorrerlo.
Geo non ha più una casa da un bel
pezzo, di tanto in tanto qualche umano
gentile gli regala un po’ di croccantini o gli avanzi della sua cena, ma la sua
situazione è grave, così grave che Geo schiaccia un pisolino. Non c’è niente di
meglio per un gatto, giovane o anziano che sia, che schiacciare un pisolino, quasi meglio di un bel boccone di pappa. Quasi. Perché nel sonno spesso fanno capolino
i sogni e i sogni degli affamati sono pieni di cibo e di tavole imbandite che
al risveglio puntualmente svaniscono, lasciandoli con un palmo di naso.
Anche Geo sogna cibo
squisito, lo servono due gatti in livrea,
come nei ristoranti di lusso, lui fa per afferrare tutto quel ben di Dio ma
ecco che si sveglia e quella buona pappa non c’è più; tutto intorno è solo buio e silenzio, nella caverna non
c’è nessuno, a parte lui e tre grossi ragni
sulla parete.
Geo allora si rimette a dormire
sperando di non sognare più quello che non può avere, ma la fame è vigliacca e
tormenta le sue povere vittime. Non c’è pace per Geo, nemmeno in sogno.
I gatti di solito dormono di più
durante il giorno e la notte vanno in giro, Geo invece, poiché è anziano e l’umidità gli fa male alle ossa, preferisce stare al riparo e vagare per le
strade del villaggio durante il giorno, quando la temperatura è più mite.
Questa notte la
passa così, svegliandosi di soprassalto fra un sogno e l’altro, finché la luce del giorno non
si infiltra in quell'antro buio, e con
la luce un rumore di passi umani.
E’ Orazio, l’uomo che abita nella
casa vicina alla grotta, odia i gatti e ogni volta che incontra il nostro micio cerca di
prenderlo a calci. Geo riconoscerebbe il suo odore da lontano. L’unica cosa da
fare è scappare e lui scappa, infatti, così veloce che Orazio, incrociandolo,
cieco com'è pensa sia una lepre.
“Guarda come si avvicinano
alle case, ora!” esclama convinto.
Il gatto intanto si è rifugiato
nel giardino della casa rosa, in fondo al vicolo; gli è sempre piaciuto
quell'angolo verde, ora in quella casa ci abita un’altra umana, la
vecchia proprietaria se n’è andata e lui non sa se la nuova gradirà la sua
presenza.
Una ciotola all'ingresso di casa
lo fa ben sperare: questa umana ama i gatti, a meno che non sia per un cane
quel recipiente rosso un po’ sbiadito e terribilmente vuoto, per il momento.
Per prudenza si nasconde acquattandosi
dietro l’albero al centro dell’aiola più
grande, da lì può vedere, non visto, quello che succede intorno a lui e se c’è
pericolo fa in tempo a scappare saltando la ringhiera alle sue spalle. Si sente
al sicuro e si rilassa con un bel pisolino.
La sua vita non è sempre stata
così, randagia e affamata, un anno prima c’era ancora il suo amico Armando a
occuparsi di lui, aveva una casa, un giardino nel quale scorrazzare e una ciotola sempre piena. Poi Armando è
morto.
Quando lo ha visto disteso in quella
lunga scatola di legno ha provato a svegliarlo ma, niente da fare, il suo amico
non ha riaperto gli occhi. Il giorno dopo lo hanno portato via e lui non lo ha più visto. Inutilmente
lo ha chiamato per giorni e giorni miagolando sul muretto del giardino.
I figli e i nipoti di Armando non ne hanno voluto sapere di lui, hanno
venduto la casa e lo hanno lasciato al suo destino dicendo che tanto i gatti se
la cavano sempre. Storie! I gatti anziani non se la cavano poi così bene, e non
trovano facilmente umani che li vogliano
adottare, gli umani di solito vogliono
solo gatti piccoli, quelli già grandi non li prende nessuno, se sono anziani poi non se ne parla. Così Geo si era ritrovato solo e randagio da
un giorno all'altro, e proprio quando avrebbe avuto più bisogno di essere
accudito.
