Ecco il terzo capitolo.
A breve il prossimo.
Attacco al nemico
Ailuro
gironzolava qua e là, guardandosi intorno con aria annoiata.
Ripensava
con nostalgia ai bei tempi in cui nessuno minacciava la valle e la notte poteva
dedicarsi alla contemplazione delle stelle senza pensare ad altro. Era
appassionato di astronomia, gli piaceva riflettere sull'immensità
dell’universo; da quando era cominciata quella brutta storia di Capelli di neve e doveva stare attento a
ogni rumore, a ogni ombra che si avvicinava a Viridia non era più riuscito a
osservare il cielo con la stessa intensità, distratto com'era dal suo dovere di
sorvegliante.
Si
stava giusto chiedendo se quella notte sarebbe stata abbastanza tranquilla da
permettergli di guardare in pace il cielo quando vide arrivare una grossa
berlina nera.
Ne
scesero due uomini che si misero a
parlare poco distante da lui, uno era uno spilungone dai capelli rossi e lo
sguardo perso nel vuoto, l’altro era più piccolo e grasso, calzava un cappello
scuro che si tolse poco dopo scoprendo una gran massa di capelli color della
neve. Era proprio lui, il nemico.
La sentinella Ailuro drizzò le orecchie e si mise subito in ascolto nascondendosi dietro a un cespuglio.
La sentinella Ailuro drizzò le orecchie e si mise subito in ascolto nascondendosi dietro a un cespuglio.
“Amico
mio quelle api hanno fatto un bel danno, stamani. Ho dovuto pagare i miei
operai per non far niente. Comunque ho già in mente la soluzione, farò spargere
insetticida sul loro stramaledetto alveare e ciao, addio sciame!”
“Mi
sembra un’ottima idea, “ fece lo spilungone,”quando?”
“Dopodomani,
all'alba. Domani gli operai sono occupati da un’altra parte. Guarda, Pietro, guarda questo posto: è
per-fet-to per farci una pista di atterraggio, non trovi? Non vedo l’ora,
amico”.
I
due fecero un breve giro intorno, poi salirono di nuovo sull'auto e se ne
andarono.
Ailuro
non trovava le parole per dare la
terribile notizia al comandante: insetticida contro le api, contro le loro
soldatesse! Bisognava correre subito a informare Herb, allertare tutti e Ailuro
corse, corse come una lepre.
Bussò
così forte alla porta del capitano che a momenti la sfondava.
“Chi è che butta giù la porta a quest’ora? Ailuro! Per caso sei impazzito?“
“Capitano,
capitano....arf, arf...all’apicidio! Oh, scusi, ho corso tanto che non ho più
fiato, arf. Una cosa terribile, capitano. Ho visto due uomini, uno era certamente Capelli di neve e diceva all'altro che per risolvere il problema
delle api vuole spargere insetticida sull'alveare, capisce? Dopodomani,
all'alba.”
“Che,
che, che? Orrore! Delitto! Le mie soldatesse, come osa? Presto, raduna subito
il Gran Consiglio, che vengano tutti qui, tirali pure giù dal letto se dormono
e di’ loro che il momento è grave e che facciano poche storie”.
Il
Gran Consiglio si riuniva solo nelle grandi occasioni, che di solito erano
feste o celebrazioni di ricorrenze particolari, questa era la prima volta che
veniva convocato per un’emergenza.
Era
composto dal solito Pouli, dall'ape regina e dai notabili della valle, oltre
che dal nostro capitano Herb, naturalmente. Presidente onorario era l’Esimio
Responsabile che quella notte sarebbe stato rappresentato da Herb.
Quando
tutti i membri del Gran Consiglio furono radunati nel suo salotto buono, il
capitano iniziò il suo discorso.
“Mie
cari, come dicevo prima al buon Ailuro, il momento è grave. Mi è stata appena
riferita la nuova mossa del nemico. Si vuole spargere insetticida
sull'alveare!”
“Ah!”
gridarono tutti in coro.
La
regina delle api svenne, sostenuta da Pouli e da un notabile.
“Dell’acqua,
dell’acqua, spruzzatele un po’ d’acqua, “ diceva Herb, “ che si riprenda
presto, deve sentire la mia proposta”.
La
povera regina, dopo una doccia fredda che le lasciò le ali bagnate per tutta la
notte, riprese finalmente conoscenza .
“Allora,
“ continuò il capitano, “ ragazzi miei non vedo alternative, bisogna
precederli. Attaccheremo per primi. Le nostre api partiranno domani stesso per
la città e porteranno l’offensiva direttamente nello studio del malefico
nemico, perché è lì che Capelli di neve passa quasi tutta la
giornata.”
“Oh!”
fu la risposta unanime degli astanti.
La
regina obiettò che per far questo le api avrebbero dovuto sorvolare il deserto, con il rischio che questo
comportava, ma Herb fu irremovibile.
“Lo
so, “disse,” ma non vedo altra scelta, le api sono la nostra unica difesa. Dica
loro di partire per la città domattina, alle otto in punto. Se il vento
sarà favorevole arriveranno alle nove e trenta precise. Il nostro nemico di
solito si presenta in ufficio a quell'ora e noi gli faremo l’accoglienza che
merita. Non le nascondo che quel
vigliacco potrebbe usare l’insetticida per scacciarle, perciò che stiano molto
attente”.
