buona lettura.
Venerdì 6 luglio
Caro, carissimo diario
oggi mi sono occupata anche dei tacchini, la nonna mi aveva tenuta
lontana da loro temendo che facessi qualche altra sciocchezza, ti rammenti? Li abbiamo chiusi nei bidoni io e mia sorella.
Ancora oggi ho l’impressione che si ricordino e si allontanino da me per
questo, la nonna ride e dice che non è così ma io lo vedo il loro sguardo scuro
quando mi avvicino. Dovrò cercare di farmi perdonare, anche se non so ancora
come. Già, diario, come ci si fa perdonare da un tacchino? Forse basterà non dargli
più fastidio e magari mettergli il mangime, questo ti fa sempre fare amicizia
con tutti.
Tacchini a parte ho fatto tante cose in questa giornata così calda che
sembrava mi sciogliessi come burro; ho
anche piantato dei fiori, chissà se cresceranno; poi ho aiutato la nonna a
stendere il bucato, tante lenzuola tutte bianche, non finivano più, e mutande,
e i miei vestitini.
Alla fine eravamo stanche tutte e due, io di più perché sono piccola e
non ci sono abituata, come dice la
nonna.
Non credere però che io qui non abbia anche amici della mia età: c’è
Milena, una bambina grassottella che abita nella casa vicina, dorme sempre ma è
simpatica, giochiamo insieme a campana e a nascondino, porta i suoi fratellini
e insieme facciamo combriccola.
Insomma qui ci si diverte e non ci manca nulla.
Ti saluta Brogio che oggi, vecchio com'è, ha preso un topo. Per lo sforzo
si è accoccolato in veranda e ha dormito fino a sera.
Ora sono stanca, tra poco si cena e poi a giocare sull'aia con Milena finché il sonno non ci fa chiudere gli occhi.
Sono felice.
Martedì 10 luglio
La frutta che c’è qui, diario, non c’è da nessun’altra parte del mondo!
Dolce, succosa...soprattutto le pesche.
Io e Milena ne abbiamo rubate due anche nel campo del burbero perché ci
pareva che le nostre non ci bastassero.
Quante ne mangio, sapessi! La
nonna sta già cominciando a fare le marmellate, ne fa di buonissime e d’inverno
me le mangio sul pane a colazione, oppure
le mette sulle crostate e mangio anche quelle.
Nonna è una cuoca eccezionale, anche più brava della mamma.
Il nonno lo dice sempre. A
proposito del nonno volevo dirti che non
sta ancora bene. Non so cos’ha, è stato
dal dottore ma gli ha consigliato solo di non stancarsi troppo: come se fosse
facile per uno come lui. Ha sempre lavorato tanto, qui, in campagna. Gli piace
lavorare la terra, forse io somiglio proprio a lui, chissà.
Ieri sera mi sono seduta sulle sue ginocchia e mi sono addormentata; lui
era felice, sembrava anche meno stanco, spero tanto che stia meglio perché non
lo voglio vedere così abbattuto.
Domani voglio svegliarmi presto, c’è il mercato in paese e la nonna ci va
presto presto perché dopo fa troppo caldo. Non me lo perderei per niente al
mondo.
Giovedì 12 luglio
Diario, ti ho mai detto quanto mi piace sentire le galline che fanno
“Coccodè”? Quando chiocciano e chiacchierano come comari tra loro? E quando
fanno l’uovo? Mi sale al cuore l’allegria!
A volte, dico la verità, entro nel pollaio apposta perché così loro
cominciano a chiocciare a tutto spiano, la nonna si arrabbia ma in fondo che
faccio di male? Lei dice che si
spaventano e magari le uova vengono meno buone...mah! Io non voglio spaventarle, solo sentire il coccodè.
Il canto del gallo, invece, a volte mi disturba perché mi sveglia ma solo un po’,
perché poi ricado subito nel sonno, anzi: sprofondo.
Sai, tutti i rumori, qui, sono
rumori buoni e mi piacciono.
Vorrei restare dai nonni per
sempre.
Lunedì 16 luglio
Il nonno è stato ricoverato in ospedale, noi siamo tutti qui, la nonna ha
avvisato anche mamma e papà.
Il fatto che siano stati chiamati i miei mi fa pensare al peggio. Io ti sto scrivendo dal tavolino che c’è in
camera sua mentre i miei sono tutti intorno al suo letto e parlano sotto voce.
A vederlo fa impressione con quel viso sofferente, magro, gli occhi
chiusi che apre solo ogni tanto e sembra non veda nessuno.
Ti ho mai detto che il nonno è un fenomeno? Quando guida la macchina, ad
esempio, gratta quando cambia le
marce e nonna si arrabbia, dice che non
sa guidare, ma a me sembra che guidi
bene.