Gli capitava spesso di ripensare
alla sua vita con Armando, alle sere d’inverno in cui gli si metteva accanto,
sul divano, mentre l’umano si addormentava davanti alla tv. Anche Geo dormicchiava, al caldo, e quando si
svegliava andava a fare il pane sulle gambe di Armando che subito apriva gli
occhi, guardava l’orologio e poi andava a letto, portandosi dietro il fedele
micio che gli si accoccolava ai piedi, sul morbido lettone.
Stavano bene insieme, loro due, davvero.
Eh, bei tempi! Geo, dopo essere
stato abbandonato, non si era allontanato dalla strada dove aveva vissuto con
Armando, era il suo territorio, lo conosceva bene, così come conosceva bene
ogni abitante di quel vicolo nella parte
più antica del paese, una viuzza che finiva nel nulla della vegetazione, in riva al fiume.
C’era Orazio, che odiava i gatti
e cercava sempre di prenderlo a calci, mentre Elvira e Ornella, sue vicine di casa, di tanto
in tanto gli davano un po’ di pappa che compravano apposta per lui al
supermercato.
Nella casa gialla, poi, viveva
una famiglia con due bei bambini che quando riuscivano a catturarlo lo portavano in casa per giocarci
come con un pupazzo, fra le grida della madre che puntualmente lo buttava fuori
sbattendo la porta. Accanto a loro
abitava una bambina dolcissima che gli dava pappa e carezze, ma sua madre era allergica al pelo del gatto e quando Geo
era in casa lacrimava e starnutiva a più
non posso e alla fine lo metteva fuori con la solita frase:” Mi dispiace,
micio, o tu o io”.
Così Geo conduceva la sua vita
solitaria da randagio, riparandosi dal freddo e dalla pioggia nella vecchia
grotta, senza sapere mai, allo spuntar del giorno, se avrebbe mangiato oppure no.
Un rumore lo sveglia all'improvviso: è la porta verde
che si apre ed eccola, la nuova umana.
Geo la osserva, come tutti gli umani è strana, ha una massa di lunghi peli gialli che le ricadono giù, sulle spalle, è di piccole dimensioni e sembra innocua. Si guarda intorno come se vedesse il giardino per la prima volta e sorride, gli umani sono proprio strani, pensa ancora Geo, e resta a guardare senza uscire dal nascondiglio.
Geo la osserva, come tutti gli umani è strana, ha una massa di lunghi peli gialli che le ricadono giù, sulle spalle, è di piccole dimensioni e sembra innocua. Si guarda intorno come se vedesse il giardino per la prima volta e sorride, gli umani sono proprio strani, pensa ancora Geo, e resta a guardare senza uscire dal nascondiglio.
L’umana ora guarda la ciotola,
sembra contenta di trovarla vuota, poi rientra in casa e ne esce di nuovo con
un barattolo in mano. Geo ha l’acquolina
in bocca, la donna sta versando una gran quantità di pappa nella ciotola, lui vorrebbe avvicinarsi ma è troppo
rischioso. Non la conosce, non si fida, ha avuto tante brutte avventure da
quando non ha più una casa e ha paura. Aspetta che l’umana sparisca di nuovo dietro la porta e poi
tenta la sorte, ha tanta fame, si regge a malapena sulle zampe, la
ciotola per lui è come un miraggio nel deserto.
Mentre sta gustando il primo boccone ecco apparire
di nuovo la donna sulla soglia: batte le
mani per la contentezza facendo mille moine a Geo, che resta così, con la bocca
semiaperta, incerto se scappare o restare.
“Che bel micio, finalmente!”
Un secondo che sembra eterno e
poi Geo scappa, lasciando a terra il boccone.
Inutilmente l’umana lo chiama
“Micio, micio, vieni che non ti faccio niente”, Geo è già lontano.