La
regina tentò ancora di opporsi, svenne altre due volte, pianse, offrì miele a
tutti: il capitano fu irremovibile e per evitare altre proteste e lagne varie
dichiarò subito chiusa la seduta,
mandando tutti a nanna e buonanotte.
La
mattina seguente, alle otto precise, il commando delle api partiva in pieno assetto di guerra, diretto in città.
Il
volo andò bene, vento favorevole, tempo buono. Attraversarono il deserto con
una certa tranquillità, la regina era rimasta a casa ma prima della partenza
aveva ordinato al suo sciame di bagnarsi bene nel ruscello sotto l’alveare, in
modo da sopportare meglio il caldo del deserto
e la mancanza d’acqua.
Le
api furono in vista dell’obiettivo alle nove e venticinque precise, l’ufficio del nemico era a pochi minuti di
distanza.
Konia,
la città, era un agglomerato di case e palazzi nuovissimi che affacciavano su
strade larghe e trafficate. Non c’era nemmeno un parco, né un filo di verde, solo cemento e
asfalto
Gli
abitanti camminavano sempre a testa
bassa con le facce grigie e immusonite,
raramente vedevano chi gli passava accanto.
Quella
mattina, però, non poterono fare a meno di guardare in alto.
Un bzzz sconosciuto fece alzare lo
sguardo a un vecchio, uno che era stato contadino prima di trasferirsi in città
a cercar fortuna e che quel bzzz lo
aveva sentito tante volte, quando viveva in campagna.
Notò
una specie di nuvola nera nel cielo che si spostava velocemente, inforcò gli occhiali da presbite e le vide: un intero sciame di api che sorvolavano quel
cielo plumbeo dirette a nord.
“Guardate,
“ gridò il vecchio, “ api! Chissà dove vanno? Qui non se n’erano mai viste”.
Uno
ad uno, i passanti alzarono gli occhi al
cielo e rimasero a fissare l’incredibile spettacolo con il naso all'insù.
Per
qualche minuto si creò un ingorgo nel già ingorgato traffico del centro;
intervenne un vigile.
“Circolare,
circolare, non c’è niente da vedere. Sono solo api” disse invitando la gente ad
abbassare lo sguardo in modo da vedere dove metteva i piedi.
Anche
i clienti del bar Il caffettino
avevano gli occhi puntati al cielo.
“Mino?”
“Uh?”
“Vedi
quel che vedo io?
“Non
lo so, tu cosa vedi?”
“Uno
sciame di api che attraversa la città.”
“Uno
sciame di api qui? Hai le traveggole.”
“Guarda,
allora.”
Mino
alzò gli occhi al cielo.
“In
effetti...”
“Che
ti avevo detto?Api.”
“Ma
se non c’è nemmeno un fiore, che ci
fanno qui?”
“Saranno
di passaggio.”
“Non
sono mica uccelli migratori.”
“Magari
vanno in vacanza, che ne sai?”
Proprio
in quel momento nell'ufficio di Capelli
di neve era in corso una riunione per discutere dei lavori nella valle.
“Capo,
per me è meglio cominciare fra una settimana, secondo le previsioni pioverà nei
prossimi giorni” disse un omino piccolo e grasso che tutti chiamavano Tappo.
“Pioggia
o non pioggia io voglio cominciare i lavori, “ fece Capelli di neve alzandosi
sulle punte dei piedi, “ hai bene inteso? Voglio cominciare subito i lavori.
Sono stufo di aspettare, prima cominciamo prima la mia pista di atterraggio
sarà pronta. La pioggia di questa stagione non fa male, anzi, così si lavano,
quei caproni!“
“Ma
capo, “ provò a ribattere Tappo.” Gli
operai lavorano male con la pioggia, c’è il fango...”
“..
poche storie! Qui comando io e io ho deciso che i lavori inizieranno dopodomani al più tardi, ci siamo capiti? Oppure vi licenzio tutti, parola mia. Adesso fatemi
vedere la relazione dei tecnici, ma prima aprite un po’ la finestra, si soffoca
qua dentro”.
Con la finestra aperta il trambusto provocato
dall'arrivo dello sciame entrò nella stanza, insieme alle api.
Prima
ancora che Capelli di neve se ne rendesse conto, le pungiglionute avevano già invaso l’ufficio
e si erano posate su di lui e su tutto
il suo staff, ma senza pungerli.
Sembravano
incollate ai loro corpi.
Restarono
così, immobili, per qualche interminabile secondo mentre Capelli
di neve e i suoi tremavano di paura; quando ritennero che fosse
abbastanza, le pungiglionute si alzarono
di nuovo in volo e “Bzzz, bzzz,
bzzzzzz!!” gridarono prima di uscire,
che significava:
“
Oggi ci siamo accontentate di darvi un avvertimento ma se insistete a minacciare Viridia la
prossima volta vi gonfieremo di punture come palloni!”
Detto
ciò, in perfetto ordine come un vero
plotone, uscirono tranquillamente da dove erano entrate, cioè dalla finestra.
Appena se ne furono andate, Capelli
di neve, si affacciò alla finestra urlando come un pazzo:
“Vigliacche, ve la farò vedere io! Distruggerò Viridia, parola mia!”
“Vigliacche, ve la farò vedere io! Distruggerò Viridia, parola mia!”
Ma
le api erano già lontane e non potevano più udire le sue minacce, col pensiero
erano già a Viridia, a ristorarsi col delizioso nettare dei suoi bellissimi
fiori.
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