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martedì 12 maggio 2020

Bloggermiao


Ci sono gatti capaci di qualunque cosa...🐱‍👓

Buona lettura.






Bloggermiao

Barbara Cerrone

 


Teofilo era un gran bel gatto. Grosso e vigoroso, con un pelo rosso e lucido e un’andatura fiera da felino deciso, era amato e rispettato da ogni gatto del vicinato.

Aveva tutto, Teofilo: una bella umana che lo adorava, una casa comoda con un grande giardino tutto per lui e tanti nascondigli da esplorare nel verde della campagna intorno.

La sua vita scorreva tranquilla e senza particolari sorprese, proprio come piaceva a lui.

Finché non arrivò il nuovo vicino.

Nella casa accanto a quella della sua padrona si trasferì un ragazzo, un tipo simpatico che gli regalava sempre qualche buon bocconcino.

Quando Teofilo andava a fargli visita lo trovava sempre davanti a quella scatola che la sua amica umana chiamava computer  e che lui non trovava per niente interessante,  non capiva infatti perché piacesse tanto agli umani.

Un giorno il nuovo vicino, che si chiamava Alberto, lo invitò a sedersi accanto a lui.

“Vuoi fare il blogger anche tu?” Disse.” Vieni, mettiti qui, accanto a me”.

Teofilo non sapeva cosa fosse un blogger ma Alberto era simpatico e stargli vicino gli piaceva, così si accoccolò accanto a lui sulla sedia e si mise a guardare dentro la scatola.

“Ti piace, eh? Chissà cosa vedi…vieni, dammi la zampa che ti faccio scrivere qualcosa”.

Prese la zampa di Teofilo e cominciò a battere delicatamente sui tasti della scatola. Teofilo sentiva un po’ di solletico ma come tutti i gatti era curioso e voleva proprio vedere cosa sarebbe successo a pestare tasti in quel modo.

Dopo un po’ che pestava vide che la scatola si era riempita di cose strane: sembravano mosche.

“Bravo, guarda quanto hai scritto!” fece Alberto.

Scritto? Le mosche dentro la scatola le chiamano scritto? Pensò Teofilo, perplesso.

“Ora però vai a casa, la tua amica ti starà cercando. Torna domani, scriviamo ancora, te lo prometto”.

Se scrivere era quel pestare leggero a Teofilo non dispiaceva affatto, perciò il micio, che capiva qualche parola dell’umano, si disse che in fondo non era una brutta idea continuare, e se ne andò con la precisa idea felina di ritornare il giorno dopo per continuare quel buffo gioco.

E così fece, infatti. Tornò il giorno dopo e quello dopo ancora, ogni volta Alberto se lo metteva accanto, gli prendeva la zampa e gli faceva scrivere tante di quelle mosche nella scatola da riempirci una stanza intera.

“Sai che ti dico, micio? Per te è giunta l’ora di fare un tuo blog. Tutto tuo, capisci? Si chiamerà…Bloggermiao, ecco! Prenderemo tutto quello che hai scritto in questi giorni e faremo tanti bei post, che ne dici?”

Teofilo lo guardava senza capire: di che parlava quello strano umano, cos’era un blog? E un post…un post, cos’era? Roba da umani, di sicuro, dunque perché avrebbe dovuto immischiarcisi?

Ma Alberto non era tipo da tentennamenti, quando si metteva in testa una cosa la faceva e basta.

“A proposito, micio, io non so nemmeno il tuo nome. Aspetta, ecco, è scritto qui sulla medaglietta: Teofilo. Posso chiamarti Teo? Teofilo è troppo lungo! Teo questo è il tuo blog, ora facciamo il primo post. Ci copiamo le prime cose che hai scritto. Che ne dici?”

Teo guardò lo schermo con aria dubbiosa: c’erano le solite mosche, solo che erano disposte in un altro modo, e poi si vedevano delle cose strane.

“Vedi che belle immagini? E che grafica? Eh, avrai un successone”.

Grattarsi la testa quando è perplesso non è cosa tipica del gatto, ma se lo fosse stata Teo si sarebbe grattato volentieri perché per lui era tutto incomprensibile e quell’umano più strano di tutti quelli che aveva conosciuto fino ad allora.

“Vediamo se qualcuno lo commenta, il tuo primo post. Domani leggeremo”.

Nonostante si fosse divertito a mettere mosche in scatola, il giorno dopo Teo non si presentò dal suo nuovo amico, tutte quelle chiacchiere su post e blog gli avevano messo una certa agitazione, preferì tenersi alla larga almeno per qualche giorno, anche se a dire il vero quel pestare sui tasti un po’gli mancava.

Riprese la vecchia abitudine di fare il giro degli orti intorno a casa, andò a trovare i vecchi amici che non vedeva da tanto tempo, si trattenne con loro giusto il tempo di informarsi sulle ultime novità, e poi tornò a casa, senza pensare più ad Alberto e alla sua scatola piena di mosche.

C’è chi dice che non si sfugge al proprio destino. Nel caso di Teo non fu proprio il destino. Oppure sì? Comunque sia una mattina Alberto andò a cercare il micio blogger a casa sua.

“Salve, “si presentò,” sono il nuovo vicino, mi chiamo Alberto. Il suo gatto è venuto spesso a farmi visita, ma negli ultimi giorni non si è più visto. Sta bene? Sa, ero preoccupato, temevo gli fosse successo qualcosa.”

“Salve, so chi è lei. Teofilo sta benissimo, grazie. Sa come sono i gatti, esplorano, vanno in giro. Vedrà che si rifarà vivo, quando ne avrà voglia.”