Non credo ci sia uno più simpatico di lui, anche quando gratta .
La sua macchina è una vecchia giardinetta, lui si lamenta sempre che è vecchia come lui e un po’ è vero
che gli somiglia.
Io non voglio che gli succeda qualcosa. Qui mi tengono all’oscuro, non mi
dicono nulla, intorno a me vedo solo
facce scure e preoccupate.
Diario, ho paura: questa volta non so se ce la farà. Mi viene da piangere
ma non posso farlo perché se mi sente si potrebbe spaventare, devo essere
forte, lo dice anche la mamma che ha indovinato dal mio sguardo quello che
provo in questo momento. La mamma mi legge dentro come se fossi un libro, non
posso nasconderle nulla.
Anch'io, però, leggo dentro di lei e vedo che soffre e ha voglia di
piangere quanto me.
Ora la mamma vuole portarmi a casa, dice che questo non è posto per
me, forse vuole evitarmi di vedere
qualcosa di brutto, e questo mi spaventa ancora di più.
Che cosa posso fare? Solo pregare, diario. Pregare, pregare, pregare.
Oggi
Che sorpresa trovarti ancora qui! Sono passati 50 anni dall'ultima volta, pensavo che non
esistessi più.
Venire qui, dopo la morte di mia madre, radunare le sue cose ha il
sapore di una violazione, ed è infinitamente triste, come se i suoi vestiti,
gli oggetti che le sono appartenuti stessero ancora aspettando il suo ritorno e
io, portandoli via, togliessi loro ogni residua speranza di rivederla.
Venendo qui mi aspettavo di rivangare vecchi ricordi, di
rituffarmi in pagine chiuse del mio passato, belle o brutte che fossero ma non
credevo che lei avesse conservato anche te, diario, sepolto in un cassetto
pieno di cimeli che mi riguardano: il mio primo dente da latte incastonato in una
guaina d'oro, il velo della prima comunione, una cartolina spedita durante il
viaggio di nozze.
E sotto tutte queste parti di me che lei conservava come per
sentirmi ancora qui, tu, il mio diario dimenticato.
La tentazione di riprendere a scrivere è stata forte e così eccomi
qui.
Allora, dove eravamo rimasti?
L’ultima pagina l’avevo scritta il giorno prima della morte del
nonno, poi non ti ho più aperto, nemmeno
per raccontarti tutto il mio dolore, come se qualcosa fosse cambiato per sempre
dentro di me tanto da non aver più nemmeno voglia di scrivere. Non si perdona
mai ai morti di averci lasciati.
Subito dopo il funerale la nonna ci annunciò la sua intenzione di
vendere casa e terreno, cosa che fece poco tempo dopo. Poi venne a vivere con
noi e ne fui felice ma intanto avevo perso il mio rifugio in campagna, non mi
restavano che qualche uscita ai giardini pubblici e palazzi di 8 piani, e questo non faceva per me.
A rileggere quello che scrivevo allora sento una gran tenerezza: che
ingenuità! E che visione “Tutto o
niente” delle cose! Provo tenerezza per
quella che ero, per quello che pensavo e facevo, perfino per quella assurda
fuga. Sono passati tanti anni da allora, sono cresciuta, invecchiata, ma il sorriso delle margherite posso ancora
vederlo.
Ero una ragazzina caparbia e disorientata, allora, terribilmente
infelice per aver perso il mio angolo di paradiso, la mia dimensione più vera
Per molti anni non ho fatto altro che realizzare i sogni dei miei.
Loro hanno scelto per me, con amore e convinzione, ma io in quelle
scelte non c'ero.
Dopo il liceo mi sono iscritta all'università, lettere, e mi sono
laureata. Non dimenticherò mai l'espressione di mia madre il giorno della
laurea, il suo viso era quello di una vincitrice sul podio di una lunga gara ad
ostacoli. Mio padre non resse all'emozione e per non far vedere che piangeva
uscì.
Lo ritrovai fuori che guardava l'orizzonte, come per ritrovarsi in
quella indistinta linea di separazione fra terra e cielo.
Dopo la laurea, l'insegnamento. Per dieci anni ho fatto
l'insegnante, contro di me, contro tutti.
Mia madre non faceva che dirlo in giro, e non era orgoglio, il
suo, serviva a convincerla che era vero, che sua figlia faceva sul serio quel
lavoro così importante.
Per fortuna in quegli anni tanto lontani da me c'è stato
l'incontro più bello della mia vita. Mio marito e i miei figli sono stati la
mia ancora di salvezza, senza di loro credo che non ce l'avrei mai fatta a
sopportare un lavoro che per quanto bellissimo non poteva essere il mio.
E finalmente si è presentata un'occasione.
