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lunedì 14 maggio 2018

Le apparenze ingannano:Orco Balordo e Orchessa Mangiamangia

Ecco due orchi: potevo scordare questi frequentatori assidui del mondo fiabesco?
I due orcacci protagonisti della mia fiaba tentano di darsi un'aria innocua per ingannare tanti poveri bambini e all'inizio ci riescono ma...leggete e saprete!







L’orco Balordo e l’orchessa Mangiamangia
Barbara Cerrone




L’orco Balordo era triste.
“Nemmeno un umanuccio da divorare oggi, un  bambinuccio  magrolino, magari. Niente.” diceva piangendo alla moglie, l’orchessa Mangiamangia.
“Eh, pazienza!” rispondeva lei.” Qualcuno passerà dal bosco, e noi lo prenderemo. Piuttosto, mettiamo bene in ordine la casa, in modo che sia accogliente e possa attirare i polli che passano di qui.”
“Ma io non voglio polli!” gridò Balordo che era un tonto patentato e non capiva molto più di nulla.
“E’ un modo di dire, uffa! I polli sono gli umani sciocchi che cadono nella trappola, ma per caderci bisogna che la casa sia invitante: una catapecchia li farebbe fuggire a gambe levate, una casa graziosa invece può attirarli come mosche il miele e poi...zac! Noi li prendiamo e ne facciamo un sol boccone.”
“Sì, sì, un sol boccone. Mi piace, mi piace! Vado subito a mettere i fiori sul davanzale”.
Balordo corse  a sistemare i gerani alla finestra mentre l’orchessa Mangiamangia lucidava a specchio porte e vetri, e spargeva caramelle sulla soglia,  nel caso passasse di lì un bambino che si fosse smarrito.
E il bambino passò, infatti.
Il giorno dopo un bel bambino dagli occhi scuri e il ciuffo ancor più scuro bussò alla porta degli orchi.
Era uscito con la sua mamma che  lungo la strada si era fermata  a parlare con un’amica; dato che lui si annoiava quando la mamma si metteva a parlare con le amiche, tentò prima di portarla via tirandola per la manica del vestito e poi , visto che non si muoveva, decise di muoversi lui.
 Per passare il tempo noioso prese a rincorrere una farfalla; correndo correndo si ritrovò nel bosco e la strada era bella che smarrita.
Piangeva, il bambino, piangeva e chiamava la mamma che non poteva sentirlo, allora lui piangeva ancora di più e ancora di più si allontanava.
Quando vide la bella casetta degli orchi e tutte quelle caramelle sulla soglia il nostro amico si rallegrò.
“Finalmente!” disse.”Qui c’è una casa, potrò chiedere aiuto e farmi riaccompagnare dalla mamma. E quante caramelle! Ne mangio subito un paio”.
Poveretto. Di certo non immaginava cosa lo aspettava là dentro.
Bussò piano piano alla porta, l’orchessa Mangiamangia stava spolverando il salotto e aveva un bel fazzolettone rosso in testa: sembrava proprio una brava massaia.
“Oh, chi si vede?” esclamò  quando aprì la porta.”Un bambino che si è smarrito! Balordo, vieni. Qui c’è un bel  bambino che ha perso la strada. Entra, piccolo, che qui troverai ciò che cerchi.”
Il piccolo, che si chiamava Paolo, entrò tutto allegro e quasi cantava per la gioia.
“Grazie, signora...” disse  tendendole la mano.
“ Man...Manfreda” rispose l’orchessa che non voleva dire il suo vero nome perché Mangiamangia lo poteva far insospettire.
“...signora Manfreda, piacere! Ho perso la strada, la mia mamma stava parlando con un’amica e io mi annoiavo,  così mi sono messo a giocare con una farfalla ed eccomi qua. Mi può’ accompagnare dalla mamma?”
“Ma certamente, vero Balordo?” rispose l’orchessa strizzando l’occhio al marito.
“Balordo? Che strano nome” disse il bambino.
“Vero? Eh, ma è un soprannome scherzoso. Il vero nome è Bernardo, non è così, maritino mio?” disse Mangiamangia  strizzando di nuovo l’occhio.
“Sì, sì, Bernardo,” confermò Balordo,” detto Balordo per  scherzo. Vieni, bambino, prima di andare dalla mamma prendi una tazza di cioccolata con noi, per farti passare lo spavento.”
“Uh, cioccolata? Volentieri! Ma poi andiamo subito dalla mamma, eh?”
“Senz'altro, piccolino. Subitissimo”.
Paolo non era ancora entrato in cucina dove una tazza fumante di cioccolata stava lì, sul tavolo,  a dirgli Bevimi, bevimi! che i due orcacci lo avevano già messo in un sacco e buttato nella dispensa, insieme a tanti  altri bambini catturati dai due mascalzoni.
“Così mi piace,” gongolò  Balordo,” ora abbiamo una riserva  di carne che ci basterà per tutto l’inverno. Mangeremo come signori, moglie mia”.
Figuratevi quei poveri bambini ! Sentendo le parole dell’orco non stavano più nella pelle dalla paura, volevano scappare, gridavano: “Aiuto, aiuto!” ma nessuno poteva sentirli nella casa degli orchi, in pieno bosco scuro.
Sembrava una situazione senza via d’uscita,  ma per fortuna questa è una fiaba  e nelle fiabe  la via d’uscita si trova sempre.
L’orchessa Mangiamangia stava raccogliendo erbe aromatiche nell'orchesco orto dietro casa, servivano per l’arrosto di bambino che intendeva preparare per cena; canticchiando e ballonzolando raccoglieva e metteva via il raccolto dentro una sporta di tela massiccia.
