Sogni premonitori, oroscopi, divinazioni più o meno azzeccate:vi siete mai chiesti a che serve conoscere il futuro prima che accada? A cambiarlo? Uhm, no, direi di no. Anzi, forse impigrisce o terrorizza prima del tempo. Dunque? Il futuro si puo' impostare nel presente ma anche così tutto puo' succedere, tutto puo' essere sconvolto. Fare il possibile per avere il futuro che vorremmo è sacrosanto, di più non possiamo fare.
Intanto, viviamo il presente.
Nel frattempo auguro anche a voi...
Sogni
d’oro
Barbara Cerrone
Amedeo
era un contadino felice. Zappava la sua terra, la seminava, ne raccoglieva i
frutti e sorrideva al nuovo giorno quando si alzava.
Viveva
in compagnia di sua madre e di un cane di nome Arnolfo che lo seguiva
dappertutto ed era il suo guardiano, la sua guida e il suo migliore amico.
Una
mattina Amedeo si alzò come al solito molto presto per andare nel campo, sua
madre gli aveva già preparato la zuppa di latte con pane e zucchero, e ora
stava lavorando a maglia seduta sulla sedia a dondolo.
“Buongiorno,
mamma, come stai oggi?”
“Meglio,
meglio. La sciatica non si fa sentire, sarà bel tempo, oggi.”
“Benone,
allora. Mangio e vado subito al lavoro.”
Amedeo
mangiò avidamente la zuppa, salutò la madre con un bacio e uscì seguito dallo
scodinzolante Arnolfo.
Fuori
il sole stava facendo capolino, le nuvole del giorno prima erano scomparse, il
cielo era terso e pulito come l’acqua limpida di un ruscello.
“Che
bella giornata!” disse Amedeo.” Voglio proprio godermela. Quando avrò finito mi
stenderò sull'erba fresca a riposare, e chissà che non mi venga un bel sogno,
se mi addormento.”
Dovete
sapere che Amedeo era famoso per i suoi sogni. Sognava cose che poi si
avveravano sempre, cose belle, cose da augurarsi succedano nella vita, insomma.
Per
questo motivo ogni volta che si stendeva a dormire sull'erba i suoi compaesani,
passando, mormoravano:
“Ecco
Amedeo che dorme beato, ora arriva un bel sogno. Chissà a chi toccherà?”
Anche
quel giorno fece un bel sogno, e quando riaprì gli occhi lo raccontò con tutti i particolari alla
piccola folla radunata intorno a lui.
“Ho
sognato, “cominciò,” che Peppe il sellaio aveva un sacco pieno di monete d’oro
e con questo andava in città a comprare dei bei vestiti per la moglie e tanti
giocattoli per i suoi bambini.”
“E
poi, e poi? “ lo incalzavano i suoi compaesani.
“E
poi nulla, il sogno finisce qui.”
“Oh!”
fecero quelli, delusi. Speravano di sapere come andava a finire il sogno, cosa
vedeva Peppe in città, come lo accoglievano al ritorno i suoi familiari, ecc., ecc.
Insomma,
avrebbero voluto un romanzo intero, ma Amedeo si era fermato all'inizio: e che
ci poteva fare? Lui, di più, non aveva sognato.
Quando
Peppe seppe la cosa si rallegrerà tutto, e cominciò ad aspettare che il sacco
d’oro finisse nelle sue mani, anche se non sapeva come.
Tanto
per cominciare, il giorno dopo non andò al lavoro, e nemmeno quello successivo.
La
gente cominciò a guardarlo con rimprovero, aveva due bambini e una moglie
malata e stanca, cosa aspettava a darsi da fare? Il sogno non diceva quando
sarebbe arrivato il sacco pieno di monete, e se fossero passati degli anni?
Cosa avrebbero mangiato i bambini nel
frattempo?
Stanco
di tante critiche, Peppe un giorno fece fagotto e se ne andò, dicendo alla
povera moglie che andava a cercar fortuna in un altro paese.
Nonostante
i pianti e le preghiere della sua consorte, i Pensa ai bambini e i Come farò a da sola? Amedeo se ne andò, promettendo e
giurando che sarebbe tornato presto con tanti di quei soldi che avrebbero avuto
di che vivere da pascià per il resto dei loro giorni; nel frattempo si
raccomandasse al prete, che era di cuore e aiutava tutti, il buon Dio avrebbe
pensato al resto.
Convinto
di far bene e non male, il nostro Peppe salì sul suo asinello e partì,
lasciando moglie e figli in lacrime.