Per puro caso sono venuta a sapere di quel terreno in vendita, nel
paese di mia madre, al centro una casa diroccata, diroccatissima, praticamente
da ricostruire. Il prezzo era ottimo, io e mio marito avevamo messo da parte un
po' di soldi e così abbiamo deciso.
Abbiamo deciso di sognare insieme e l'abbiamo comprato.
A Marco piaceva il suo lavoro ma non abbastanza da dedicargli il
resto della sua vita, e poi anche lui ha
sempre amato la campagna. I miei figli
ne hanno sofferto, all'inizio: via dagli amici, dai compagni di scuola, un
ambiente nuovo, è stata dura per loro ma l'amore che gli avevamo trasmesso per
la terra alla fine li ha contagiati e si sono ambientati tanto bene che in capo
a un anno l'idea di tornare in città li faceva incupire.
Dapprincipio sono stati anni durissimi, i debiti, i raccolti
andati male, la difficoltà di misurarsi con un lavoro così duro e nuovo per
noi, la paura di non farcela.
Siamo stati sul punto di tornare indietro mille volte. Poi,
finalmente, la svolta. Ad un certo punto tutto ha cominciato ad andare per il
verso giusto, i raccolti, la casa, i soldi. Tutto.
Abbiamo imparata e imparato, lottato e lottato, e alla fine ce
l'abbiamo fatta.
Ora viviamo là con i nostri figli e i figli dei loro figli, siamo
una specie di clan. Abbiamo comprato altro terreno, ampliato le nostre colture,
ci piace sperimentare senza violare la terra, con tutto l'amore che le
portiamo.
Quando si parla di difesa della natura bisognerebbe parlare di
equilibrismo, l'ho capito bene in tutti questi anni. Come gli acrobati bisogna
riuscire a tenersi in equilibrio fra i vantaggi della modernità e la tutela
dell'ambiente. Un passo più in là e si danneggia la natura, uno di troppo nella
direzione opposta e si rischia di tornare ad una vita di pesanti fatiche
e di magri raccolti. Trovare l'equilibrio fra modernità e difesa dell'ambiente
è qualcosa di difficile e semplicissimo insieme, e lottare per
raggiungerlo ogni giorno ha il sapore di una bellissima sfida che ci fa sentire
vivi.
Città e campagna si abbracciano in me, l’una insegna qualcosa
all’altra e vanno avanti così, come ottime compagne di viaggio.
Ci sono persone che non hanno interessi particolari o passioni e
si lasciano vivere, io non sono così, ho avuto bisogno di dare forma a un sogno
per essere felice.
Ricordo ancora lo sguardo amaro di mia madre quando le annunciai
che stavamo per trasferirci in campagna.
"Sei sempre stata una selvaggia" disse, e da allora non
fece più commenti, solo sguardi dolenti come di donna offesa nei suoi
sentimenti, e proprio dagli affetti più cari.
Dopo la morte di papà le abbiamo chiesto più volte di raggiungerci
ma lei si è sempre rifiutata, ed è rimasta in questa casa vuota a rimuginare
ricordi, fedele fino in fondo alla sua scelta con caparbia ostinazione.
Solo un giorno, rammento, venne a trovarci, la vidi di sfuggita
lanciare un'occhiata come una carezza ai miei figli, alla casa, a me; c'era
tutta la comprensione del mondo nei suoi occhi,sembrava aver capito, ma
non me lo disse mai.
Diario, adesso ti devo lasciare, ho mille cose da fare prima di
chiudere definitivamente la porta di questa casa ma ti prometto che ci
ritroveremo presto, ormai ho deciso di riprendere la nostra antica frequentazione.
Mi accorgo solo ora che non ti ho parlato di mia sorella. Non è un
caso, il nostro è stato un rapporto difficile, pieno di alti e bassi, la croce
di mia madre, tanto quanto la nostra scelta di vivere in campagna.
I conflitti, i silenzi, le lunghe separazioni ci hanno fatte
diventare estranee per molto tempo; è stata lei ad avvicinarsi. lo ammetto, io
non l'avrei mai fatto. Mi ha cercata, ci siamo ritrovate e ora finalmente il
nostro rapporto viaggia sul mare della tranquillità. Si litiga ogni tanto ma
senza astio né recriminazioni.
Vive in città, dove è sempre stata bene, al contrario di me, ma
viene spesso a trovarci e porta molte cose, prima fra tutte la sua allegria e
quella leggerezza che l'ha sempre contraddistinta.
Per adesso basta, ti dico solo che oggi sono una donna
felice, e quando qualcuno mi domanda che lavoro faccio a volte mi viene la
tentazione di rispondere: “l’equilibrista” o “l’acrobata”, poi però penso all'imbarazzo di mia madre quando le chiedevano da dove venisse, ai suoi teneri
tentativi di cambiare discorso e allora sorrido, e con voce ferma e sicura
rispondo:
" Sono una contadina".
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