Proprio in quel  momento messer  Logatto  stava facendo un giretto di ricognizione da quelle parti; cercava topolini di giornata, oppure  un po’ più stagionati, purché fossero  teneri e grassi da mangiarsi anche senza posate.
Si guardava intorno con grande attenzione, il nostro messere, e quando vide l’orchessa Mangiamangia tutta intenta  a raccogliere erbette si fermò a far due chiacchiere con lei, così, tanto per passare il tempo e per avere informazioni di prima mano sulla circolazione topesca da quelle parti: sapeva, infatti,  che spesso i due orchi mangiavano topolini allo spiedo come stuzzichini prima dei pasti.
“Buongiorno, madama Mangiamangia. Che si dice da queste parti? Come va la vita?”
“Benone, messere.  Ci stiamo preparando a una  grande mangiata.”
“Oh, beati voi! Io invece non riesco a trovare nemmeno l’ombra di un topo. Per caso se n’è  visto qualcuno qui intorno?”
“Non saprei, non bado ai topi. A meno che non rubino il mio cibo.”
“Uh, che peccato! Be’, come non detto. Tanti saluti all'orco Balordo, allora, io riprendo la mia caccia”.
Messer Logatto stava per andar via quando sentì  dei  lamenti  venire dalla casa dell’orchessa.
“Oh, oh, cosa succede? Qualcuno piange” disse Logatto.
“Macché! Sono solo quei bambinelli che non vogliono esser mangiati, testardi che sono! Ma dico io, a che serve un bambino se non ad esser mangiato?”
“Bambini? A me sembrava come uno squittio...”
“Quale squittio e squittio? “disse l’orchessa  indispettita.” Solo i topi squittiscono e qui non ci sono topi, solo  bambini.”
“Sarà, ma a me  sembrano proprio topolini! Mangiamangia non me la racconta giusta” pensò  messer Logatto ma non volle insistere:  l’orchessa se contrariata poteva diventare assai pericolosa, ne sapeva qualcosa un suo lontano cugino che  per voler mantenere il punto  a tutti i costi era stato  arrostito da Balordo e Mangiamangia,  e poi  offerto come cena prelibata alla festa degli orchi scapoli.
Messer Logatto, allora, fece finta di allontanarsi e si nascose dietro un albero; attese che Mangiamangia si allontanasse e poi quatto quatto si infilò nella casa degli orchi dalla porta di servizio.
L’orchessa e suo marito erano seduti davanti al caminetto, Mangiamangia lavorava a maglia e Balordo si puliva le unghie col rastrello.
“Bene, sono distratti” pensò Logatto, e si diresse verso la cucina.
“Se sono fortunato quei due bugiardi hanno preso un bel po’ di topolini,  io li scoverò e glieli porterò via. Parola di messer Logatto”.
In queste situazioni, si capisce, non c’è mai il tempo di verificare:  si rischia di esser sorpresi se si indugia.  Messer Logatto  entrò sinuoso in cucina,  e  poiché questa  era buia e i piccoli  erano tutti chiusi dentro un gran sacco e questo sacco era nascosto  dentro la dispensa, non fece altro che aprire lo sportello e caricarsi quel sacco  sulle spalle senza guardare cosa c’era dentro.
“Accidenti come pesa!” diceva  mentre correva come una lepre fuori di casa.
Corse finché non fu al sicuro, chilometri e chilometri lontano dall'orchesca dimora.
Quando giudicò di essere abbastanza lontano si fermò, si sdraiò sull'erbetta fresca,  e quando ebbe riprese le forze aprì il sacco.
Immaginatevi la sorpresa, e la delusione, quando vide sbucar fuori uno dopo l’altro dieci, cento, mille bambini!
“E voi che fate qui dentro?” chiese Messer Logatto inviperito.” Dovevate esser topi! E adesso? Che ne è della mia cena?”
“Oh, povero gatto!” esclamarono in coro quei piccini.” Ci dispiace ma non è colpa nostra, sono stati gli orchi a chiuderci qui, volevano mangiarci. Noi ti ringraziamo per averci liberati e più di noi ti ringrazieranno i nostri genitori. Accompagnaci a casa, vedrai che sarai ricompensato”.
Messer Logatto, che a dire il vero era un buon gatto e aveva un cuore generoso, non si fece pregare troppo, rimise i bambini nel sacco per trasportarli meglio e uno a uno li ricondusse a casa.
Ben presto in tutto il regno si seppe della buona azione che aveva fatto messer Logatto e il re in persona volle  dargli un premio per la sua bontà.
 “Messer Logatto, “disse il sovrano,” per aver salvato i bambini del regno dalle grinfie di quei due orchi  ti conferisco l’ordine di Acchiappatopi reale. Sarai tu, d’ora innanzi, l’unico gatto autorizzato a catturare i topi del mio palazzo e come acchiappatopi del re vivrai a palazzo, avrai pesce a volontà e  una cuccia calda e comoda vicino alla mia stanza”.
Messer Logatto raggiunse l’apice della felicità e subito, senza far tante storie, fece i bagagli e si trasferì a palazzo dove si dice viva ancora, anziano e benvoluto.

E i due orchi? Per la gran rabbia diventarono vegetariani, e si tennero  ben lontani  dai gatti e dai bambini per il resto della loro vita.

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