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mercoledì 13 giugno 2018

Sogni d'oro



Sogni premonitori, oroscopi, divinazioni più o meno azzeccate:vi siete mai chiesti a che serve conoscere il futuro prima che accada? A cambiarlo? Uhm, no, direi di no. Anzi, forse impigrisce o terrorizza prima del tempo.  Dunque? Il futuro si puo' impostare nel presente ma anche così tutto puo' succedere, tutto puo' essere sconvolto. Fare il possibile per avere il futuro che vorremmo è sacrosanto, di più non possiamo fare. 
Intanto, viviamo il presente.
Nel frattempo auguro anche a voi...





Sogni d’oro
Barbara Cerrone


Amedeo era un contadino felice. Zappava la sua terra, la seminava, ne raccoglieva i frutti e sorrideva al nuovo giorno quando si alzava.
Viveva in compagnia di sua madre e di un cane di nome Arnolfo che lo seguiva dappertutto ed era il suo guardiano, la sua guida e il suo migliore amico.
Una mattina Amedeo si alzò come al solito molto presto per andare nel campo, sua madre gli aveva già preparato la zuppa di latte con pane e zucchero, e ora stava lavorando a maglia seduta sulla sedia a dondolo.
“Buongiorno, mamma, come stai oggi?”
“Meglio, meglio. La sciatica non si fa sentire, sarà bel tempo, oggi.”
“Benone, allora. Mangio e vado subito al lavoro.”
Amedeo mangiò avidamente la zuppa, salutò la madre con un bacio e uscì seguito dallo scodinzolante Arnolfo.
Fuori il sole stava facendo capolino, le nuvole del giorno prima erano scomparse, il cielo era terso e pulito come l’acqua limpida di un ruscello.
“Che bella giornata!” disse Amedeo.” Voglio proprio godermela. Quando avrò finito mi stenderò sull'erba fresca a riposare, e chissà che non mi venga un bel sogno, se mi addormento.”
Dovete sapere che Amedeo era famoso per i suoi sogni. Sognava cose che poi si avveravano sempre, cose belle, cose da augurarsi succedano nella vita, insomma.
Per questo motivo ogni volta che si stendeva a dormire sull'erba i suoi compaesani, passando, mormoravano:
“Ecco Amedeo che dorme beato, ora arriva un bel sogno. Chissà a chi toccherà?”
Anche quel giorno fece un bel sogno, e quando riaprì gli occhi  lo raccontò con tutti i particolari alla piccola folla radunata intorno a lui.
“Ho sognato, “cominciò,” che Peppe il sellaio aveva un sacco pieno di monete d’oro e con questo andava in città a comprare dei bei vestiti per la moglie e tanti giocattoli per i suoi bambini.”
“E poi, e poi? “ lo incalzavano i suoi compaesani.
“E poi nulla, il sogno finisce qui.”
“Oh!” fecero quelli, delusi. Speravano di sapere come andava a finire il sogno, cosa vedeva Peppe in città, come lo accoglievano al ritorno  i suoi familiari, ecc., ecc.
Insomma, avrebbero voluto un romanzo intero, ma Amedeo si era fermato all'inizio: e che ci poteva fare? Lui, di più, non aveva sognato.
Quando Peppe seppe la cosa si rallegrerà tutto, e cominciò ad aspettare che il sacco d’oro finisse nelle sue mani, anche se non sapeva come.
Tanto per cominciare, il giorno dopo non andò al lavoro, e nemmeno quello successivo.
La gente cominciò a guardarlo con rimprovero, aveva due bambini e una moglie malata e stanca, cosa aspettava a darsi da fare? Il sogno non diceva quando sarebbe arrivato il sacco pieno di monete, e se fossero passati degli anni? Cosa avrebbero mangiato i  bambini nel frattempo?
Stanco di tante critiche, Peppe un giorno fece fagotto e se ne andò, dicendo alla povera moglie che andava a cercar fortuna in un altro paese.
Nonostante i pianti e le preghiere della sua consorte, i Pensa ai bambini e i Come farò a da sola? Amedeo se ne andò, promettendo e giurando che sarebbe tornato presto con tanti di quei soldi che avrebbero avuto di che vivere da pascià per il resto dei loro giorni; nel frattempo si raccomandasse al prete, che era di cuore e aiutava tutti, il buon Dio avrebbe pensato al resto.
Convinto di far bene e non male, il nostro Peppe salì sul suo asinello e partì, lasciando moglie e figli in lacrime.