“Si, immagino di sì, ma vede c’è una grossa novità che lo riguarda.”

“Una novità che riguarda il mio Teofilo?”

“Sì, il suo non è un gatto come gli altri. Teo è un …micio blogger.”

“Cosa?”

“Sì, un micio blogger. Io sono un blogger, Teo un giorno si è avvicinato al computer mentre scrivevo, mi sembrava incuriosito così mi è venuta l’idea di fare anche di lui un blogger. Gli ho preso la zampa e l’ho aiutato a battere sui tasti. La settimana scorsa ho pubblicato il suo primo post e, non ci crederà, ma è stato un successone! I commenti sono tutti entusiastici e ha già così tanti followers che se continua così mi batte. Ecco, ho stampato alcuni commenti, tanto per farle vedere.”

Tirò fuori dalla tasca un paio di fogli mezzo accartocciati, li stese un po’ e li mostrò alla donna.

Il primo post era quello che aveva avuto più commenti, la gente aveva pensato di tutto leggendolo, perfino che si trattasse di un codice segreto, e molti si erano messi d’impegno a cercare di decifrarlo, come in un  gioco di spie.

Altri ancora giuravano che Teo fosse un marziano, non un micio, e che avesse scritto i post nella sua lingua arzigogolata, perciò chiedevano una traduzione, e così via.

Poi c’erano i rivenditori di cibi per animali che avendo fiutato l’affare proposero al micio blogger di pubblicizzare nel suo blog i loro prodotti in cambio di confezioni omaggio di pappe prelibate.

 Si era fatto vivo perfino un editore: voleva pubblicare l’autobiografia di Teo, primo gatto blogger, e prevedeva vendite da capogiro.

L’umana di Teo, che si chiamava Tessa, non credeva ai propri occhi.

“Incredibile! Ma cosa ha scritto mai il mio Teo per scatenare tutto questo delirio?”

“Ecco, legga, ho qui alcuni dei suoi post.”

Tessa lesse e rilesse i primi tre post di Teo. Li lesse da destra, li lesse da sinistra, ma il risultato non cambiava.

Il primo, che era anche il più lungo, diceva:

“Yipàòkòlip456@okòkdso, paòèaòò8òa! Aòsdjc3009238ieojosdijcnw90; oalms#map. Z. Q.”

Il secondo non era molto diverso dal primo, solo mancava la punteggiatura, quel giorno Teo era svogliato e aveva scritto così, senza troppo impegno.

“E tutta questa gente impazzisce per un blog così?” chiese, stupita, Tessa.

“Si, e credo che siamo solo all’inizio”.

Non aveva torto, Alberto, quello era solo l’inizio.

Tessa parlò a Teo, il quale non capì molto ma che Alberto lo aveva cercato lo afferrò, e anche le parole “pappa” e “regalo” non sfuggirono alle sue orecchie esercitate.

Il giorno seguente tornò dal suo amico blogger.

“Eccoti, finalmente! Vieni, ti faccio vedere quanti commenti hai avuto. Sono tutti pazzi di te, o forse sono tutti pazzi e basta ma che importa? Dai, andiamo a battere un altro po’ sui tasti”.

Batterono a lungo sui tasti, quella volta, tanto che Teo era un po’ stanco quando smisero.

Il gatto continuò a far visita al suo amico anche nelle settimane successive, pestando tasti a più non posso, e come si divertiva!

Ad un certo punto arrivarono anche le prime pappe in regalo: mousse al tonno e gamberetti, bocconcini al salmone e tanto pollo, che non guastava mai.  Teo era un micio intelligente e non ci mise molto a collegare le pappe con quel pestare tasti sulla scatola, perciò si diede a farlo con maggiore impegno.

Il computer si riempiva di mosche e poi altre mosche, in un continuo via vai di punti neri sullo sfondo celestino della scatola.

Non ci si crede, se ne accorse la televisione.

“Un gatto da record!” disse un giornalista.

“Si può intervistare?” chiese un altro.

In capo a sei mesi Teo era diventato una star. Giornalisti intrepidi si appollaiavano sugli alberi del parco vicino alla casa di Tessa armati di cannocchiale per spiare il momento in cui Teo sarebbe uscito per la solita passeggiata e poi… flash! Lo immortalavano nelle pose più impensate.

Lo seguivano, perfino, sperando gli sfuggisse un Miao di troppo, qualcosa di sensazionale da farci un bello scoop e duplicare la tiratura.

Teo cominciava a non poterne più.

Aveva nostalgia dei tempi d’oro in cui viveva come un gatto, e non era inseguito giorno e notte da intrusi che controllavano tutte le sue mosse, neanche le pappe gustose che riceveva in regalo gli bastavano più per sopportare tutto quel trambusto.

Di punto in bianco smise di andare dal suo amico Alberto, che ebbe un bel pregarlo perché tornasse a scrivere con lui: niente da fare, il micio era deciso.

Il telegiornale diede la notizia, edizione delle 20.30. La gente non ci voleva credere, i centralini della tv impazzirono.

“Ma è proprio vero?” “Lascia sul serio?” chiedevano quelle brave persone, incredule.

Ma micio Teo non se ne diede per inteso, e non concesse nemmeno un’intervista.

Gli parve già più che sufficiente pestare per l’ultima volta i tasti per salutare e dire a tutti quanto si era divertito, fare le fusa e andarsene poi a caccia di lucertole con gatto Fred e micia Leonora, e poi a nanna nella sua cuccia blu.

 

 

 

 

 


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