Passa un’ora, il suo stomaco è
più vuoto della caverna dove ha passato la notte, Geo si fa coraggio e torna
nel giardino della casa rosa. L’umana non c’è, una finestra al primo piano è
aperta, da lì proviene uno strano rumore
che lo incuriosisce, una specie di ticchettio continuo, capisce comunque che lei è in casa impegnata a
fare qualcosa e si slancia verso
l’ambita ciotola.
Mangia avidamente fino all'ultimo
boccone e scappa subito via, ma non si allontana, va di nuovo a nascondersi dietro l’albero, in cuor suo spera che l’umana esca ancora a
mettere cibo nella ciotola.
Aspetta, aspetta si appisola di
nuovo e quando si sveglia il cielo è già scuro. Il ticchettio non si sente più,
la finestra è chiusa e illuminata, Geo torna
quatto quatto alla ciotola ma la trova
vuota. Pazienza, fra le tante cose che ha imparato nella sua nuova vita c’è
proprio la pazienza, il saper attendere il momento buono.
Torna al suo nascondiglio e,
nemmeno a dirlo, si addormenta di nuovo. Si sveglia solo a notte inoltrata, la
casa rosa è immersa nel buio, l’umana probabilmente dorme, e la ciotola è ancora vuota.
Decide di fare un giretto di
ispezione lungo la via e poi al fiume, tornerà magari all'alba, in cerca di altra
pappa.
Nel suo girovagare Geo non si
accorge che il tempo passa, il sole è già alto quando torna nel giardino.
Le finestre della casa sono tutte
aperte, si sente di nuovo il ticchettio, ma niente pappa nella ciotola.
Dopo un po’ due umane aprono il
cancello ed entrano in giardino.
“Bea, vieni? Noi andiamo a far la
spesa, dai che facciamo tardi!”
L’umana dai capelli gialli esce
di corsa e va via con loro, Geo osserva la scena: sono tutte creature di
piccola taglia, una ha folti peli neri corti sulla nuca e parla in
continuazione, l’altra invece ha i peli biondi come Bea ma non così lunghi, le
arrivano appena a coprire il collo.
Tutte e tre insieme fanno un rumore allegro che a Geo mette voglia di fare le fusa.
“Dai, scrittrice, che noi non
abbiamo i tuoi tempi comodi, io ho il
turno delle due oggi, siamo di fretta”
dice la chiacchierona coi peli neri e corti.
Scrittrice. Geo si chiede cosa
voglia dire. In pochi minuti ha scoperto
due cose dell’umana: che si chiama Bea e
che è una scrittrice, anche se non sa
cosa vuol dire. Qualcosa nella sua mente felina gli fa pensare che possa avere
a che fare con quel ticchettio che proviene dalla finestra al primo piano.
“E questa ciotola?” chiede
l’umana con i peli neri.” Nutri tutti i
gatti del centro storico? Saranno felici del tuo arrivo.”
“Oh, smettila di prendermi in
giro, “ replica Bea,” amo i gatti, e allora? Nei centri storici spesso ci sono
dei randagi e io voglio che trovino un po’ di pappa anche loro. E se non sono randagi
non importa, vuol dire che me li farò amici”.
L’umana dai peli neri ride ed
esce insieme alle altre due, chiudendosi
il cancello alle spalle, le tre amiche si allontanano, il loro chiacchiericcio ricorda a Geo il cinguettio di certi uccellini,
a primavera.
Geo decide di restare ancora un
po’, vuole aspettare che Bea ritorni, magari gli porterà del cibo e poi
vuole studiarla, capire che tipo è, se si può fidare di lei, nel frattempo si
sgranchisce le zampe gironzolando libero nel giardino.
Quando Bea torna lui è di nuovo
acquattato nel suo nascondiglio. L’umana ha con sé una grande borsa piena dalla
quale estrae un barattolo che il micio conosce bene, lo apre e versa tanti
bocconcini nella ciotola, poi entra in casa, chiudendo la porta.
Geo non perde tempo e corre a
mangiare ma stavolta Bea è più veloce di lui, esce, e lo sorprende.
“Eccoti qua, bel micio. Fatti
accarezzare, non aver paura”.
