Una breve fiaba...
L’imperatore di carta
C’era una volta, giuro, un imperatore che invece di carne era fatto di carta. Carta preziosa, elegante, colorata ma pur sempre carta e niente più.
Dal gigantesco trono, di carta anch'esso, tuonava e
minacciava contro i suoi nemici e dichiarava guerra al mondo intero. Solo per
finta, certo, dopo un po’ nessuno ci credeva più.
Nel suo esercito pochi valorosi e troppi vanitosi, gente che
si vantava di saper fare questo e quello: tanti leoni che poi in battaglia se
la davano a gambe come conigli.
Ma che volete fare? Erano di carta pure loro, e bastava
poco, un filo d’aria o una goccia d’acqua a farne una poltiglia.
Poveri eroi. Di carta, naturalmente. Come di carta, lo si è
capito, erano tutti e tutto in quello stravagante paese.
Non si esponevano mai al rischio di una fiamma, anche la pioggia era un bel problema. Erano
belli, robusti, ma per natura poco coraggiosi.
E tutti, anche l’imperatore, tenevano per sé il loro
pensiero. Nessuno diceva mai ciò che aveva in testa temendo che l’avversario
per la gran rabbia “prendesse fuoco” e poi li bruciasse.
A camminare se la cavavano bene, andavano sicuri e impettiti.
A parte quando c’era un po’ di vento, allora li vedevi accartocciarsi, piegarsi e torcersi come panni nelle sapienti mani delle lavandaie.
L’imperatore su tutti. Il vento lo piegava in
ogni senso, e molte volte lo trascinava con sé, spingendolo nella sua direzione.
Opposizione, l’imperatore e i suoi, non ne facevano mai.
Erano carta e la carta si può piegare, e
farle prendere la forma che si vuole.
Qualcuno a volte, con le intemperie della vita, finiva in
cartapesta, a far da mascherone per carnevale.
“Pazienza, “diceva allora l’imperatore, “ uno di meno da
sfamare”.
Questa era tutta la sua filosofia.
E non si pensi che la carta di cui era fatto il nostro bel
sovrano fosse mai stata usata per raccontare qualche verità. Se di parole avreste voluto trovare traccia, signori miei, ne avreste viste solo del tipo...come si dice? Di circostanza, sì, di queste sole era fatta la sua tempra.
Ecco dunque che ognuno in quella terra fantasmatica portava
in sé le identiche parole di tutti gli altri. Copiate con diligenza e senza
errori, né variazione alcuna, per carità!
Questo facevano i bravi cortigiani, i sudditi col loro
imperatore e lui stesso con la sua
coscienza, copiata come tutto il resto, senza una briciola di fantasia.
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