Quando in paese si seppe della sua partenza, ci fu una gara a portar cibo alla povera famiglia abbandonata e, fra un Disgraziato, sarà punito per avervi abbandonato e un Si vergogni, quello sciagurato, lasciarvi così senza mezzi e andar via come un giovane scapolo alla ventura consolarono la donna e anche i piccolini, che ebbero da mangiare e da vestirsi per un pezzo.
Il prete poi la aiutò a trovare un posto come domestica in una famiglia benestante, in modo che si guadagnasse il pane e il paese smettesse di mormorare.
Passò un anno, la famiglia di Peppe viveva serena con i pochi mezzi che la sua condizione le permetteva, ogni tanto una certa tristezza per la sua assenza calava  come una nuvola su quella povera gente che si chiedeva, tra le altre cose, se Peppe fosse vivo e in salute e quando sarebbe tornato.
I sospiri di quei tre non lasciavano indifferente  Amedeo, il quale sapeva di avere un dovere ben preciso: mettersi subito a sognare qualcosa di buono,  sperando fosse per quella famiglia.
Così, una mattina di luglio, prima che il sole infuocasse la terra, si sdraiò sul suo campicello e si addormentò.
Quel che sognò, però, non solo non era per niente bello ma la paura che ebbe fu tanta che si svegliò di soprassalto, gridando come un forsennato.
“Aiuto! Aiuto! “
In venti  e più corsero a dargli soccorso, pensando che avesse avuto un malore o che qualcuno lo avesse aggredito.
“No, no, io sto bene,” li rassicurò,” si tratta del sogno. Non era affatto bello. Ho visto il nostro Peppe scendere da una carrozza signorile con un sacco di monete d’oro scintillanti come stelle, rideva e correva verso il suo asino dicendo che sarebbe presto tornato a casa dalla sua famiglia...”
“...e dove sarebbe il brutto?” lo interruppe Giovannino, un contadino che era corso fin lì dal lavoro con la zappa ancora in mano.
“Ora arriva,” rispose Amedeo,” un po’ di pazienza.Dicevo? Ah, sì! Peppe si consolava tutto e saliva sul suo asino quando due malfattori, brutti come la peste e la fame messe insieme, lo hanno preso e gli hanno dato tante di quelle botte da non farlo più rialzare e sono scappati  con le monete lasciandolo lì a terra, mezzo morto. Non contento, uno di quei disgraziati è tornato indietro. Temendo che Peppe si potesse riprendere e denunciarlo ha pensato fosse meglio caricarlo sul mulo e portarlo nel bosco, e così ha fatto, aiutato dall'altro malandrino. Una volta arrivati nel bosco lo hanno appeso per il collo a una quercia e addio Peppe!”
“No!” gridarono tutti insieme quei paesani, inorriditi.
“Sì! Questa volta vorrei proprio non aver sognato. Mi raccomando, non dite nulla a quella povera donna, non mettiamole altri pensieri nella testa”.
Dato che Amedeo di solito faceva bei sogni, la popolazione si trovò spiazzata e sgomenta di fronte a un incubo come quello, ma il più triste di tutti era Amedeo.
La notte non chiuse occhio, pensava a Peppe, alla sua famiglia,  si chiedeva cosa poteva fare.
Ma a volte la notte porta davvero consiglio.
Il giorno dopo Amedeo prese la sua decisione: lasciò madre e campo e  partì alla ricerca di Peppe. Portò con sé solo il cane.
Andò per terra, andò per mare, finché un giorno, stanco di tanto peregrinare, si sdraiò sotto un albero in un bel prato verde e fece un sogno.
Sognò Peppe che chiedeva aiuto appeso per il collo a una quercia e si vide mentre cercava di slegarlo e riportarlo a terra, ma proprio quando ce l’aveva quasi fatta ecco arrivare una volpe che lo guarda e comincia a parlare.
“Uomo, tu sei uno sciocco. Se non avessi raccontato il sogno delle monete d’oro questo poveretto sarebbe a casa sua e non sarebbe partito in cerca di fortuna, convinto che in giro per il mondo avrebbe trovato le monete d’oro. Lascia, ti prego, che la sorte si avveri senza annunciarla, perché puoi causare molti guai a chi ti ascolta.”