Geo è terrorizzato, stavolta però
decide di finire la pappa e si lascia
accarezzare concedendole un po’ di fiducia, malgrado gli tremino le zampe. Appena
finito scappa di nuovo, lasciandola lì, a chiamarlo con quella voce dolce. Il micio fa un giro e poi torna al suo posto
in giardino, per continuare l’esame della sua nuova amica che ancora non sa se
sia davvero buona o no e nonostante ciò gli piace, gli piace proprio quella Bea.
La finestra al primo piano è
aperta, si sente il tic tic forsennato
di lei che chissà che fa, Geo da buon gatto è curioso, vuole vedere e sapere. E
soprattutto desidera tanto entrare in casa, per esplorarla.
Con un salto piomba sul davanzale
della finestra, Bea non lo sente, è seduta a un grande tavolo e gli dà le
spalle. Il ticchettio proviene da una specie di scatola che ha davanti e che
somiglia tanto a quella che ha visto una volta nella casa gialla, la usavano i
bambini e la chiamavano computer, Bea ci batte sopra con le dita e lui pensa che forse è proprio questo battere
continuo ciò che gli umani chiamano scrivere.
Il micio si fa coraggio ed entra,
balza giù con le sue zampe vellutate e fa un giretto per le stanze, sale su per le scale arrivando fino al piano superiore dove
trova una porta aperta, ci scivola dentro e si trova all'interno di una piccola
stanza con due quadri alle pareti e un
bel lettone al centro. Geo non resiste, vuole provare subito il letto. E’ così morbido
e caldo! Gli ricorda i bei momenti passati con Armando, le notti al caldo, sul plaid di
pile, così lontane da quelle tristi e fredde nella caverna.
Su quella cuccia morbida non può
fare a meno di rilassarsi e quando Geo si rilassa...si addormenta. Si sveglia dopo
un po’ col viso di Bea chino sul suo muso.
“Bel micio, come sono contenta
che tu sia qui! Se non sbaglio sei un
randagio e piuttosto malconcio. Io ho appena perso il mio amato gatto, Guglielmo,
e non so consolarmi. Era un bel gattone tigrato come te. Se vuoi puoi restare, mi
farebbe piacere averti qui. Non so come ti chiami, che te ne pare se ti do il
suo stesso nome, Guglielmo?”
Geo non sa più se scappare o
restare, la voce di Bea è dolce e suadente, lo accarezza piano, a lui scappa di fare un mare di fusa ma...non si fida ancora, non si fida. E
scappa, ancora una volta.
Passano altri due giorni, Geo continua a studiare la
sua nuova amica, e a mangiare il cibo che lei gli mette nella ciotola.
“Micio, Guglielmo,dove sei?”
Geo capisce che sta chiamando
proprio lui. Guglielmo, pensa, è un nome che sa d’importante, in fondo Geo
appartiene alla sua vecchia vita, ora sembra che un’altra gli si prospetti
davanti, forse altrettanto bella di quella con Armando, anche se lui non
scorderà mai il suo buon amico.
Si fa coraggio e risponde con un
timido miaoo. Bea è al settimo cielo,
gli va incontro, lo accarezza, lui la segue, entra in casa. Comincia così la
loro vita insieme.
Ora la sera scorre dolce per Geo,
pardon: Guglielmo. Anche se fuori fa
freddo lui ha il suo posto caldo sul divano, accanto a Bea, che si addormenta
davanti alla tv. Guglielmo fa la pasta sulle sue gambe e lei si sveglia,
lo accarezza e va a dormire nel lettone al piano di sopra. Guglielmo la segue e si accoccola ai suoi
piedi. Stanno bene insieme loro due, tanto bene.
Tutto è così caldo e morbido, le
sue fusa fanno da ninna nanna a Bea che cade subito nel mondo dei sogni.
Anche Guglielmo sente calare le
palpebre sui suoi grandi occhi verdi, ma prima di addormentarsi ogni sera ripensa ai tristi momenti passati nella sua vita da
randagio e conclude, soddisfatto, che ora va meglio.
Molto, molto meglio.
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