Quando
in paese si seppe della sua partenza, ci fu una gara a portar cibo alla povera
famiglia abbandonata e, fra un Disgraziato, sarà punito per avervi abbandonato e un Si vergogni, quello sciagurato, lasciarvi così senza mezzi e andar via
come un giovane scapolo alla ventura consolarono
la donna e anche i piccolini, che ebbero da mangiare e da vestirsi per un
pezzo.
Il
prete poi la aiutò a trovare un posto come domestica in una famiglia benestante,
in modo che si guadagnasse il pane e il paese smettesse di mormorare.
Passò
un anno, la famiglia di Peppe viveva serena con i pochi mezzi che la sua
condizione le permetteva, ogni tanto una certa tristezza per la sua assenza calava
come una nuvola su quella povera gente
che si chiedeva, tra le altre cose, se Peppe fosse vivo e in salute e quando
sarebbe tornato.
I
sospiri di quei tre non lasciavano indifferente Amedeo, il quale sapeva di avere un dovere ben
preciso: mettersi subito a sognare qualcosa di buono, sperando fosse per quella famiglia.
Così,
una mattina di luglio, prima che il sole infuocasse la terra, si
sdraiò sul suo campicello e si addormentò.
Quel
che sognò, però, non solo non era per niente bello ma la paura che ebbe fu
tanta che si svegliò di soprassalto, gridando come un forsennato.
“Aiuto!
Aiuto! “
In
venti e più corsero a dargli soccorso, pensando
che avesse avuto un malore o che qualcuno lo avesse aggredito.
“No,
no, io sto bene,” li rassicurò,” si tratta del sogno. Non era affatto bello. Ho
visto il nostro Peppe scendere da una carrozza signorile con un sacco di monete
d’oro scintillanti come stelle, rideva e correva verso il suo asino dicendo che
sarebbe presto tornato a casa dalla sua famiglia...”
“...e dove sarebbe il brutto?” lo interruppe Giovannino, un contadino che era corso
fin lì dal lavoro con la zappa ancora in mano.
“Ora
arriva,” rispose Amedeo,” un po’ di pazienza.Dicevo? Ah, sì! Peppe si
consolava tutto e saliva sul suo asino quando due malfattori, brutti come la
peste e la fame messe insieme, lo hanno preso e gli hanno dato tante di quelle
botte da non farlo più rialzare e sono scappati
con le monete lasciandolo lì a terra, mezzo morto. Non contento, uno di
quei disgraziati è tornato indietro. Temendo che Peppe si potesse riprendere e
denunciarlo ha pensato fosse meglio caricarlo sul mulo e portarlo nel bosco, e
così ha fatto, aiutato dall'altro malandrino. Una volta arrivati nel bosco lo
hanno appeso per il collo a una quercia e addio Peppe!”
“No!”
gridarono tutti insieme quei paesani, inorriditi.
“Sì!
Questa volta vorrei proprio non aver sognato. Mi raccomando, non dite nulla a
quella povera donna, non mettiamole altri pensieri nella testa”.
Dato
che Amedeo di solito faceva bei sogni, la popolazione si trovò spiazzata e
sgomenta di fronte a un incubo come quello, ma il più triste di tutti
era Amedeo.
La
notte non chiuse occhio, pensava a Peppe, alla sua famiglia, si chiedeva cosa poteva fare.
Ma
a volte la notte porta davvero consiglio.
Il
giorno dopo Amedeo prese la sua decisione: lasciò madre e campo e partì alla ricerca di Peppe. Portò con sé
solo il cane.
Andò
per terra, andò per mare, finché un giorno, stanco di tanto peregrinare, si
sdraiò sotto un albero in un bel prato verde e fece un sogno.
Sognò
Peppe che chiedeva aiuto appeso per il collo a una quercia e si vide mentre
cercava di slegarlo e riportarlo a terra, ma proprio quando ce l’aveva quasi
fatta ecco arrivare una volpe che lo guarda e comincia a parlare.
“Uomo,
tu sei uno sciocco. Se non avessi raccontato il sogno delle monete d’oro questo
poveretto sarebbe a casa sua e non sarebbe partito in cerca di fortuna,
convinto che in giro per il mondo avrebbe trovato le monete d’oro. Lascia, ti
prego, che la sorte si avveri senza annunciarla, perché puoi causare molti guai
a chi ti ascolta.”
“Ma
io non gli ho detto che le monete le avrebbe trovate andando via da casa!”
replicò Amedeo.