“Ma io non gli ho detto che le monete le avrebbe trovate andando via da casa!” replicò Amedeo.
“No, è vero, ma quando si dice a un uomo tanto povero che presto avrà fra le mani una fortuna bisogna prevedere che possa perdere la testa e fare qualche sciocchezza. Hai sbagliato. D’ora innanzi, belli o brutti, non rivelare più i tuoi sogni. Tanto, qualunque sia la sorte che predicono, né tu, né altri potranno cambiarla: a che vale, dunque, conoscerla prima del tempo?”
Detto questo la volpe sparì e Amedeo si svegliò tutto tremante.
“La volpe ha ragione. È da folli voler sapere prima cosa ci accadrà, perché se è cosa brutta a che scopo saperla se non si può evitare? E se è bella arriverà di sorpresa e ci darà ancora più gioia. Lo dirò ai miei compaesani, e d’ora in avanti terrò per me ciò che i sogni mi riveleranno. A dirla tutta, vorrei non aver più certi presentimenti, tenere dentro cose che nessuno sa è un brutto peso da portare. E ora che sono bello che riposato torno a cercare Peppe”.
Dopo un’ora di cammino si imbatté in una intricatissima foresta, era quasi buio e le gambe gli si piegavano dalla paura all'idea di entrarci, ma nel sogno aveva visto Peppe appeso a un albero e bisognava vedere che non fosse proprio lì, in mezzo a quei giganti verdi.
Si inoltrò piano piano nella boscaglia chiamando a gran voce:
“Peppe, Peppe!”
Nessuna risposta. Si spinse fino al limitare della foresta, vedeva già in lontananza le prime case sparse.
“Niente, nessuna traccia. Tanto vale che ora vada avanti. Mi fermerò al villaggio per la notte e domani ripartirò.”
Nel buio imminente anche le voci a volte sembrano più sfumate.
“Amedeo! Amedeo!”
“Chi è? Chi mi chiama?” chiese voltandosi di scatto.
La paura gli faceva tremare mani e labbra ma quando lo vide, così appeso ad una quercia altissima, si precipitò verso di lui.
“Peppe, Peppe! Arrivo, eccomi”.
Il problema era arrivare fino a lui. Amedeo non aveva una scala tanto alta, anzi, non aveva proprio una scala.
“Amico mio, abbi fiducia. Il villaggio è vicino, corro subito a cercare aiuto. Vedrai che ti salveremo.”
Mai aveva corso così in vita sua. Arrivò in paese come un fulmine, radunò uomini, donne, cavalli e  buoi; tutti, anche i gatti, andarono a liberare Peppe.
Ci volle del bello e del buono, ma quelle brave persone riuscirono insieme a tirar giù quel disgraziato che per fortuna era appeso per le spalle, non per il collo.
Qualche volta anche i sogni sbagliano.
Lo portarono subito alla locanda, dove fu medicato delle ferite, rifocillato e messo a nanna in un comodo lettino.
Il giorno dopo Amedeo e Peppe fecero ritorno a casa.
L’accoglienza in paese fu trionfale. Moglie e figli, in lacrime, lo abbracciarono e non lo volevano lasciare, nessuno lavorò quel giorno perché era festa, la festa di un amico ritrovato.
Passarono i mesi, Amedeo continuò a sognare e i suoi sogni, come sempre, si avveravano ma lui restò fedele alla promessa.
Non rivelò mai più a nessuno quel che sognava.


Fu durante una bella giornata di primavera.
 Peppe era intento al suo lavoro, ad un tratto si accorse di un enorme sacco che qualcuno aveva lasciato lì, forse dimenticandolo.
“Chissà di chi è, “ si chiese, “ l’ultimo cliente se n’è andato un’ora fa ed era un forestiero. Vediamo un po’ che c’è qui dentro.”
Lo indovinate? C’erano proprio le monete d’oro. Ma insieme a quelle ecco  anche un pergamena, diceva:
“ Un sellaio d’oro merita una ricompensa d’oro. Queste monete sono per te, te le sei meritate”.
Chiudeva con una firma tutta ghirigori e un bel sigillo che non era altri che quello del re in persona, passato sotto mentite spoglie, e per chissà quale missione o scopo, da quelle parti.
“ Pensare che sono andato tanto lontano a cercarvi, monetine mie!“ gridò Peppe prima di andare a comprare vestiti e giocattoli senza risparmio.
E da quel giorno vissero tutti, ve lo garantisco, molto felici e anche più contenti.

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