“No,
è vero, ma quando si dice a un uomo tanto povero che presto avrà fra le mani
una fortuna bisogna prevedere che possa perdere la testa e fare qualche
sciocchezza. Hai sbagliato. D’ora innanzi, belli o brutti, non rivelare più i
tuoi sogni. Tanto, qualunque sia la sorte che predicono, né tu, né altri
potranno cambiarla: a che vale, dunque, conoscerla prima del tempo?”
Detto
questo la volpe sparì e Amedeo si svegliò tutto tremante.
“La
volpe ha ragione. È da folli voler sapere prima cosa ci accadrà, perché se è
cosa brutta a che scopo saperla se non si può evitare? E se è bella arriverà
di sorpresa e ci darà ancora più gioia. Lo dirò ai miei compaesani, e d’ora in avanti terrò per me ciò che i sogni mi riveleranno. A dirla tutta, vorrei non
aver più certi presentimenti, tenere dentro cose che nessuno sa è un brutto
peso da portare. E ora che sono bello che riposato torno a cercare Peppe”.
Dopo
un’ora di cammino si imbatté in una intricatissima foresta, era quasi buio e le
gambe gli si piegavano dalla paura all'idea di entrarci, ma nel sogno aveva
visto Peppe appeso a un albero e bisognava vedere che non fosse proprio lì, in
mezzo a quei giganti verdi.
Si
inoltrò piano piano nella boscaglia chiamando a gran voce:
“Peppe,
Peppe!”
Nessuna
risposta. Si spinse fino al limitare della foresta, vedeva già in lontananza le
prime case sparse.
“Niente,
nessuna traccia. Tanto vale che ora vada avanti. Mi fermerò al villaggio per la
notte e domani ripartirò.”
Nel
buio imminente anche le voci a volte sembrano più sfumate.
“Amedeo! Amedeo!”
“Chi
è? Chi mi chiama?” chiese voltandosi di scatto.
La
paura gli faceva tremare mani e labbra ma quando lo vide, così appeso ad una
quercia altissima, si precipitò verso di lui.
“Peppe,
Peppe! Arrivo, eccomi”.
Il
problema era arrivare fino a lui. Amedeo non aveva una scala tanto alta, anzi, non
aveva proprio una scala.
“Amico
mio, abbi fiducia. Il villaggio è vicino, corro subito a cercare aiuto. Vedrai
che ti salveremo.”
Mai
aveva corso così in vita sua. Arrivò in paese come un fulmine, radunò uomini,
donne, cavalli e buoi; tutti, anche i
gatti, andarono a liberare Peppe.
Ci
volle del bello e del buono, ma quelle brave persone riuscirono insieme a tirar
giù quel disgraziato che per fortuna era appeso per le spalle, non per il collo.
Qualche
volta anche i sogni sbagliano.
Lo
portarono subito alla locanda, dove fu medicato delle ferite, rifocillato e
messo a nanna in un comodo lettino.
Il
giorno dopo Amedeo e Peppe fecero ritorno a casa.
L’accoglienza
in paese fu trionfale. Moglie e figli, in lacrime, lo abbracciarono e non lo
volevano lasciare, nessuno lavorò quel giorno perché era festa, la festa di un
amico ritrovato.
Passarono
i mesi, Amedeo continuò a sognare e i suoi sogni, come sempre, si avveravano ma
lui restò fedele alla promessa.
Non
rivelò mai più a nessuno quel che sognava.
Fu
durante una bella giornata di primavera.
Peppe era intento al suo lavoro, ad un tratto
si accorse di un enorme sacco che qualcuno aveva lasciato lì, forse
dimenticandolo.
“Chissà
di chi è, “ si chiese, “ l’ultimo cliente se n’è andato un’ora fa ed era un
forestiero. Vediamo un po’ che c’è qui dentro.”
Lo
indovinate? C’erano proprio le monete d’oro. Ma insieme a quelle ecco anche un pergamena, diceva:
“
Un sellaio d’oro merita una ricompensa d’oro. Queste monete sono per te, te le
sei meritate”.
Chiudeva con una firma tutta ghirigori e un bel sigillo che non era altri che
quello del re in persona, passato sotto mentite spoglie, e per chissà quale
missione o scopo, da quelle parti.
“ Pensare che sono andato tanto lontano a cercarvi, monetine mie!“ gridò Peppe prima di
andare a comprare vestiti e giocattoli senza risparmio.
E
da quel giorno vissero tutti, ve lo garantisco, molto felici e anche più
contenti.
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